I VICINI @ Teatro Cantiere Florida. Quanto è difficile aprire la porta al cambiamento?

Materia Prima 2017 a cura di Murmuris prosegue con I VICINI di e con Fausto Paravidino al Teatro Cantiere Florida, affermata pièce in tournèe dal 2014, produzione Teatro Stabile di Bolzano, con Théâtre National de Bretagne. Lo spettacolo, promosso da PassTeatri Firenze, ha visto il pieno di pubblico, per questa data unica a Firenze, di un autore davvero interessante.

Fausto Paravidino ha debuttato ventenne, aggiudicandosi un promettente premio Ubu nel 2001 come migliore novità, il Premio Riccione-Tondelli e più recentemente nel 2013 il Premio Hystrio alla drammaturgia, è tra i pochissimi autori italiani ad essere rappresentato alla Comédie Française. Il non-più-giovane quarantenne Paravidino sembra destinato a dipingere il proprio tempo e la sua generazione, con una scrittura pungente, ben organizzata e chiara, divertente e brillante nei dialoghi, ma sempre incerta sullo sprofondare in tragedia, capace di ironia alla Woody Allen (a cui in tanti l’hanno accostato), tanto da meritarsi le parole di Renato Palazzi: Nessuno, in Italia, sa costruire un dialogo come lui. E dobbiamo ammettere che anche con lo spettacolo I VICINI non delude, nonostante siano molte le scene, gioca con una successione suggestiva di cambi di luce, bui, proiezioni, flash, trasparenze, suoni, in quadri che si intrecciano su più piani narrativi, quello quotidiano e ordinario della coppia nella propria routine di mattina, pomeriggio e sera, quello immaginato con la presenza del soprannaturale, quello grottesco e paradossale della coppia di inopportuni e inquietanti vicini.

Senza cadere nel dettaglio descrittivo, Paravidino, dipinge i caratteri di tutti i personaggi, nei quali ogni attore risulta perfettamente in parte, definiti per contrapposizioni: l’insicuro e spaventato protagonista, Lui, senza nome né mestiere, confuso e a disagio in ogni situazione, portato in scena, con la particolare voce nasale, strascicata, dall’accento nordico dello stesso Fausto Paravidino, gioca sulla ambiguità tra un filosofo e un comico, e si contrappone alla forte, efficiente e concreta compagna (non moglie, grazie a Dio, come viene specificato in una divertente gag giocata sull’imbarazzo) Greta, Iris Fusetti, ragazza matura e lavoratrice, vocata al ruolo di salvatrice del fidanzato.

La coppia di vicini sono uno specchio che riflette l’opposto dei protagonisti, così lontani dai primi da incarnare in realtà i desideri più nascosti e reconditi, Chiara, Sara Putignano, bella, procace, alta, solare, estremamente femminile, vestita di veli o in camicia da notte, sogno erotico dell’ansioso Woody Allen nostrano, basso, bruttino, impacciato; e il marito, Davide Lorino, macho, volitivo, con l’aria di sapere esattamente cosa vuole, emblema dell’opposto femmineo di Paravidino, forse proprio ciò che lui vorrebbe essere, un mezzo fascista strafottente, a cui sono chiari e limpidi di ruoli maschile e femminile da non mettere in discussione.

La commedia degli equivoci e l’intreccio delle coppie, come nella più classiche delle commedie da Plauto a Goldoni è servita, a cui si aggiunge l’escamotage del fantasma per colorare il tutto di thriller e suspance, degni del cinema, realizzata con ottima illumonitecnica e una gestione dei suoni che fa sobbalzare più di una volta lo spettatore. Ma se vogliamo leggere questo testo, come merita, in controluce, ci accorgiamo che la trama è un pretesto esterno, seppur ben fatto, per portare al pubblico, riflessioni più profonde e intime. Uno spettacolo semplice nell’impianto narrativo, ma complesso nei temi e significati, capace di divertire con intelligente comicità, agganciato saldamente a tutti i canoni del teatro classico, da Shakespeare a Eduardo De Filippo, con l’intreccio di gelosie e tradimenti, sospetti, suggestioni, equivoci, attrazioni e ambiguità.

