HARROGATE @ Teatro Belli: Al Smith in una polveriera di emozioni

Nel cuore di Trastevere, davanti allo storico Teatro Belli, già si respira un poco di Regno Unito mentre attendiamo di entrare in sala. Sono molti gli anglofoni avvolti nei cappotti che parlano un italiano perfetto seppure con quell’inconfondibile accento britannico. Si mescolano agli italiani, accomunati dalla passione per il teatro, attirati da questa rassegna a cura del noto critico teatrale Rodolfo di Giammarco: TREND NUOVE FRONTIERE DELLA SCENA BRITANNICA (alla sua XVII edizione).

La scena è a sipario aperto. Una cucina. L’elemento centrale è un island counter bianchissimo. Nessun fondale compre il muro nudo del teatro, una crudità che esalta il candore del bancone, sul quale viene proiettato il titolo dell’opera. Il regista accompagna così lo spettatore nella pièce Harrogate, nell’intimità di quella cucina, luogo simbolico della trasformazione, dove il crudo diventa cotto, l’insipido diventa saporito, dove gli elementi mescolati assieme trovano un equilibrio. Metafora sottile che appartiene all’intera drammaturgia.

Patrick e la sua sessualità, la famiglia e le sue incomprensioni. Cosa si nasconde dietro i legami fra padre e figlia, fra marito e moglie? Il protagonista affronta tre donne diverse, l’una lo specchio dell’altra, aspetti differenti della stessa natura erotica ed affettiva del sé. Una triade divisa in tre quadri di grande spessore teatrale in cui in un solo giorno il personaggio analizza tutti i suoi sentimenti e i suoi cedimenti, quelli più inconfessabili e proibiti.

Patrick, paranoico e inconcludente, segretamente innamorato della figlia quindicenne con la quale ha un rapporto di grande complicità, arriva a pagare una prostituta che le assomiglia perché gli tenga compagnia quando la ragazza non è a casa. Il rapporto con la moglie è ormai ridotto ad una sterile convivenza, depauperata da ogni passione dal trascorrere del tempo. Nella figlia, l’uomo ritrova la moglie adolescente di cui si era perdutamente innamorato. Un’attrazione fatale che il protagonista combatte con tenacia, lottando contro quel desiderio incestuoso.

La morbosità e la condanna sociale delle sue pulsioni confondono l’uomo gettandolo in una girandola di grande sconforto, che l’uomo cerca disperatamente di nascondere, ma un inquilino troppo curioso, Mr. Dark, mette a repentaglio il segreto di Patrick.

Marco Quaglia tratteggia alla perfezione ogni dettaglio del protagonista. In tutti e tre i quadri indossa una particolare indole di Patrick, evidenziando quanto possiamo essere diversi e quanto bravi siamo ad ingannare noi stessi e gli altri. Una dizione curata, un pathos non semplicemente interpretato, ma sentito nel profondo, caratteristica di questo attore dall’animo sensibile, capace di far suoi i sentimenti del personaggio. Una particolare condizione recitativa di grande effetto. Non da meno la sua compagna di palco, Alice Spisa, che, oltre ad aver tradotto il testo di Al Smith, indossa i panni di tre donne completamente diverse sia di età che di estrazione sociale. Prostituta, figlia adolescente, moglie-e-madre in carriera, passa dalla sensualità alla disillusione con grande credibilità. Smarca e cesella i tre personaggi con una recitazione tagliente, una prova di teatro molto rischiosa perché difficile, ma la Spina ci riesce in modo perfetto.

La regia di Stefano Patti ha curato molto i dettagli. Bellissima l’incursione di brevi video in bianco e nero proiettati sul bancone della cucina ad ogni cambio di quadro. Senza dubbio una delle tante finezze. La sua mano ha guidato i due attori in questa inusuale messinscena, lo si evince dai movimenti ragionati, dalle indicazioni stilistiche. Li ha illuminati con luci fredde, per inquietare di più man a mano che le scandalose verità di Patrick vengono a galla, una scelta mirata ed efficace che attraverso l’occhio arriva direttamente a coinvolgere lo stato d’animo dello spettatore.

Uno spettacolo struggente e interessante, alleggerito di tanto in tanto da uno humor pungente e “very british”, che scandaglia i segreti più inconfessabili e le strane evoluzioni che i rapporti famigliari riescono talvolta a raggiungere. Un’intricata polveriera di emozioni e sorprese dove non si indaga solo su un padre mostro e i suoi deplorevoli appetiti. Il punto centrale della messinscena non è su ciò che accade, piuttosto sul quel che non avviene all’interno di un matrimonio quando gli anni fanno evaporare i sentimenti e l’attrazione fisica.  Le cose non dette, le abitudini, i risvegli della coscienza sono tutti elementi che tessono la trama di una vita intera ed Al Smith li mette a disposizione in questo spettacolo tutto da godere.

Info:

HARROGATE di Al Smith
con Marco Quaglia e Alice Spisa
regia Stefano Patti
traduzione Alice Spisa
luci Paride Donatelli
scene Daniela Patti
musiche originali Virginia Quaranta
aiuto regia Cristiano Demurtas
assistente volontario Mattia Sonnino

Argot Produzioni in collaborazione con 369gradi
un ringraziamento speciale a Ferruccio Ferrante e Andrea Monti del Teatro Nuovo San Paolo

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