IL GIARDINO DEI CILIEGI @ Teatro Argentina: lo straziante struggimento di un tempo passato

IL GIARDINO DEI CILIEGI è l’ultimo lavoro che Anton Cechov scrive per il teatro e viene messo in scena al Teatro dell’Arte di Mosca da Stanislavskij sei mesi prima che l’autore muoia di tubercolosi. Forse per questo, in questo testo così denso nella parola oltre che nei temi, sembra riecheggiare poderoso il senso della fine.

IL GIARDINO DEI CILIEGI – la trama

Brevemente, si racconta del ritorno a casa in Russia di Ljubov’ Andreevna Ranevskaja, dopo un lungo periodo trascorso a Parigi. Qui la donna si ricongiunge con i familiari e soprattutto con la casa e il giardino dei ciliegi che sono da sempre proprietà della sua famiglia. Ma, appena rientrata, scopre che i debiti ormai enormi, contratti da tempo, comportano la vendita della tenuta.

In un susseguirsi di vicende che coinvolgono familiari, amici e servitori, Ljuba alla fine deve accettare che tutto sia per sempre perso: la sua casa, l’adorata stanza dei bambini in cui è cresciuta col fratello e in cui sono cresciuti i suoi figli, e soprattutto l’amato giardino dei ciliegi. Il suo passato non esiste più e poco importa, a quanto pare, di ciò che accadrà: i ciliegi vengono abbattuti e Ljuba parte di nuovo, per sempre, senza più quelle radici che l’hanno in qualche modo sorretta negli assalti della vita.

 

Da Macbettu a IL GIARDINO: Serra ed il linguaggio visivo di qualità

Alessandro Serra, celebre e ammirato per il suo Macbettu (ricordiamo vincitore del premio Ubu2017 per Miglior Spettacolo dell’anno), torna sui nostri palchi nazionali regalandoci un ingranaggio visivo e sonoro di altissima qualità, capace di trasportare il pubblico in una dimensione onirica e al tempo stesso concreta. La scena è principalmente vuota e pochi sono gli elementi usati: spiccano su tutti le sedie, varie nella foggia e nella grandezza, che sul finale, accatastate l’una sull’altra e portate in spalla da Firs, il vecchio servo fedele, assomigliano ai rami dei ciliegi il cui destino ormai è deciso.

La luce ed i suoni: i passaggi più significativi della regia di Serra

Altro elemento che diviene attore a tutti gli effetti è la luce, usata con finezza e incisività. Ogni cambio, ogni taglio, ogni singola lampada accesa in scena diventa un ulteriore personaggio che racconta, parla, singhiozza e ride insieme agli altri attori in scena.

Meravigliosi sono i momenti in cui le luci, più che sottolineare o palesare, sembrano in qualche modo creare una patina su ciò che accade in scena, opacizzano la nostra visione, quasi a dirci che ciò che vediamo è più che altro un ricordo lontano nel tempo, che vive in tutti noi, nascosto nella memoria. E che a volte, quando sentiamo in qualche modo la fine che si avvicina, all’improvviso emerge, trova spazio e offusca la nostra vista, perché ci commuove e ci strugge.

La ricerca dei suoni di Alessandro Serra

Non è un caso che ci sia un lavoro minuzioso sul suono, o meglio, sul tessuto sonoro creato da Serra e i suoi attori, un cast incredibile sotto ogni aspetto.
Le battute ci sono, così come ci sono i monologhi alla Cechov, le pause alla Cechov, ma qui troviamo una ricerca minuziosa sui suoni che intervallano questo fiume di parole: le risate, i singhiozzi, i sospiri, lo stesso pianto disperato di Ljuba alla fine quando tutto è perso, compongono una vera e propria partitura musicale dove le stesse pause non sono semplici silenzi, no, sono apnee, tensioni taciute, non detti che avvolgono i presenti.
E per questo, quando la parola ricomincia a fluire, arriva la risata, in un continuo alternarsi contrappuntistico di tragico e comico.

Forte è l’impressione di essere di fronte a ricordi che si affastellano per farsi sentire, che escono fuori proprio da queste “piccolezze” che risuonano alle nostre orecchie e che spalancano finestre, aprono varchi continui verso qualcosa che è lì, celato in tutti noi.
Ed ecco arrivare lo struggimento finale, che non è più solo dei personaggi, ma che invece è soprattutto dello spettatore, avvolto da questo tempo che è stato e che non tornerà.

Il giardino dei ciliegi

Di Anton Cechov

Uno spettacolo di Alessandro Serra
con:Arianna Aloi (Dunisia), Andrea Bartolomeo (Jaŝa), Leonardo Capuano (Lopachin), Marta Coltellazzo Wiel (Anja), Massimiliano Donato (Epichodov), Chiara Michelini (Carlotta), Felice Montervino (Trofimov), Fabio Monti (Gaiev) Massimiliano Poli (Simeonov-Piŝĉik), Valentina Sperlì (Ljubov’), Bruno Stori (Firs), Petra Valentini (Varja)

regia, drammaturgia, scene, luci, costumi: Alessandro Serra

produzione Compagnia Orsini, Accademia Perduta Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPE Teatro Piemonte Europa, in collaborazione con Compagnia Teatropersona, Triennale Teatro dell’Arte

 

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