I VICINI ci parla della difficoltà di trovare nella vita un equilibrio instabile tra chiusura e apertura, paura e fiducia; nell’incipit dello spettacolo è racchiusa la prima intenzione dell’autore: lo spioncino della porta, quella porta che resta sempre perfettamente illuminata, simbolo di ciò che isola dall’esterno, lo sconosciuto, il mistero, allo stesso tempo ponte per la conoscenza del fuori da sé, dalla propria normalità e monotonia. Ho visto i vicini… Di cosa hai paura? Risponde Greta. Ci sorprende una chiave psicoanalitica, dove i vicini di pianerottolo sono i terapeuti che con arte maieutica estraggono le sofferenze di una coppia in crisi, affondando nella intimità umana della paura del cambiamento, che si presenta alla porta di tutti prima o poi. Quanto è difficile aprire il proprio cuore alle trasformazioni della vita, che casualmente bussano, o ci camminano accanto (come un fantasma, a cui evitiamo di credere), in attesa di uno spiraglio, talvolta anche involontario; passi e scricchiolii che spaventano, ma anche affascinano, come i buoni film horror, davanti ai quali tante volte ci siamo messi le mani sugli occhi, ma abbiamo poi scostato le dita, mossi dalla irrefrenabile curiosità di vedere comunque cosa c’è dietro.

I VICINI ci mette a confronto con una domanda semplice ma non banale: di cosa si parla con gli sconosciuti? Cosa è opportuno? Ci interroga sulla nostra capacità di misurare l’intimità e la socialità, sul bisogno umano di proteggere il proprio privato, in una costante guerra contro l’esterno, in un mondo sempre più violato nella privacy, la cui percezione negli ultimi dieci anni è completamente cambiata per il mondo social. Fa ridere il pubblico il paradosso dell’eccessiva invadenza dei vicini di casa, estranei coi quali però risulta più facile parlare, aprirsi, confessarsi, perché dopo tanti anni insieme in una coppia le parole smettono di avere il loro vero significato e al loro posto prendono campo i sottintesi, perché la libertà che si riesce ad avere con uno sconosciuto si contrappone dolorosamente con la gabbia del proprio passato insieme. Sapiente riflessione di Paravidino sulla libertà e sulle relazioni, che dalla comicità della scena, fa scendere l’amaro groppo del compromesso che ciascuno di noi ha fatto o farà con i propri partner, perché gli essere umani non fatti per restare soli e chiedono disperatamente di essere abbracciati, come Greta e Chiara.

Lo spettacolo fa riflettere sulla sofferenza e la malattia, sul confine labile e indefinibile tra normalità e follia, quando ci siamo chiesti perché il nostro protagonista fosse sempre in pigiama, ci siamo detti che non è normale non uscire mai di casa, aver paura degli altri, tanto da non avvicinarsi alla porta, ci siamo sorpresi scossi dal pianto di Greta, che da donna forte, sceglie di far finta che il disagio del compagno sia normale, invece proprio questo la sta facendo impazzire, rendendola schiava dell’umore del compagno. Ma poi dove si trova questo punto di svolta per la pazzia, quando ad essere completamente fuori luogo sono quelli normali, che escono, lavorano, e fanno cose?

Ed ecco che la discussione catartica nella coppia attiva un meccanismo senza possibilità di ritorno, aziona l’ingranaggio del cambiamento, spezza per sempre la monotonia. Il cambiamento, tema principale di questo testo, svelato dal racconto evocato dal passato sul finale, è rappresentato anche visivamente attraverso la trasformazione lenta e impercettibile della scena che acquista colore dal bianco-grigio iniziale, con i vestiti che gli attori indossano un pezzo alla volta: Lui si toglie il pigiama, e indossa prima la maglia, poi i pantaloni e le scarpe di colori scuri; Greta si spoglia prima del soprabito, con cui va a lavoro, poi la gonna, fino a restare scalza e in mutande sul finale. Entrambi cadono nel proprio incubo, o sogno forse, lui di diventare finalmente un uomo, in grado di difendere la propria amata, di proteggerla, come sente di non saper fare, lei di potersi abbandonare ad un abbraccio consolatorio di bambina cullata, che trova solo nell’accoglienza femminile di Chiara. Il desiderio di cambiare la propria vita attraversa tutti prima o poi, frenati dalla paura di non poter tornare indietro: è difficile aprire questa porta e farvi entrare, perché non saprei come fare, se poi volessi farvi uscire.

Archivio recensioni…
I VICINI @ Piccolo Eliseo: quanta Paura per uno sconosciuto oltre la Porta (A. Mazzuca, Gufetto, aprile 2016)

Info:

I VICINI

di Fausto Paravidino
Regia Fausto Paravidino
Con Iris Fusetti, Davide Lorino, Barbara Moselli, Fausto Paravidino, Sara Putignano
Scene Laura Benzi
Costumi Sandra Cardini
Luci Lorenzo Carlucci
Produzione Teatro Stabile di Bolzano
organizzazione e distribuzione Nidodiragno / Coop. CMC
testo commissionato dal Théâtre National de Bretagne

Teatro Cantiere Florida Materia Prima 2017
giovedì 30 marzo 2017
Foto di Valeria Tomasulo, tratte da Teatro Cantiere Florida

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