IL MODO MIGLIORE DI SERVIRE @ Palazzo di Giustizia di Arezzo. La semplice etica di una toga

Nel Palazzo di Giustizia di Arezzo, nella moderna area chiamata La Vela, è andato in scena lo scorso 11 e 12 luglio IL MODO MIGLIORE DI SERVIRE – Momenti di vita professionale dell’Avvocato Giorgio Ambrosoli. Progetto teatrale di Andrea Iodice, autore, regista ed interprete. Dopo lo spettacolo, ci siamo fermati a parlare con Andrea, avvocato e attore per passione, che ci ha spiegato molte cose di questo spettacolo di teatro civile.

“Diva fulgente, maestosa, altera passa nel mondo la giustizia umana”: avanzando verso il pubblico la bianca Dea Giustizia, ci rivolge una sguardo fiero, carico di compassione per la storia del nostro martoriato Paese, costellata di date che sono pesanti macigni di commemorazione di ingiustizie, stragi, morti e martiri. Giorgio Ambrosoli, avvocato di Milano, né oscuro, né famoso, fu chiamato a fare il proprio dovere per il Bene Comune, per lo Stato con lealtà, onore e diligenza per i fini della giustizia, come recita il giuramento forense, fino a sacrificare la vita.

Questa straordinaria e semplice storia ci racconta lo spettacolo IL MODO MIGLIORE DI SERVIRE di Andrea Iodice, che con altrettanta semplicità ed intensità riesce ad emozionarci per l’impegno civile, la forza delle idee e degli ideali di avvocato e di cittadino: tra gli applausi, commosso, alza la Toga al cielo, in un pugno stretto che al pubblico arriva a colpire la bocca dello stomaco.

Gli attori, tutti bravi, portano in scena l’intricata storia di un’Italia, fine degli anni ‘70, magma di potere, interessi, mafia, soldi, banche in fallimento, politici, uomini grigi con la valigetta che attraversano l’oceano, misteri ancora oggi non svelati, segreti ormai sepolti nelle tombe di potenti uomini che non potranno più svelarci la vera storia del nostro Paese.

Ambrosoli fa parte della schiera degli eroi dimenticati, dei cittadini per bene, che ci commuovono, perché sentiamo quanto sia raro sentirsi così, dalla parte giusta, la parte migliore di un paese a pezzi. Trentotto anni fa, come oggi.

Giorgio alla moglie scrive parole toccanti, forti e fragili allo stesso tempo: è indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto.

Giorgio Ambrosoli ha fatto il proprio dovere di uomo, di cittadino, di avvocato, costi quello che costi, ha cercato IL MODO MIGLIORE DI SERVIRE.

Abbiamo chiesto ad Andrea Iodice (A.I), che con Giorgio Ambrosoli condivide la professione, come sia nata l’idea di questo spettacolo, e come sia riuscito a realizzarla.

A.I. L’idea è nata quando ho conosciuto l’avvocato e collega Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, autore della biografia Qualunque cosa succeda. L’ho incontrato in occasione dell’inaugurazione del parco antistante il nuovo Palazzo di Giustizia di Arezzo, dedicato ad Ambrosoli. Conoscevo già le vicende narrate nello spettacolo, ho pensato che fosse una storia da raccontare, interessante e necessaria: mi sento molto coinvolto dalla storia professionale dell’avvocato Ambrosoli, di cui nutro stima e riconoscenza senza confine. Ho scritto la sceneggiatura circa quattro anni fa; poi, l’anno scorso ho deciso che dovevo e potevo provare a rappresentarla. Insieme ad un gruppo di veri amici è stato possibile.

A.C. Non sono casuali il luogo e la data di questa rappresentazione, che cosa ha significato per te, come cittadino e come avvocato, portare in scena questo personaggio?

A.I. Ho voluto fortemente che lo spettacolo venisse rappresentato in Tribunale, spazio scenico decisamente anomalo, ma che trovo un luogo altamente evocativo con riferimento specifico a questa storia e alla nostra professione. Nello spettacolo racconto la storia dell’Avvocato Giorgio Ambrosoli dal settembre 1974, quando fu nominato su proposta della Banca d’Italia, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, di Michele Sindona, autore del primo grande crack finanziario italiano, fino alla notte tra l’11 e il 12 luglio 1979, quando, 38 anni fa, fu ucciso da un sicario dello stesso Sindona. E questo perché Ambrosoli fece solo il proprio dovere: ricostruì i complessi meccanismi di frode che hanno portato al fallimento della banca e all’uso di risorse pubbliche e di altre banche per sanare i debiti. Ostacolato in ogni modo da pressioni pesanti, fino alla Presidenza del Consiglio, alla Massoneria, senza potersi fidare di nessuno, l’Avvocato andò avanti, ignorando provocazioni, ricatti e minacce.

A.C. La memoria è l’identità di un Paese: hai scelto di raccontare un pezzo della nostra storia molto doloroso, credi che ci siano ferite sono ancora aperte?

A.I. Rubo le parole a Giorgio Ambrosoli: portare in scena dei frammenti della sua vita, significa per me “difendere la nostra dignità di cittadini e di avvocati”. Senza prendermi meriti che, ovviamente, non ho, credo sia cosa buona ricordare, anche attraverso il teatro, una persona perbene, dotata di grande senso del dovere, che, per una Idea Giusta (con la G maiuscola!), cioè quella di difendere gli interessi della collettività, abbia accettato fino all’estremo sacrificio di portare avanti il proprio lavoro. Non sono più giovane, ma non ho ricordo diretto nitido delle vicende che ho portato in scena e come me molti miei coetanei; ancor più chi è più giovane. Ebbene, credo che rammentare questo pezzettino di storia dolorosa nel nostro Paese, in questo periodo di, ahimè, svilimento generale dei valori, possa rendere orgogliosi sia i nostri concittadini che, ancor più, la mia categoria professionale. Anche e soprattutto per chi queste vicende non conosceva.

A.C. Possiamo leggere i fatti di attualità attraverso la nostra storia? Possiamo capire meglio i meccanismi dei crack bancari degli anni Duemila conoscendo la storia di Sindona?

A.I. La vera ferita che rimane aperta – e che mai sarà sanata – è il totale stato di abbandono e solitudine in cui le Istituzioni dello Stato, salvo rare eccezioni, hanno lasciato Ambrosoli nei momenti più difficili e critici della sua professione. E’ cambiato poco da allora. Stavolta le parole che rubo sono di Umberto: “oggi c’è solo più spudoratezza”. Per il resto, dal primo crack bancario della storia del nostro Paese alle, purtroppo note, attuali vicende dei nostri giorni, non vedo tante differenze.

A.C. Cosa vuoi dire ai giovani avvocati che incontri nei corridoi del Tribunale?

A.I. Ai colleghi giovani e meno giovani mi permetto di dire solo una cosa e cioè che la toga, “quel cencio”, come lo chiamava Calamandrei va portato con rispetto e fierezza; e indossato il più possibile, perché molto del senso della nostra professione (difendere diritti altrui: c’è poco di più nobile) risiede ed è simboleggiato da quel magnifico panno che ho avuto occasione d’indossare per la prima volta durante quello stesso giuramento che pure l’avvocato Giorgio Ambrosoli ha pronunciato all’inizio della sua professione e che ho fortemente voluto riprodotto in scena.

Ci auguriamo che questo progetto teatrale, storico, civile e forense, possa proseguire, replicando in altri Fori, per altri cittadini, magari in altri, altrettanto evocativi, Palazzi di Giustizia. Andrea Iodice conclude con le parole di Ambrosoli “aspettiamo e vediamo”. Lo ringraziamo per la disponibilità e per aver avuto la forza di raccontarci questa storia importante.

Info:

IL MODO MIGLIORE DI SERVIRE

Momenti di vita professionale dell’Avvocato Giorgio Ambrosoli

da un’idea e a cura di Andrea Iodice

con Chiara Barcaroli, Marco Bastianelli, Marco Bernabò, Andrea Bruni, Iacopo Cupelli, Alessia De Rosa, Andrea Iodice, Diego Marchi, Simone Raggi

con il sostegno di Ordine Avvocati Arezzo, Fondazione Forense Arezzo

Palazzo di Giustizia di Arezzo La Vela

11 e 12 luglio ore 21.30

Foto di Francesca Serra

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