Dal 19 al 29 ottobre IL BORGHESE GENTILUOMO risplende nel teatro Sala Umberto grazie allo straordinario talento di Filippo Dini. Molière stesso avrebbe forse applaudito con entusiasmo alla messa in scena del regista-attore genovese.
Fedelissima alla drammaturgia originale, IL BORGHESE GENTILUOMO è la vicenda di Monsieur Jourdain, borghese francese del 1600, che desidera con tutte le sue forze elevare il suo rango, aspirando ad ottenere un titolo nobiliare. Mosso dalla vanità e dalla volontà di riscatto, sperpera moltissimo del suo denaro in lezioni private che prevedono musica, danza, scherma e filosofia. Ingaggia dei maestri privati che si alternano sulla scena beffandosi dei catastrofici risultati del loro allievo. In realtà sono losche figure che mirano più alle generose ricompense di Jourdain che al suo miglioramento nelle discipline. Sicuri di sé e pieni di boria arrivano alle mani in seguito ad una lite per decretare quale delle loro arti sia la più essenziale. In realtà questo litigio è motivato solo dal timore di perdere la redditizia paga che Monsieur elargisce. L’aspirazione dell’uomo a raggiungere i favori e le sfere nobiliari non è ben vista dalla pragmatica e saggia moglie, che accetta di buon grado il suo posto nella società e intravede le basse mire del conte Dorante, il quale si finge amico di Jourdain al solo scopo di farsi prestare ingenti somme che sperpera nel tentativo di far innamorare di sé la marchesa Dorimène, avvenente vedova di cui anche Jourdain è infatuato.
Le esilaranti e tragicomiche situazioni di Monsieur Jourdain non finiscono qui, perché sarà perfino gabbato da Cléonte, spasimante di sua figlia Lucile, oltre che dal di lui fedele servo ed amico Covielle e da Nicole, servetta di casa Jourdain ed amante di Covielle. Il borghese rifiuta che Cléonte sposi la figlia; matrimonio invece appoggiato da Madame Jourdain. Il motivo è semplice: l’uomo, fra i suoi piani per diventare un nobile, decide che la figlia ne debba sposare uno, in modo da legarsi in sangue in maniera definitiva a quella alta società a cui vuole appartenere. Monsieur farà però i conti con una “turcheria” ingegnata allo scopo di trarlo in inganno, convincerlo che il figlio del “Gran Turco”, in realtà Cléonte, si sia innamorato di Lucile e, con la promessa di investirlo di un titolo nobiliare, la chiede in sposa.
La regia di Dini è superlativa. Tutta la messa in scena ha un ritmo perfetto, un meccanismo scenico ben orchestrato a cui raramente si può assistere. Divertente e frizzante, lo spettacolo mantiene una vivificante energia per tutta la sua durata. Affondando le mani nella piena luce della tradizione molieriana fa risplendere questa drammaturgia seicentesca rendendola ancora più seducente e contemporanea grazie al gusto raffinato del regista-attore, alla sua consapevolezza artistica e ad un cast di altissimo livello. I costumi, esemplari di fantasia e comicità, mixano sapientemente modernità e stile barocco in tutta la sua pomposa e stravagante eleganza.
Filippo Dini recita su scarpe con rocchetto sagomato alla “Luigi” e in un bizzarro abito. Questi elementi di moda rococò e ogni particolare indossato denotano ricercatezza e conoscenza dei costumi alla corte di Re Luigi XIV, impreziosendo lo spettacolo di particolari gradevoli all’occhio, evidenziando come nulla è stato lasciato al caso, ma dettato dalla volontà di curare ogni aspetto visivo. Aspetto visivo che viene esaltato dalle luci, magistrali accompagnatrici dello spettatore sul palcoscenico. Mai eccessive, mai carenti, godono di un equilibrio gradevole, favorendo la richiesta di luminosità sui movimenti degli attori e della scenografia: un salotto in tinte scure, dominate da una grande scalinata e da una sfarzosa colonna. Richiama lo spettatore il bianco delle sedute: un divano ed una poltrona, anch’essa di fattura barocca.
