IL PROGRAMMA@TeatroinScatola: nel bunker emotivo dell'anima

Imperdibile per gli estimatori del teatro dell’assurdo, va in scena fino al 21 febbraio nel piccolo e confortevole alveo del TeatroinScatola, IL PROGRAMMA, atto unico di Davis Tagliaferro dal suggestivo sapore beckettiano, che vede in scena lo stesso autore con Sebastiano Gavasso per la regia di Antonio Ligas.

Si tratta di un’opera che assume tutte le premesse del teatro dell’assurdo: due personaggi dall’aspetto scarno e pallido sono chiusi in una stanza, isolati da tutto in un presente volutamente indefinito. Costretti a perdersi in disquisizioni semiserie e in divagazioni non-sense dettate dalla convivenza forzosa, i due, che sembrano appartenere ad una classe di intellettuali, resi inermi ed eppure ancora desiderosi di non smarrire il proprio senso critico, interagiscono con una misteriosa presenza (di cui non si avverte la voce ma solo la presenza) che li contatta attraverso un telefono riportandoli all’ordine e minacciandoli di trascinarli fuori. Prospettiva temibile ma in un certo senso quasi desiderabile pur di uscire da quel terribile empasse esistenziale nel quale vengono imprigionati.

Partendo dalle premesse del teatro dell’assurdo (l’ambientazione desolata e asettica, i personaggi alla presa con dialoghi serrati e privi di senso, tendenti al comico per riflesso, una realtà ridotta all’osso di cui sfuggono i contorni) il testo coerentemente col suo genere rinuncia ad una spiegazione della realtà messa in scena, e si apre ad un ventaglio di interpretazioni circa il perché della situazione di prigionia e sul destino che incombe sui due una volta fuori dalla stanza. Come ne “il Calapranzi” di Pinter, un oggetto, il telefono in questo caso, diventa il catalizzatore di una crescente tensione e l’improprio “timone” che li conduce alla deriva cognitiva, mentre la platea, seppure partecipe, resta forse un po’ ignara del vero dramma che si sta consumando in scena, ovvero lo smarrimento dell’Io davanti ad una realtà alterata, un Io che ha paura del confronto con il mondo al di là della stanza, quasi che uscire da quel perimetro ben delineato sulla scena da righe dritte che disegnano una forma squadrata -quasi costretta in una immobile geometricità della quotidianità- voglia dire perdersi per sempre, rinunciare alla propria libertà espressiva.

La messa in scena dell’opera è ben curata nei dettagli scenografici: due cubi rossi e una palla di gomma riempiono la piccola scena del teatro dalle pareti nere, ideale per dimensioni a riprodurre la claustrofobia di un bunker emotivo senza via di uscita, una realtà “perimetrale”, ultima ancora di salvezza e al tempo stesso oscura prigione . Le musiche, alte e rimbombanti contribuiscono alla minacciosità del contesto, così come le luci scure sugli abiti neri dei due protagonisti che riproducono forse, le fattezze di due esseri provati dalla fame e quindi scarni, quasi larve esangui.

L'interpretazione è profonda ed a tratti ironica, colorata com'è di spunti burleschi e anche di mimica di animali (caratteri grotteschi cari già a beckett), ma soprattutto di scariche emotive forti e concitate (molto bravo Gavasso nel controllo) e passaggi introspettivi e drammatici di un certo spessore (Tagliaferro conferma la bravura nei passaggi dal comico al drammatico mantenendo credibilità ed efficacia).   
Particolare la scelta registica di mutare il suono del telefono con un rumore sordo o una musica stridente, che contribuisce a rendere irreale lo stesso oggetto che troneggia davanti alla platea, quasi fosse l’unico vero personaggio ingombrante della stanza, attorno al quale i due sono quasi prostrati e inermi, incapaci finanche di toccarlo (mimano, infatti, di sollevarne la cornetta ma non lo sfiorano neanche).

Lo straniamento della vicenda è forse dovuto al fatto che, a differenza del pubblico, i due sembrano conoscere le ragioni della loro prigionia e anche la personalità del loro carnefice, eppure di questa realtà non si da alcuna spiegazione, lasciando volutamente un’aura di mistero nello spettatore e di attesa angosciosa di un inevitabile destino di preda (“siamo braccati/lo siamo sempre stati” si mormora), quasi del tutto coerentemente con il teatro beckettiano.
Ma forse il bello sta proprio in questa scelta autoriale: lasciare libera interpretazione sulla vicenda e sul perché della prigionia, avvertendo però, quasi beffardamente ad inizio e fine spettacolo (nella prospettiva circolare cara a Beckett), attraverso un nastro registrato, che “ogni atto di comprensione è un puro atto di violenza” soprattutto “a noi intellettuali che pensiamo e parliamo troppo”.


