GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA @Teatro Borsi: al centro torna la donna

Al Teatro Borsi di Prato, dove siamo tornati dopo oltre 5 anni, Valentina Valsania è Giovanna d’Arco su testo dell’autrice statunitense Carolyn Gage dal titolo GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA per la regia di Luchino Giordana ed Ester Tatangelo. Una drammaturgia contemporanea che vede tornare nel presente l’eroina francese per raccontarci la sua esperienza di donna in grado di sfidare un mondo patriarcale e maschilista che non si è ancora dissolto dopo seicento anni. Protagonista è Jeanne, la vera Giovanna, non più santa ed eroina ma donna che ha saputo spaventare potenti ed eserciti con passione, forza di volontà e un’indistruttibile resilienza.  

GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA: dal personaggio alla donna

GIOVANNA D’ARCO – foto di Angelo Maggio

La storia ce l’ha presentata come quella pulzella d’Orleans, quasi una mistica per i santi che spesso le sussurrano nell’orecchio, alla quale a volte è dedicato solo un breve specchietto nei nostri sussidiari. Quella che potremmo definire una “informazione non essenziale” che in sede d’esame si può evitare di studiare tanto il professore non farà domande. Per non parlare della sua spettacolare condanna a morte sull’ardente pira che il Tribunale dell’Inquisizione le ha riservato prima della riabilitazione ecclesiastica 20 anni dopo con la proclamazione della sua santità. La stessa Storia però non si è mai preoccupata di ascoltare la sua voce, lasciando che fossero gli uomini a tramandarla fino a ridurla ad informazione non essenziale. Carolyn Gage ci dà finalmente la possibilità di restare in ascolto, di leggere l’altra faccia della medaglia, di immergerci dentro la vera Giovanna. Sul palco quindi non ci sarà la pulzella ma Jeanne Romée, finalmente sarà lei a rimettere la propria vita al centro della cornice, dal personaggio alla donna.  

GIOVANNA D’ARCO: la voce alla protagonista

In un brillante abito rosso entrano in scena la femminilità ed il martirio nel corpo e nelle sembianze di Valentina Valsania. I neon su aste verticali tutti intorno a lei delimitano, imprigionano ma sacralizzano. Menhir postmodernisti di un naos in cui si celebrano gioie, dolori e angosce, offerte sacrificali sull’ara del maschilismo e del dogmatismo in grado di trasformare il tempio in un carcere, fisico e morale. Il destino non può più essere cambiato ma è finalmente arrivato il momento di liberarsi del personaggio, di arrogarsi il diritto alla parola, è giunto il momento di prendersi il microfono. E Jeanne lo fa: dopo essersi aggirata silenziosamente per cercare in quei due sacchi al centro l’abito giusto, quello che finalmente non la presenti come colei che non è, remissiva e sessualmente disponibile all’occorrenza, lei si spoglia per lasciare quell’abito rosso appeso in scena, spauracchio di come il mondo l’avrebbe voluta, contronatura. Riconquistata la sua identità, in abiti sportivi da arrampicata, inizia il racconto da quel microfono che tiene in mano con bramosia di riscatto, cercato e ritrovato a più riprese nel corso della rappresentazione.

L’apparato registico e fonico in GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA

