HAPPY HOUR @ Teatro Fabbrichino: l’irriverenza di un cocktail

E’ in scena a Prato al Fabbrichino dal 30 al 4 Novembre HAPPY HOUR di Cristian Ceresoli per la regia di Simon Boberg e per la produzione di Frida Kahlo Productions, Teatro Metastasio, Teater Grob, Richard Jordan Production e Il Funaro. Prossimamente sarà a Roma negli spazi di Carrozzerie NOT dall’8 all’11 novembre 2018.

a cura di Michele D’Ambrosio

All’entrata nel piccolo ma grazioso spazio del Fabbrichino c’è tanta gente, e sembra non bastino neanche i posti a sedere. Si tratta di un pubblico abbastanza giovane rispetto a quello che siamo soliti trovare a teatro. In una scenografia scarna e completamente nera le uniche due figure ad attenderci sono Silvia Gallerano e Stefano Cenci vestiti solo con canottiera e pantaloncini colorati. Il rosso di Kerfuffle e il blu di sua sorella Ado sono gli unici colori a spiccare in un ambiente così asettico.

Si presentano al pubblico come due bambini di circa tredici anni e cominciano a raccontarci in che modo si svolge la loro vita in un luogo/non luogo che può essere tanto Milano quanto New York, piuttosto che Parigi o un altra città. Kerfuffle gioca a calcio per la gioia di papà e diventerà un bomber sia nel calcio che nelle masturbazioni. Ado ogni giovedì va a fare danza e comincia a fare provini e audizioni. Una storia di vita ‘normale’ come quella di tante altre famiglie dove mamma e papà sono una commessa e un impiegato che fanno sacrifici per veder realizzati i sogni dei propri figli. Unica regola: essere felici è obbligatorio.

Una bravissima Silvia Gallerano e uno strepitoso Stefano Cenci si destreggiano su una nera pedana raccontandoci con il corpo e con repentini cambiamenti di voce e toni la loro famiglia e quotidianità, spingendosi al confine tra realtà e fantasia con dialoghi dai toni anche psichedelici; è come se ad un certo punto vivessimo tutti in una realtà diversa da quella cui siamo abituati: è un mix che va dalle tinte più fosche di gusto kubrickiano di Arancia Meccanica, quando si crea la suspance e sale l’ansia, a “La Vita è bella” di Benigni, ovvero si ha la sensazione che, anche se il mondo fa schifo ed è cattivo, anche se non siamo nè belli nè forti e non abbiamo neanche il pene grande, andremo comunque tutti insieme in un altro posto a divertirci.

Anche il linguaggio assume tinte colorate e particolari passando da termini italiani a parole di provenienza straniera. Nello scorrere delle giornate tra impegni familiari e sportivi, con un infervorato e repentino cambiamento dei dialoghi, cambi di luce e con momenti di quasi religioso raccoglimento, Kerfuffle e Ado si affacciano alla finestra e ci sembra scorgano più che delle parate militari, delle sfilate di moda di Dolce & Gabbana (a cui è dedicato lo spettacolo) in cui ci sono uomini con uniformi griffate e piume e colori, che eseguono l’unico ordine di effettuare deportazioni di massa affinchè la gente possa godere della vita e difendere il proprio entusiasmo, come in un continuo happy hour a cui siamo inviatati anche noi spettatori. I due fratelli più volte fanno entrare il pubblico nella loro intimità, senza però mai invitarci realmente a partire con loro.

Sono tuttavia frequenti i riferimenti a “La Merda”, che ha riscosso un enorme successo e vinto numerosi premi. Silvia Gallerano, splendida interprete del succitato spettacolo, a volte sembra ricaderci fin troppo; come se ci trovassimo davanti ad un continuum dell’altro personaggio: nella descrizione del suo corpo, in particolar modo delle cosce, del sedere e del seno. A ricordarci che è un altro spettacolo ci pensa però Stefano Cenci, tipico adolescente preso dai turbamenti della classica età della pubertà. C’è da ricordare comunque che Cristian Ceresoli ha iniziato a scrivere Happy Hour nel 2007, ovvero cinque anni prima dal debutto di “La Merda”, tuttora in tour con più di cinquecento repliche in tutto il mondo e quindi forse “Happy Hour” rappresenta un’altra parte dello stesso disegno letterario e drammaturgico. Come “La Merda” utilizza un  linguaggio irriverente e cinico che rompe ogni schema a cui il teatro ci ha abituati e va oltre ogni definizione razionale o schematica. Rompe così tanto dalle atmosfere a cui siamo abituati, che pare rilegga la Storia: milioni di persone deportate, pur sempre con pigiami a righe, ma non da uomini in uniforme quanto da uomini piumati e griffati; deportati e costretti non al gas, bensì ad un continuo happy hour.

Info:
Happy Hour
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano e Stefano Cenci
regia Simon Boberg
sonorizzazioni Stefano Piro
la canzone Caracal è della dj Blue Cat

Teatro Fabbrichino, Prato
31 ottobre 2018

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