IL PELO DELLA LUNA @Teatro Studio Uno: e la Luna bussò alle porte di Pelo

Al Teatro Studio Uno va in scena IL PELO DELLA LUNA, per la regia di Adriano Marenco e Alessandra Caputo, dal 10 al 13 novembre. Quando si accendono le luci ci troviamo di fronte a una scena piuttosto comica e surreale: uno strano ceffo, dal lungo naso e la grossa pancia villosa – detto Pelo (Simone Fraschetti) – legge la Pimpa seduto su un water azzurro. Poco dopo compare, su degli alti trampoli, la Luna (Valentina Conti), con un bel vestito giallo chiaro, il viso per metà dipinto di bianco e un fiasco di vino in mano: è stata licenziata dal suo ruolo celeste e piomba sulla Terra, capitando per caso nella vita di Pelo.

“Tamarro di periferia” nonché “genio della mala”, quest’ultimo, ha in mente un modo per tirar su le sorti di entrambi: aprire un bordello, dapprima “low-cost” (alla portata perfino dei teatranti) fino a renderlo il più chic di tutta Europa. Il nome (acrostico di Amore Nell’Ombra) è già tutto un programma: "Ano". I piani di arricchimento tuttavia incontrano un ostacolo nel momento in cui Pelo si innamora di Luna e pretende che lei smetta di prostituirsi per sposarlo, cosa di cui lei non è affatto contenta. Alla fine l’amore (o l’opportunismo) prevale e, una volta sposati, tornano insieme in cielo, al riparo dalle ambasce terrestri e dalla polizia.

Dal punto di vista estetico lo spettacolo è delizioso e questo è forse il suo pregio maggiore: pochi elementi ma armonici nel loro buffo minimalismo. Una scala di metallo, il water azzurro, una luna di stoffa e la scritta "Ano" con lucette intermittenti bianche e rosse creano un’atmosfera allo stesso tempo squallida e fiabesca, triste e poetica, a cui contribuiscono anche i costumi.

Qua e là vi sono citazioni tratte dalla cultura pop e televisiva, dalle canzoni dei Righeira, di Sabrina Salerno e Jo Squillo a Miss Italia nel Mondo di Fabrizio Frizzi. Gli argomenti trattati, tra le scene comiche e le battute di spirito, sono temi rilevanti nella società attuale: a parte, ovviamente, quello della prostituzione, vi sono anche riferimenti al problema del razzismo e a quello della miseria.
La recitazione è spassosa e convincente così come lo è l’accento romagnolo, che non può che riportare alla mente il Loris Batacchi, di fantozziana memoria.

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