Il Teatro Metastasio apre le porte al suo pubblico, dopo 400 giorni di chiusura, con la rivisitazione contemporanea del Don Juan, coreografato dallo svedese Johan Inger e danzato dall’Aterballetto. La coreografia, già vincitrice del premio Danza&Danza “miglior produzione 2020”, è andata in scena da giovedì 6 a domenica 9 maggio. Questa versione del Don Giovanni coinvolgente e complessa è stata accolta dal consenso di un pubblico entusiasta.
A cura di Valentina D’Isep
Contenuti
La lunga tradizione del mito di Don Juan
La figura del Don Giovanni appare per la prima volta ne El burlador de Sevilla di Tirso de Molina del 1630 nel quale si configura la caratterizzazione tipica del personaggio come seduttore seriale e senza scrupoli. A partire da questa data, diventa poi protagonista di diverse opere e riletture operate da drammaturghi, musicisti, scrittori, poeti, tra cui Molière e Mozart per citarne alcuni, che hanno dato al mito nuova vita. Per questa versione contemporanea resa in chiave psicoanalitica, Johan Inger lavora con il drammaturgo Gregor Acuña-Pohl ispirandosi ai Don Giovanni delle varie letterature, da Tirso de Molina all’opera teatrale di Suzanne Lilar, senza tralasciare Molière e Bertold Brecht. La musica è stata composta per l’occasione da Marc Alvarez con l’intento di tradurre le esigenze espressive del coreografo.
L’approccio psicanalitico al Don Juan
Nello spettacolo si mostra l’evoluzione della vita del protagonista dalla nascita alla morte. Le vicissitudini e le relazioni instaurate con gli altri personaggi vengono rese con particolare attenzione all’aspetto psicologico di Don Giovanni. Centrale, in questa rilettura, la figura della madre che qui viene considerata come colei che determina lo scellerato comportamento del figlio. L’abbandono in tenera età ha portato il protagonista, in un complesso di Edipo irrisolto, a cercare l’immagine materna nelle donne che incontra sulla sua strada, con l’incapacità di instaurare rapporti stabili. Alla fine, sarà proprio la madre nelle vesti del commendatore a giudicare il comportamento del figlio. Il tema dello specchio, come riflesso della propria immagine e presa di coscienza dell’Io, viene proposto attraverso il personaggio di Leporello che non è più il servitore di Don Giovanni ma il suo doppio, la sua spalla. La sua presenza sembra completare il protagonista e contribuire alla definizione della sua identità. Nella danza diventa infatti alleato nelle fugaci avventure amorose, supporto in scontri e litigi.
La centralità del corpo danzante
I sedici danzatori coinvolti nella messa in scena sono gli assoluti protagonisti del materializzarsi della vicenda. Dinamicità, linee, fluidità sono solamente tre caratteri di questi eccellenti artisti. Il loro corpo diventa elegante amplificazione visiva della partitura musicale, la loro espressività trascina lo spettatore dentro la vicenda. La rabbia, la gioia, la tristezza, l’amarezza, la sensualità, il desiderio carnale emergono nitidi attraverso sequenze corali, passi a due o assoli. La danza si colloca in un allestimento scenico dai toni noir con una scenografia essenziale. Per tutto lo spettacolo sono presenti dei materassi rettangolari neri che vengono disposti con diversi orientamenti, verticali e orizzontali, e in diverse posizioni sul palcoscenico, animando gli spazi e le relazioni dei danzatori. L’illuminazione segue i movimenti dei personaggi senza sovrastarli e contribuisce alla visione e comprensione dello spettatore, soprattutto nei momenti in cui più azioni si materializzano in spazi diversi della scena.
La contemporaneità del Don Giovanni
Con questa coreografia il puro movimento dei danzatori è riuscito nell’ardua impresa di narrare esaustivamente le vicende e le sfaccettature della psicologia del Don Giovanni. Un personaggio che, anche dopo diversi secoli, risulta essere attuale ed intrigante. La sua irrequietezza e insoddisfazione perenne fanno di lui un personaggio solo, incapace di stabilire affetti stabili. La sua tragicità risiede nell’ostentare sicurezza e successo pur nascondendo una sofferenza interna e latente, destinata a non risolversi. È proprio il ritratto della solitudine e del conflitto interiore del protagonista che contribuiscono a rendere il Don Juan di Inger un possibile affresco dell’era contemporanea.
DON JUAN
coreografia Johan Inger
musica originale Marc Álvarez
drammaturgia Gregor Acuña-Pohl
scene Curt Allen Wilmer (aapee) con estudiodeDos
costumi Bregje van Balen
luci Fabiana Piccioli
direttore dell’allestimento Carlo Cerri
assistente alla coreografia Yvan Dubreuil
fotografia Viola Berlanda
produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
coproduzione Ravenna Festival, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia/ Festival Aperto, Fondazione Teatro Regio di Parma, Associazione Sferisterio Macerata, Festspielhaus St. Poelten, Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Metastasio di Prato, Centro Teatrale Bresciano, Fondazione Cariverona – Circuito VivoTeatro (Teatro Ristori di Verona, Teatro Comunale di Belluno, Teatro Salieri di Legnago, Teatro Comunale di Vicenza, Teatro delle Muse di Ancona)
Teatro Metastasio, Prato
Venerdì 7 maggio 2021