IL LABORATORIO DELLA VAGINA @ OFF/OFF: Patrizia Schiavo segna un altro successo!

È sempre una sfida recensire gli spettacoli di Patrizia Schiavo, fronteggiare la pagina bianca, con l’animo ancora caldo di risate e colpi allo stomaco, confrontarsi con la sua prosa, con la poetica delle vite che espone sulla scena, misurarsi con le denunce sociali in cui immerge le sue drammaturgie. Perché lei è così che fa teatro: prende in ostaggio lo spettatore, lo strapazza coinvolgendolo in un turbinio di comicità mozzafiato e dramma profondissimo, lo tramortisce con le sue storie. Esercita una presa a tenaglia sull’anima, stringendolo come un’amante focosa, e non resta che consegnarsi a lei, alla sua possente presenza scenica, mettersi a disposizione della sua proverbiale capacità di strattonare la platea nel profondo.
Abbiamo recensito IL LABORATORIO DELLA VAGINA, andato in scena fino al 28 dicembre all'OFF OFF THEATRE, che avevamo già recensito nella cornice del Fringe Festival del 2017.

Schiavo nelle sue drammaturgie scompone e ricrea continuamente le atmosfere, vigilando con l’occhio di chi conosce il teatro tradizionale, ma osando funambolicamente la strada del moderno, dell’attuale, di una realtà artistica più che contemporanea: istantanea.
Bisogna prepararsi alla sua messinscena. D’altronde lo scoprirà a sue spese lo spettatore novizio, restandone tramortito e affascinato e, in definitiva, permanentemente innamorato.

IL LABORATORIO DELLA VAGINA” è uno spettacolo di quintessenza aristotelica nell’ambito teatrale. Agli elementi di drammaturgia, recitazione, regia e scenografia si aggiunge un pathos diretto e sublime, capace di compenetrare nello spettatore e di rendersi, quindi, indimenticabile. Lo sketch non è fine a se stesso, ma mezzo di trasporto idoneo a qualcosa di più profondo, di più alto.
Il palcoscenico dell’OFF/OFF Theatre è già modellato sul carattere ed il gusto di Patrizia Schiavo, corredato di sedie disposte in semicerchio, di diversa foggia, tinteggiate di vari colori, sopra tappeti persiani allineati simmetricamente, e tende rosse arricciate in maniera classica da voluminosi embrasse di corda dorati. Rosse, come il rosso che predomina tutta la scena, i costumi, l’aria. Rosso, il colore simbolo contro il fenomeno della violenza sulle donne, dall’idea dell’artista messicana Elina Chauvet che, nel 2009, rese celebri a livello internazionale le sue “Zapatos Rojos”. Il rosso del ciclo mestruale, della passione, dell’amore.

Entrando in scena assieme alle sue colleghe si viene scortati in questo “laboratorio” femminile, una seduta di gruppo sulla presa di coscienza della propria vagina, sì, in senso fisico, ma sconfinando nel suo significato più intimo e simbolico di femminilità e dignità. Patrizia Schiavo è una dottoressa, una psicoterapeuta, un personaggio a cavallo fra la sacerdotessa di una religione misterica e la sessuologa femminista, se non pazza, assolutamente esaltata che nel suo studio accoglie sei donne completamente diverse fra loro unite dalla mancanza di sicurezza e di confidenza con la loro vagina. Lo scopo di questo incontro è rivolto a liberarle (e liberare lo spettatore) dai tabù e dai luoghi comuni che circondano la donna e i suoi genitali. Lo fanno raccontandosi, spronate dalle domande, anche incisivamente insidiose, della dottoressa. Le richieste erotiche più stravaganti, la prima volta, il menarca, le varie nomenclature con cui si usa chiamare la vagina in pubblico. E se si pensa di averle sentite tutte, dopo questo spettacolo il vostro dizionario ne uscirà divertentemente arricchito. L’orgasmo, il (o la?) clitoride, il cui genere ancora non è stato definito, tutti argomenti trattati in chiave comica, ma attraverso i quali passano dei veri e propri messaggi sottintesi, domande lanciate e raccolte dal pubblico che nell’atto di ridere non può eludere la questione.
Un ensemble dominato da segreti che vengono svelati, rivelazioni sul proprio corpo e sulla percezione che la donna (e la società) ha di sé. Le pazienti, a tratti, diventano seguaci di riti iniziatori sotto l’egida della sacerdotessa e di una enorme statua (anch’essa rossa) della Magna Mater incarnata in una delle Veneri del Paleolitico, prima divinità umana, forza creatrice e protettrice del mondo, caduta in disgrazia in seguito all’avvento del patriarcato.

