HARROGATE @ Teatro Argot Studio: un dramma su ciಠche perdiamo

Harrogate è una nota città termale inglese, situata nello Yorkshire e ricca di parchi e viali alberati. È un luogo apparentemente ideale che Al Smith, autore inglese, usa per segnare definitivamente la rottura di un rapporto, la fine traumatica di un immaginario. Lo spettacolo è in scena al teatro Argot fino al 17 novembre!

HARROGATE: la trama, un dramma della coscienza

Protagonista è un uomo, interpretato da Marco Quaglia, chiuso nella sua cucina, apparentemente immobile ma con un fremito interiore che fin da subito sembra sconvolgerlo e spezzarlo. Accanto a Lui, appaiono una dietro l’altra tre figure femminili, affidate ad Alice Spisa, che cura anche la traduzione del testo. Lui accoglie una donna che paga perché impersoni la figlia, poi la figlia stessa, legata a lui da un affetto profondo e a tratti eccessivo, e infine la moglie, dottoressa del pronto soccorso che vorrebbe recuperare un rapporto trentennale che via via si è frantumato.

Sono tre blocchi scenici strutturati, monolitici che scavano nella psiche di Lui attraverso dialoghi serrati, silenzi, sospensioni e sguardi. A segnare il passaggio da un blocco a un altro è un video proiettato su uno schermo che sorregge il piano della cucina: un video in bianco e nero in cui una donna cammina su un lungomare, di spalle. Ne vediamo solo alcuni dettagli: i capelli scomposti dal vento, le dita che accarezzano un corrimano, un lieve accenno del viso. Solo al termine dello spettacolo, quando ormai tutto appare chiaro e i giochi sono svelati, la donna del video si gira e sorride in camera, rivelando di essere la stessa figura femminile che ha accompagnato lo spettatore per tutto il tempo attraverso le ossessioni di Lui. Perché Harrogate è un dramma della coscienza, in cui Al Smith non solo indaga il rapporto uomo / donna, ma scandaglia fino al fondo più oscuro l’anima del protagonista, i suoi istinti più vergognosi, i suoi desideri e le sue fantasie più riprovevoli. E lo fa attraverso una drammaturgia spezzata, elusiva, in cui le parole sembrano superflue talmente pesano i non detti e le sospensioni di senso.

HARROGATE: Alice Spisa in tre ruoli diversi, Marco Quaglia dall'essenzialità magnetica

Va per questo ampiamente elogiata l’interpretazione dei due attori. Alice Spisa è capace di modellare se stessa in tre ruoli diversi, rendendoli credibili e affascinanti. Sono tre ruoli complessi, perché portatori di verità opposte e di bisogni e urgenze da colmare che stridono fra loro. Se la prima donna, che appare con una divisa scolastica e tenta di accontentare Lui imitando la figlia, sembra leggera e indifferente, solo interessata al compenso, la Spisa poi riesce a cambiare totalmente registro, dando alla figlia la sfrontatezza dell’adolescenza che cela una fragilità dolorosa e impaurita di fronte a un padre sempre più possessivo e, infine, eccola comparire come la moglie, una donna adulta, dura, feroce apparentemente nel suo sarcasmo, ma desiderosa di recuperare il proprio marito non solo emotivamente ma anche sessualmente. Una donna che si scontra con le fantasie del marito e crolla in un dolore composto e implacabile.

Marco Quaglia ipnotizza lo spettatore con una essenzialità magnetica. Il suo lavoro sembra totalmente orientato a una costante sottrazione secondo la regola d’oro del “Less is more”. Pochi piccoli particolari, il movimento costante di un dito, il modo di sedersi o ripulire il piano con uno strofinaccio, il movimento della testa rendono immediato allo spettatore chi è questo personaggio, il mondo che gli ribolle dentro. Si percepisce fin da subito il suo desiderio di controllare, di possedere, ma anche lo strazio di sapere che crescendo ci si allontana dalle cose che amiamo, come afferma quasi all’inizio.

HARROGATE: la regia asciutta di Patti

La regia di Stefano Patti è asciutta, quasi chirurgica, tutta orientata a far vivere lo spettacolo attraverso pochi elementi così da rendere unico e centrale il confronto in atto fra i personaggi. Non è casuale la scelta di una scenografia semplice (un piano da cucina, due sgabelli, una scaffalatura sul fondo) e di un piano luci mai invasivo, ma anzi capace con accortezza di sottolineare l’atmosfera generale di sospensione che, sicuramente, è amplificata dalla scatola nera dell’Argot. Così, mentre la luce si affievolisce lasciando Lui ormai scoperto e inerme, si ha la sensazione di avere assistito a un sogno oscuro, che ha rivelato qualcosa che non dovrebbe nemmeno essere pensato.

Perché con Harrogate siamo costretti a ragionare sulla differenza fra amore e controllo, tema attuale in una Italia afflitta dai crimini di genere, su quanto brutale sia l’abbattimento e il senso di perdita per un passato forse felice, su quanta crudeltà ci sia in un presente non vissuto e forse non voluto.

HARROGATE

Di Al Smith

Con Marco Quaglia, Alice Spisa

Regia Stefano Patti

Traduzione Alice Spisa

Luci Paride Donatelli

Scene Daniela Patti

Musiche originali Virginia Quaranta

Aiuto regia Cristiano Demurtas

Argot Produzioni in collaborazione con 369gradi

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