HERR Freud, Signorelli, Mosè @ Teatro Palladium: un’investigazione teatrale, sulle tracce di un nome rimosso

Sabato 9 marzo sul palcoscenico universitario di Garbatella, un’accurata e sherlockiana ricerca nei meandri della psiche, con la narrazione e regia di  Guido Barlozzetti, insieme al partner musicale Enzo Pietropaoli, e un’assortita squadra per la realizzazione audiovisiva (progetto visivo Massimo Achilli – video animazioni Silvia Spacca – elementi scenici Flavio Leoni – disegno luci Roberto Rocca ). Produzione Il Collettivo Teatro Animazione.

Un’enigmatica e oscillante narrazione – a tratti accademica –  tenuta da Guido Barlozzetti di Freud, anzi di Sigmund ( i nomi saranno molto importanti in questa circostanza ), un racconto teatrale,  attraverso metodi quasi di teatro-scienza, un’investigazione su più campi condotta nel nebbioso inconscio freudiano. Un palcoscenico ricco di supporti carichi di significati, indizi e nello stesso tempo strumenti utili alla deduzioni, alla ricerca approssimativa che porterà forse ad una verità illogica. Ma è il grande schermo centrale a riempiere e catalizzare l’attenzione della scena, una tela che accoglie immagini, filmati e si riempie di parole fino a svuotare ogni dubbio lecito e non. L’immagine e la parola sono l’inscindibile coppia che accompagna tutto lo svolgersi delle storie nella storia, una doppia faccia della stessa medaglia, una ricostruzione paziente e sapiente che man mano disegna una mappa della navigazione, un discorso fatto di frammenti, un viaggio onirico nella realtà. Il viaggio è l’altro punto centrale insieme alla data 1897,  Freud s’allontana sempre più da se stesso, avvicinandosi all’origine, un confuso e imprecisato peregrinare con lo scopo di annullare paure, timori, nevrosi e riuscire a chiudere il cerchio, il buco nero dove ognuno nuota in balìa delle proprie tempeste.

È una caccia al nome, ma chi è Herr? Tutto parte dalla negazione del nome, la dimenticanza da parte di Freud del nome dell’autore degli affreschi della Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto, nella quale le immagini della fine del Mondo e il Giudizio Finale, hanno un impatto tale nello psicoanalista austriaco da avviarlo in un viaggio, un’autoanalisi che lo porterà alla psicoanalisi, scienza dell’inconscio. Un viaggio interno ed esterno, interiore ed esteriore, figurato e figurativo, nella vita di Freud e nell’Europa dell’Assolutismo, con i suoi esperimenti scientifici, le prove letterarie in un solco storico-argomentativo e a tratti enciclopedico. Freud è il paziente di se stesso, l’investigatore e l’investigato, con un lavoro a ritroso e rischioso, particolarmente discontinuo che affascina e coinvolge.

Un oggetto di scena, determinante e principale è la poltrona, un seggio da studio professionale, affiancata dal classico lettino psicoanalitico. In questo caso è importante “il verso della poltrona” perché è posizionata dando le spalle alla platea, quindi in perfetta corrispondenza alle file di poltrone destinate al pubblico. La poltrona è la postazione del narratore – analista Guido Barlozzetti che si fa spettatore anch’esso come il resto del pubblico dell’intrigante investigazione e sul lettino c’è il paziente Freud, il quale parla attraverso le immagini che appaiono sullo schermo, come una sorta di proiezione dell’anima, e l’analista non ascolta ma “sente” attraverso la visione delle immagini, il racconto dell’analizzato. Il centro scenico è in quello spazio intorno a quella poltrona e il lettino che Barlozzetti percorre più volte nei due versi, spesso allontanandosi per specchiarsi in quel buco nero, posizionato sotto il proscenio e dove come un pozzo senza fondo,  vengono risucchiate tutte le prove che man mano incontra nel viaggio d’indagine.

Il lungo e tortuoso cammino, pieno zeppo di tratti fisiognomici, biografici si tiene grazie anche al carteggio, una nutrita corrispondenza tra Sigmund e l’amico Fliess, che irrompe dall’alto del palcoscenico grazie all’espediente della pioggia di lettere, tessere disordinate  ma utili per riempire gli spazi mancanti come pezzi di un puzzle componenti la pista, la psicoanalitica esperienza dello stesso Freud che lo porta a delle conclusioni, partendo dall’ empirica e personale sperimentazione degli eventi. Ad un certo punto del racconto teatrale c’è la svolta, l’Altro sutura il Sé, il buco nero si assorbe e scompare, sembra che l’enigma si sia sciolto. Ma il rebus è veramente risolto? Nulla è come appare. Il cerchio sembra chiudersi, un punto sembra mettere fine nel viaggio finale a Roma con l’ossessiva esaminazione del Mosè di Michelangelo, una visione-sogno-scena che dà l’impressione di essere il vero perno che tiene insieme l’intero spettacolo e le deduzioni conclusive freudiane.

Guido Barlozzetti nella doppia veste registica e narrativa è un professionista meticoloso e attento al dettaglio, incoraggia l’autocritica, avviando diverse prospettive che concorrono a diversificare e allo stesso tempo unire la trama. S’avverte una continua e impellente necessità d’informare gli spettatori, di approfondire i messaggi e accompagnarli in dei viaggi paralleli, passando per dei diversi incroci cogenti e interdisciplinari.

HERR. FREUD SIGNORELLI MOSÈ IL REBUS

Sabato 9 marzo al Teatro Palladium, ore 20,30

Un racconto-indaginesui fantasmi di Sigmund Freud. Freud detective di sé stesso, indagato e indagatore. Di fronte al mistero del Finimondo di Signorelli, dell'Edipo e del Mosè di Michelangelo.
Narrazione e regia: Guido Barlozzetti
Progetto visivo: Massimo Achilli
Musiche originali eseguite dal vivo: EnzoPietropaoli

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