Patrizia Schiavo non delude e mentre innalza in leggerezza divertendo gli spettatori, bruscamente li riporta coi piedi per terra in una performance straordinariamente drammatica, evocando gli eventi del ’93 durante la guerra in Bosnia, indagando sugli orrendi crimini commessi contro le donne attraverso gli stupri etnici. Guidata dalla sua capacità trasformista e passionale l’attrice cala sulla scena tutta la mostruosità a cui le donne sono quasi sempre (purtroppo) soggette. Vittime di quel maschio insensibile, triviale, che non concepisce la donna se non come strumento di piacere, un buco da riempire, anche due o tutti e tre, per soddisfare i suoi bassi istinti, in nome della guerra, in nome dell’odio etnico. Poi la Schiavo lo rifà, e cambia ancora registro, alleggerendo nuovamente l’atmosfera, riportandoci ancora nel suo “laboratorio della vagina”. La leggerezza riprende dopo lo scossone all’anima, un salto mortale che fa perdere l’orientamento.

“Invece di nasconderci dietro al velo e al burqa, noi ce la guardiamo!"

E le pazienti lo fanno: se la guardano con l’ausilio dello specchio, perché se il pene è esposto, esterno, mutevole ed evidente, la vagina è interiorità, segreto, buio. Con posizioni da circensi, le donne scrutano il loro inscrutabile, si osservano per comprendere se stesse nel corpo e nella mente.  Esplorano un luogo nascosto, pieno di potere “in grado di trasformare lo sperma in un bambino”, perché la donna fabbrica, crea, nutre. Sfondano la quarta parete, interagiscono con un pubblico estasiato a cui stringono le mani, elargiscono abbracci, con la forza dell’amore, della sorellanza, dell’amicizia.
Un cast eterogeneo e ben amalgamato, attrici tecnicamente dotate e talentuose dall’umorismo arguto, vivaci e pronte a mettersi in gioco, dalla recitazione caratteriale, sia individuale che corale: Teresa Arena, Anna Maria Bruni, Marianna Ferrazzano, Silvia Grassi, Carmen Matteucci, Sarah Nicolucci vengono affiancate ad un’altra attrice, diversa di volta in volta, che parteciperà “a sorpresa” alla messinscena. Alla prima abbiamo visto una brillante Lucia Bianchi che irrompe con un suo spassoso monologo su… IL TRIANGOLO.

Spudorato con eleganza, capace di coniugare serietà e divertimento è uno spettacolo che ha specifiche peculiarità, che mescola bene vari generi teatrali, che calca la mano dove è giusto farlo, capace di far ridere e di denunciare, lontano da un certo femminismo separatista e che, al contrario, esorta la donna e l’uomo non a competere, ma a collaborare, lanciando un messaggio universale di uguaglianza e speranza.

Info:
scritto e diretto da 
Patrizia Schiavo
con Patrizia Schiavo, Teresa Arena, Anna Maria Bruni, Marianna Ferrazzano, Silvia Grassi,
Carmen Matteucci, Sarah Nicolucci

e con la partecipazione “extra ordinaria” di Lucia Bianchi, Serena Borelli, Donatella Cherry, Elodie Serra
ricerca dati e fonti di Anna Maria Bruni
aiuto regia Antonio De Stefano

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