Il malato immaginario@Tetro San Babila Milano

C’è da chiedersi il perché del fascino irresistibile anche in chi ha visto numerose interpretazioni (di cui alcune straordinarie) de Il malato immaginario – opera intramontabile e immortale che ha debuttato al Teatro del Palais-Royal, una comédie-ballet cioè una commedia con intervalli musicali e danzati, prediletti dal re Luigi XIV, che permettono una lettura farsesca o drammatica della trama dando una connotazione bizzarra all’ansioso protagonista timoroso di malattie e morte e ancor di più della vita – che rappresenta per Molière (pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, Parigi 1622 – 1673) una sorta di testamento spirituale, morale e artistico capace di stigmatizzare la presuntuosa società a lui contemporanea che lo applaude non riconoscendosi nelle sue pennellate. 

Molière, infatti, spira – consumato da una lunga malattia che dal 1667 lo tiene lontano dal palcoscenico per parecchio tempo – il 17 febbraio 1673 (dopo un malore in scena mascherato da una risata) al termine della quarta recita (che gli era stato sconsigliato di affrontare) proprio de Il malato immaginario e non si fa fatica a riconoscere lui nel protagonista Argante e la sua frivola e avida sposa nella giovane e interessata seconda moglie del malato.

Fiaccato nel corpo, il grande attore e commediografo conserva uno spirito acuto che gli consente di ironizzare sui propri mali e sulla sua stessa funzione e soprattutto di prendere coscienza dell’impotenza della medicina spesso accompagnata da vuota presunzione, belle e dotte parole e da meschina avidità (vizi ahimè ancora odierni ed estendibili anche ad altre professioni di per sé nobili) tanto che alla fine trionfa una sorta di buon senso condensato nell’autoproclamazione del nostro Argante a medico di se stesso.

Questa volta è Andrea Buscemi (Pisa 1964) a impersonarlo al Teatro San Babila di Milano fino al 1° novembre 2015 in un adattamento, ridotto nei personaggi e con alcune modifiche, di cui è anche regista focalizzando l’interesse degli spettatori su un tormentato Argante la cui icasticità al di là delle varianti resta intatta.

Bravissimo il vivace e duttile Buscemi nel rendere una comicità del tutto apparente attraverso le infinite sfaccettature del’angosciato, contradditorio e credulone Argante – divaricato tra un egoismo esasperato e idolatra delle proprie nevrosi e barlumi di buon senso e amor paterno portati alla luce dall’astuzia di chi servendolo lo comprende quasi psicologo ante litteram – accompagnato da una validissima e convincente Nathalie Caldonazzo nei panni di un’avvenente e subdola moglie tutta smancerie e tenerezze all’apparenza e gretta, calcolatrice e arida nella sostanza e consigliato, spalleggiato e guidato in sordina dall’astuta, geniale e spumeggiante serva Tonina, una brava (anche se con qualche punta da limare) Livia Castellana: uno spettacolo che soddisfa.

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