IL CIELO IN UNA STANZA della compagnia teatrale napoletana Punta Corsara è una drammaturgia che attraversa 40 anni di storia, che guarda al nostro passato, al presente e al nostro futuro in modo divertente ma riflessivo. Di Armando Pirozzi e Emanuele Valenti (anche regista dello spettacolo), sarà in scena al Teatro Bellini il 7 e 8 luglio per il Napoli Teatro Festival. Il testo racconta, grazie ad alcune fonti diaristiche e fatti di cronaca, la trasformazione sociale e gli eventi che hanno cambiato l'aspetto urbanistico di Napoli da fine anni ’50 ai primi anni ’90.
Il titolo è lo stesso della canzone di Gino Paoli scritta negli anni ‘60 per Mina e fa riferimento ad un amore che abbatte le pareti di una stanza, il racconto di una storia nata in un luogo intimo e privato come la propria casa. Il cielo in una stanza è il racconto di quarant’anni di storia italiana che trasuda dalle vite di 8 napoletani (due di questi sono caratterizzato solo da una voce off), che vivono in un palazzo crollato in seguito al terremoto che colpì la città negli anni '80. Un palazzo a cui manca la “quarta parete”, come a teatro, e in cui si possono osservare nella loro quotidianità i condomini che ci vivono, in bilico tra un passato che desiderano mantenere e un futuro in cui provare a ricostruire la propria storia: una vecchia vedova (Giuseppina Cervizzi) e la “presenza” del suo defunto marito, una madre (Valeria Pollice) e il suo giovane figlio (Gianni Vastarella), un uomo spirituale ma anche un po’ tribale (Vincenzo Nemolato), la voce che “parla dal basso” attraverso un wc, il giovane avvocato (Christian Giroso) e, infine, l’unico tra i condomini che potremmo definire realista e pragmatico (Emanuele Valenti), che ha i piedi per terra, nella realtà presente, e che cerca di portare tutti gli altri verso la decisione di firmare l’atto che permetterà loro di ricostruirsi una vita lontano da quelle amate macerie. La storia si snoda in tre momenti storici specifici: anni '60, durante i quali una coppia felice e innamorata acquista la tanto desiderata e attesa casa, gli anni '90, quelli del post-terremoto, da cui parte la scena e metà anni ‘50, periodo dell'emigrazione dei napoletani (e in generale italiani) in Svizzera in cerca di lavoro.
Il passato è evocato attraverso dei continui flashback onirici, costruiti sul modello della classica commedia edoardiana, che arricchiscono di senso la storia presente. La messainscena ha inizio con l'arrivo nel palazzo di un giovane avvocato che chiede ai condomini di firmare la sottoscrizione dell'atto di citazione per il disastro del crollo del palazzo: una possibilità di cambiamento, una porta per uscire da questa situazione di stallo. Che fare, dunque, firmare o non firmare? Il dibattito che da questo dubbio scaturisce porterà ad una serie di simpatici e divertenti confronti fino al processo del giovane avvocato, il quale risulterà essere il figlio del costruttore e quindi, per discendenza, colpevole: la sua sarebbe così una morte simbolica, la catarsi che libererebbe i condomini dal bisogno di riscatto e di ribellione. Gli attori in scena, una compagnia ben equilibrata ed energica, riescono a caratterizzare i singoli personaggi, grazie anche all’accurata ricercatezza dei costumi e della scenografia, i cui elementi sono stati messi insieme in un “accrocco” ben riuscito: una casa nella quale si entra da una porta mobile (verrà spostata da uno dei personaggi dal centro a lato della scena) e tante ante e mobili in cui entrare e da cui raggiungere le diverse stanze della casa, anche il solaio. In particolare abbiamo apprezzato Giuseppina Cervizzi e la sua simpatica vecchia spara-piccioni, Vincenzo Nemolato e il suo visionario capo tribù Alce Nero e Christian Giroso nei panni del giovane avvocato, capro espiatorio della follia degli inquilini del palazzo. Le luci sono quasi sempre fisse sul palco, ad eccezione dell’entrata in scena dello spirito evocato con una seduta spiritica, tentativo estremo per uscire dall’impasse in cui sono finiti i sei condomini è quello di ricontattare il marito defunto della simpatica vecchia. E’ questa la scena di maggiore impatto visivo: la sincronia degli attori, “impossessati dallo spirito”, nel pronunciare le parole e nel tenere un tono di voce costante, insieme al rosso delle luci ridanno vita al coniuge defunto. Sarà proprio lui, il morto, il fil rouge dello spettacolo che collegherà e ridarà ordine agli eventi della storia, gettando luce sul da farsi: lui solo conosce la verità, quello che è giusto fare, perché solo chi è morto può vedere la vita in modo chiaro.
TEATRO BELLINI
Il cielo in una stanza
NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA
di Armando Pirozzi e Emanuele Valenti
DRAMMATURGIA/WRITTEN BY ARMANDO PIROZZI E/AND EMANUELE VALENTI
CON/WITH GIUSEPPINA CERVIZZI, CHRISTIAN GIROSO, VINCENZO NEMOLATO, VALERIAPOLLICE, EMANUELE VALENTI, GIANNI VASTARELLA
REGIA/DIRECTED BY EMANUELE VALENTI
SCENE/SET DESIGN TIZIANO FARIO
COSTUMI/COSTUME DESIGN DANIELA SALERNITANO
DISEGNO LUCI/LIGHT DESIGN GIUSEPPE DI LORENZO
COLLABORAZIONE ARTISTICA/ARTISTIC COLLABORATION MARINA DAMMACCO
UNO SPETTACOLO DI/A PERFORMANCE BY PUNTA CORSARA
PRODUZIONE/PRODUCTION FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, FONDAZIONE TEATRO DI NAPOLI – TEATRO BELLINI
IN COLLABORAZIONE CON/IN COLLABORATION WITH 369 GRADI