Prosegue la rassegna di MUTAVERSO TEATRO all’Auditorium Centro Sociale di via R. Cantarella, 22 a Salerno, che per il secondo appuntamento venerdì 2 febbraio ha proposto uno spettacolo dall’irriverente ironia realizzato da Dimitri Canessa, compagnia formata dalla regista Elisa Canessa e dagli interpreti Federico Dimitri e Francesco Manenti.
A Salerno si assiste a un nuovo successo di pubblico: dopo IL CANTICO DEI CANTICI tutto da ascoltare, per il secondo appuntamento di Mutaverso Teatro Vincenzo Albano affida agli spettatori una performance che invece è tutta da guardare con una concatenazione di gag e controgag che fanno sorridere seppure con un retrogusto amaro.
Utilizzando l’ingresso principale dell’Auditorium, attraversando una platea colta di sorpresa, fa la sua comparsa il primo dei due performer in un costume da bagno rosso: al ritmo definito di un metronomo nella sua mise estiva -a cui poco si addicono le pesanti giacche degli spettatori- sfila per noi senza pudore né esitazioni, ostentando una sicurezza che ricorda la migliore propaganda di regime. Ma ben presto l’attore trova il modo di andare sul pubblico: scanditi sempre i passi dal ritmo cadenzato, percorre la scena fin dietro l’armadio découpage a due ante -unico elemento che si staglia sul fondo nero del palcoscenico- scomparendo alla vista del pubblico il tempo necessario per permettere l’entrata in scena dall’altro performer, sempre in costume da bagno, ma stavolta a fantasia. Il pubblico sorride: è conquistato.
L’armadio suggerisce un interno ma si rivela polifunzionale: da sipario dietro cui nascondersi a porta da cui entrare o uscire o a cui bussare, da non-luogo in cui rinchiudersi a contenitore a cui attingere per gli accessori di scena: tappetini da palestra, accappatoi, cuffie e occhialini da piscina, bottiglie d’acqua. Altri oggetti ancora – come nastri adesivi, un microfono con cavo, un telo di plastica su cui scivolare con della schiuma da barba- vengono impiegati con risoluzione dai due due comici silenziosi ma gli strumenti principali restano inesorabilmente i loro corpi: illuminati dalle luci bianche e rosse dell’americana di Marco Oliani, gli atteggiamenti e le pose sono autentiche e mai per tirare l’applauso, le azioni sceniche sono rigorose e puntuali, occupano lo spazio con disinvoltura.
Federico Dimitri e Francesco Manenti rappresentano l’uomo nella sua indole agonistica: «la performance artistica è metaforicamente tradotta con la prestazione sportiva», asserisce la compagnia. Lasciar intravedere una spalla da un accappatoio con uno sguardo fintamente lascivo fa scaturire più applausi: non è forse vero che gli apprezzamenti sono direttamente proporzionali ai centimetri di pelle in mostra? Per far in modo che tutto sia più accattivante e seducente, ciascuno può mentire, lasciando indietro la propria essenza di uomo, e trasformarsi nell’immagine di sé stesso che vuole percepiscano gli altri. In questi fotogrammi di una vita che non ci appartiene ma da cui siamo trascinati, a che a cosa serve la parola se non per burlarsi?
Abdicando all’espressione orale quasi del tutto, i due interpreti tendono un filo rosso con il cinema comico muto, aggrappandosi alle dinamiche dei cartoni animati e del cabaret. Privilegiando gesti e pantomime, i due novelli clown riescono a creare una comicità visuale da narratori visivi del cinema pre-sonoro utilizzando prettamente il linguaggio del corpo.
Lo spettacolo –Finalista Premio In-Box 2017 e Selezione Visionari Kilowatt Festival 2017– dispiega la sua ironia dissacratoria in un crescendo di colori fino a toccare le tinte forti, come in un climax ascendente, che trova sfogo nel divertimento del pubblico che si impegna per capire come stiano realizzando questi sketch in modo così autentico sotto i loro occhi. Nel suo peculiare hic et nunc il pubblico del teatro ha un solo punto di vista: quello che gode dalla sua poltrona e che lo rende complice delle gag che si verificano a discapito di uno dei due attori.
Per la regia di Elisa Canessa un’ode alla gioia creativa del teatro, che ritrova nel fare per davvero quello che viene mostrato l’unica strada per interrogare il pubblico: quanto di noi c’è in quella jacket dalla voce malinconica dimenticata nell’armadio?