Le scene in esterna si ottengono con lo spostamento da parte degli stessi attori della parete di destra che avviene in una penombra ben studiata. Il cast è ben amalgamato. Filippo Dini nel ruolo di Jourdain è assolutamente perfetto. Si arriva a credere che Molière abbia interpretato allo stesso modo di Dini la parte del Borghese. Orietta Notari superlativa. Pura nei movimenti, distinta e padrona del personaggio dimostra, come ogni volta, il suo grande valore attoriale. Caratteristica e lineare la sensuale aristocrazia portata in scena da Sara Bertelà. Gli altri attori si misurano in più ruoli, mettendo in mostra il talento del trasformismo, la ammirevole concentrazione interpretativa, passando da un personaggio all’altro, regalando agli spettatori l’idea di avere più interpreti in scena; eccellenti quindi Davide Lorino, Valeria Angelozzi, Roberto Serpi e Marco Zanutto. Simpaticissima e deliziosa Ilaria Falini che, nel doppio ruolo della serva Nicole e del sarto, ricorda la maschera Colombina della commedia dell’arte, reinventandola in chiave moderna. Con gli stessi ingredienti della servetta in scena nel XIV secolo fatta di malizia, vitalità, realismo e comicità, porta sul palcoscenico un ruolo modernizzato, che possiamo riconoscere nei collaboratori domestici dei giorni nostri.
Folklore e avanguardismo, quindi: i personaggi sono creature a metà fra i seicenteschi parigini e gli odierni artisti italiani. Oggi come allora la commedia italiana e francese vanno a braccetto, superando i secoli e ricollocandosi nei nostri teatri grazie a questo spettacolo straordinario. Perché Molière è attuale ancora oggi, i VIP hanno sostituito i nobili e i borghesi sono stati sostituiti dagli imprenditori. Possiamo ancora ridere di Jourdain e della sua smania di riscatto sociale, più che smania ossessione, dove tutti vi si rispecchiano in questa epoca moderna fatta di fragile e facile protagonismo. Filippo Dini coglie registicamente la profondità del Borghese che vuole diventare Gentiluomo, impedito carattere che tenta di migliorarsi per vanità, cercando di accrescere vanamente la sua cultura (merita la scena in cui il maestro di filosofia gli insegna le differenze fra consonanti e vocali e la riproduzione fonetica di queste ultime). Pur di assomigliare e farsi accettare indi dalla nobiltà, annoiata e pigramente affettata, si ridicolizzerà agli occhi di tutti, facendosi ingannare durante tutto l’arco narrativo. Un tonto a cui non si può voler bene così drasticamente umano nei suoi errori e nella sua cecità, vittima degli altri, ma ancor prima delle sue stesse fatue ambizioni. Nel suo crescente delirio di appartenere a un lignaggio che gli è negato alla nascita, non si accontenta della sua posizione agiata nella scala gerarchica, cosa che fa invece la ben più coerente e cosciente moglie. I limiti contro i quali Jourdain si misura commuovono e fanno fare un passo indietro sul fronte del giudizio, nonostante il clamore del suo smisurato egocentrismo. Preda facilissima per i più meschini personaggi, si fa amare ancor di più quando il suo paterno ordine di dare in sposa la figlia ad un nobile diventa il fertile terreno per la perversa mente dei giovani aspiranti sposi e dei loro fedeli servi. Le risate provocate nel pubblico con totale sincerità si traducono a fine spettacolo in un momento di riflessione. Jourdain è “bullizzato” da tutti perché incapace di accettare ciò che è, oppure perché troppo pieno di sé? La risposta la lasciamo agli spettatori, ai quali consiglio di andare a vedere quest’opera meravigliosa e divertente.
Info
IL BORGHESE GENTILUOMO
Teatro Sala Umberto
Dal 19 al 29 ottobre 2017
Regia: Filippo Dini
Autore: Molière
Interpreti: Filippo Dini; Orietta Notari; Sara Bertelà; Davide Lorino; Valeria Angelozzi; Ivan Zerbinati; Ilaria Falini; Roberto Serpi; Marco Zanutto
Scene e costumi: Laura Benzi
Musiche: Arturo Annecchino
Luci: Pasquale Mari
Aiuto Regia: Carlo Orlando