Va in scena al TeatroinScatola dal 16 al 21 febbraio IL PROGRAMMA, un atto unico di Davis Tagliaferro con Sebastiano Gavasso (regia di Antonio Ligas) che fu scelto nel 2011 e pubblicato in anteprima per inaugurare la rivista “PERLASCENA”.
Lo spettacolo – risultato della residenza artistica presso la sede di Teatroinscatola – è stato prodotto da Akròama, storica compagnia cagliaritana, che ha supportato la nascita della neo formazione composta da Tagliaferro e Ligas. Per l’occasione nel foyer del teatro verrà proposto il volume – edito dalla casa editrice La Mongolfiera – contenente il testo dell’autore.

Davis Tagliaferro
Abbiamo conosciuto il brillante Davis Tagliaferro sempre al teatro in Scatola in BIGLIETTI DA CAMERE SEPARATE ispirate al romanzo di Tondelli “Camere separate” per la regia di Andrea Adriatico (Vedi la nostra recensione. BIGLIETTI DA CAMERE SEPARATE@Teatro in Scatola: l'Amore su atlanti dai percorsi sbagliati) , ma l’autore è prolifico di opere drammaturgiche, fra le tante “Gli assenti” e “La funivia” nel 2009 e in agosto 2010 “L’ultimo cantico”. Inoltre ricordiamo “Il gioco” premiata al “Piccolo Teatro di Milano” nel novembre 2013, e vincitore del “Concorso Europeo di drammaturgia-Tragos”, pubblicata sulla rivista “Sipario” di dicembre oltre che dalla casa editrice “Edizioni progetto cultura” in aprile 2014.L a stessa opera si è aggiudicata inoltre nel 2015 il “Premio Internazionale Trame Chiamate Desiderio” con Fabrizio Sebastian Caleffi come presidente alla Giuria.

La trama de IL PROGRAMMA
Alan e Bryan sono due esseri umani costretti alla convivenza in un luogo impreciso, attendono un’importante chiamata che deciderà delle loro rispettive sorti. Probabilmente la loro permanenza forzata è da considerarsi di lunga data, come si trattasse di una prigionia: una detenzione in attesa di giudizio. In scena un telefono (il terzo protagonista) attraverso il quale un fantomatico giudice opera le sue incursioni; ma anche questa è solo una supposizione: non ci è dato di vedere il suo volto, ascoltare la sua voce né conoscere i suoi pensieri. Ciò che sappiamo per certo è che i due personaggi si trovano lì come parte integrante del programma: una macchinazione, un progetto ancora non concluso, privo di una fine… La loro.

Note di regia
Il lavoro drammaturgico di Tagliaferro è molto complesso, ma decisamente curioso, perché partendo dalle premesse del teatro dell’assurdo, approda al dramma – direi epocale – della perdita della propria identità, della resa davanti ad un comodo conformismo che ci rende uguali in maniera agghiacciante.
Io ho tentato di imprigionare Alan e Bryan in un’immagine metafisica dove tutto deve essere perfettamente ordinato e proporzionato ma anche incompleto e abbozzato, per indicare il lento sparire del segno evidente che, a mio avviso, rende unico un essere umano: il senso critico.
Il Programma è un rito, una danza scandita dalle interruzioni telefoniche atte a riportare all’ordine i due dissidenti.
Non mi dispiace pensare a questo testo come all’incontro del cervello e del cuore di un uomo in coma: talvolta credo che siano i sistemi psicologici innescati per convivere in una società a indurci in uno stato di torpore “neuro/emotivo” e proprio in quel momento i due leader della nostra esistenza (logica e sentimento), si rifugiano nella mitica caverna platonica a ridiscutere i termini della realtà e del sogno.

Info:

IL PROGRAMMA

Atto unico di Davis Tagliaferro

Regia di Antonio Ligas

dal 16 al 20 febbraio ore 20:45 

21 febbraio ore 18:00

 Presso Teatroinscatola –   Lungotevere degli Artigiani 12/14 Roma

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF