È andato in scena al Teatro di Gobetti di Torino fino al 29 novembre il Testamento di Maria con Michela Cescon, regia di Marco Tullio Giordana da un testo di Colm Tóibín.
Il bianco è il colore portante di questo monologo che ripropone il canone della storia di Gesù attraverso un ottica e una visione umanamente inedita. Bianche sono le rarefatte scenografie, una stanza quasi vuota eccetto un tavolo e poche sedie, una piccola finestra sul lato, degli archi sul fondo, con poche variazioni nel corso dello spettacolo, con l’aggiunta di una sorta di sipario extra, ancora bianco, e delle variazioni della luce, che modificano il gioco di intensità di questo colore neutro da un tenue giallo al latte. Bianca è l’abbondante tunica che avvolge Michela Cescon per tutto lo spettacolo, dal capo scoperto nella prima parte, al capo coperto in una figura che pare avvolta in un sudario nella seconda.
Un bianco freddo, asettico, come forse è la chiave di tutta la messa in scena, dove l’assenza totale di un commento musicale aggiunge ulteriore elemento di vuoto.
Intrigante il testo, che ci presenta il racconto di una madre distrutta, arrabbiata, una madre profondamente umana. Nelle belle parole di Tóibín non è solo la componente del rapporto madre/figlio a modificare in parte i fatti, i passaggi fondamentali della vita del Cristo, ma anche un'interpretazione più terrena e meno mistica e divina di quegli stessi avvenimenti, soprattutto dalla crocifissione a quello che ne segue.
L’interpretazione della Cescon è ottima, ci restituisce una madre in un senso molto intimo, reale, eppure il peso di una scelta votata alla freddezza, porta il monologo ad avere una gamma cromatica molto ristretta, molto limitata. Sono chiare, ben raccontate le emozioni che il personaggio attraversa, ma attraverso un flusso dalla gamma volutamente ristretta: pochissimi picchi, pochissime variazioni di colore, al punto che le corrispondenti variazioni di luce in molti passaggi risultano qualcosa che lascia perplessi, superflue.
Lo spettacolo, la messa in scena, finiscono però per perderti: non riescono a tenerti del tutto lì con loro e più di una volta ti rendi conto di esserti distratto, perdendoti qualche passaggio, mentre nella sala serpeggiano diversi sbadigli.
Non è uno spettacolo noioso, non è uno spettacolo brutto, eppure l’eccessiva freddezza, i vuoti, i silenzi e il ritmo che, nonostante una certa escalation, è al limite del monocorde, lo rendono incompleto, solo parzialmente funzionante.
Anche l’uso del discorso indiretto, i dialoghi riportati, non sembrano essere del tutto adeguati a questa forma scenica e non riescono a modificarne realmente il ritmo.
Non si esce dalla sala pienamente soddisfatti. Ci si portano via riflessioni, alcune immagini (uno dei migliori passaggi, in cui tutto funziona come dovuto, luci, interpretazione e scelte sceniche, è il momento in cui Maria e le amiche si interrogano sull’aldilà di fronte a Lazzaro risorto) ma anche e soprattutto un vago senso di appetito lasciato a metà.
Note stampa
Dopo il grande successo di The Coast of Utopia di Tom Stoppard, prodotto dal Teatro Stabile di Torino nella stagione 2011/2012, si riforma la coppia artistica composta da Marco Tullio Giordana, che da tempo affianca alle regie cinematografiche quelle di prosa, e dalla pluripremiata attrice Michela Cescon. L’incontro avviene attraverso le parole di Colm Tóibín, uno dei maggiori scrittori irlandesi contemporanei. In questo breve e intenso romanzo Tóibín riscrive il rapporto fra Maria e suo figlio, nei giorni della predicazione alle folle e poi in quelli terribili della condanna e della crocifissione.
Sinossi
Una madre che parla, che rievoca, che cerca un senso – dubitando di trovarlo – nel destino atroce che l’ha colpita insieme a quel figlio amatissimo. Una Passione in cui la figura di Maria si stacca dall’iconografia della tradizione per raccontarci lo strazio della madre, della donna ferita e sola.
Scrive Michela Cescon: «nel progetto di Stoppard ho dovuto rinunciare a stare in scena perché la cura che mi richiedeva la produzione era tanta e impegnativa. Abbiamo cominciato a cercare un testo che avesse quindi un ruolo per me, certi di voler affrontare nuovamente un lavoro sul contemporaneo, ma che avesse sempre le stesse altezze dei classici. Quando ho letto The Testament of Mary di Tóibín ho capito subito che era il testo giusto, mi sono commossa, mi sono sentita avvolta e, chiuso il libro, la mia immagine di Maria non è più stata la stessa. Ho sentito profondamente il tema madre e figlio, come lo narra lo scrittore, dove la personalità, il talento e il forte destino di un ragazzo risultano dolorosamente incomprensibili e inaccettabili da una madre, perché troppo piena di paura e di amore. Sono certa che diretta dal tocco chiaro ed elegante di Giordana arriverò a “pronunciare” queste parole cariche di tenerezza e di rabbia facendo diventare per me e per gli spettatori Il testamento di Maria un’esperienza importante e che ci riguarda personalmente».
Info
TEATRO GOBETTI
Martedì 17 novembre 2015, ore 19.30 – Prima nazionale
Repliche: fino al 29 novembre 2015
IL TESTAMENTO DI MARIA
di COLM TÓIBÍN
adattamento e traduzione MARCO TULLIO GIORDANA e MARCO PERISSE
con MICHELA CESCON
regia MARCO TULLIO GIORDANA
scene, costumi, luci GIANNI CARLUCCIO
TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE/TEATRO STABILE DEL VENETO – TEATRO NAZIONALE IN COLLABORAZIONE CON ZACHAR PRODUZIONI
ORIGINALLY PRODUCED ON BROADWAY BY SCOTT RUDIN PRODUCTIONS. COMMISSIONED BY DUBLIN THEATRE FESTIVAL AND LANDMARK PRODUCTIONS WITH THE SUPPORT OF IRISH THEATRE TRUST