GIOVANNA D’ARCO – foto di scena di Angelo Maggio

La guerra contro gli atavici nemici inglesi e i loro alleati interni, l’incoronazione a Reims di Re Carlo VII, e poi l’inferno: prima la prigionia, sotto stretta sorveglianza, poi il processo inquisitorio dove viene condannata  per quelle sue voci blasfeme, per l’abbigliamento e per il, paradossale, mancato rispetto verso i genitori, quindi l’abiura e infine il rogo per non aver mantenuto la sua ultima promessa, ricattata dai suoi stessi carcerieri: non vestirsi più da uomo. Ogni passaggio viene scandito sul palco con una variegata tavolozza di sentimenti che si alternano, si mescolano fino a fondersi ed assumere le sembianze profondamente umane di Jeanne. La Valsania domina la scena con padronanza occupando lo spazio, quasi un leone in gabbia che ha desiderio di ruggire e attaccare, sempre con lo sguardo sfidante, rabbioso, vendicativo rivolto a noi che siamo i suoi interlocutori diretti. E’ lei che ha il controllo, spingendosi a fare cenni in diretta al fonico per la tempistica dei suoni e delle musiche (a cura di Arturo Annecchino). Non manca nemmeno uno scaleo che le permetterà più volte di intervenire su quel faro “difettoso”, unica voce “contro” che si permette di rumoreggiare, azzardando un contraddittorio. Ma per lui non c’è spazio: Jeanne sale su quella scala e quasi sembra spaventarlo, arrivando persino a coprirlo con un filtro più scuro per ridurre il suo contributo luminoso e portarlo sui colori dell’arancione, più consoni nel momento del tramonto. Tramonto di un’epopea ma non della donna.   

Riflessione sulla donna in GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA

Il racconto di Jeanne si accompagna ad un’ampia riflessione sul ruolo femminile nella società fino ad oggi: la protagonista non risparmia allusioni all’attualità, non direttamente nei fatti ma nelle considerazioni sulla percepita inopportunità di essere una donna fuori dagli schemi, che rigetta lo stigma sociale, imposto in primis dall’abito che “deve” indossare. Sarà proprio quando prometterà di non vestirsi più da uomo, rinunciando alla propria natura, che risulterà vulnerabile: dopo lo stupro in cella le saranno vietati gli abiti femminili e per il freddo deciderà di rimettere quell’abbigliamento “non consono”, pretesto per la condanna che le sarà fatale. Non tanto gli inglesi quanto lei era la vera nemica, capace di scardinare un sistema di convenzioni e quindi profondamente pericolosa: da eroina ad eretica, più forte di un esercito ma soprattutto colpevole di essere donna (“il nostro crimine è il nostro sesso”).

l’ Interpretazione di valentina valsania

Con la sua snella fisicità, Valentina Valsania è animale da palcoscenico perfetto per interpretare il ruolo di colei che “non sono riusciti a far morir di fame perché aveva imparato a non mangiare”. A sottolineare questo aspetto l’impianto luci (a cura di Diego Labonia) che, soprattutto nei momenti finali della vita di Jeanne, hanno egregiamente evidenziato l’emaciazione della protagonista con le ombre che si incuneano nelle pieghe di un volto dallo sguardo indomito nonostante le sofferenze fisiche. Con la modulazione della voce e il pieno possesso dello spazio scenico, la Valsania ha saputo dipingere un ritratto profondamente umano di un’eroina, un’eretica, una mistica forse, che però chiedeva al mondo solo di vivere liberamente il suo modo di essere, secondo le proprie ambizioni ed aspirazioni. Fino all’ultimo la protagonista non smette mai di pretendere la scena, pulpito dal quale può finalmente gridare, a tratti letteralmente, il proprio orgoglio. Un’occasione privilegiata che la drammaturgia le ha concesso e che non va sprecata.

GIOVANNA D’ARCO alla ricerca dell’amore nel mondo sbagliato

GIOVANNA D’ARCO – foto di scena di Angelo Maggio

Quando sul finale giunge il momento della condanna al rogo, oramai il pubblico è totalmente avvolto dalle emozioni così come le fiamme stanno straziando il corpo della ragazza, il cui crepitio è riprodotto da una semplice pellicola di plastica – efficace trovata scenica – manovrata direttamente dalla Valsania durante il racconto. E qui ancora la drammaturgia fa sentire la sua potenza immaginifica: la rabbia sopita fino ad oggi lascia spazio ai toni imploranti e umani, di un’umanità profonda, carnale, quella di una donna che per anni ha ricercato l’amore nel mondo degli uomini senza accorgersi di averlo già trovato tra le braccia di quella amica intima, Oviette, che testimonierà a favore della sua riabilitazione. Tutto l’ardore con cui Jeanne è diventata Giovanna non era altro che una lotta intestina con i propri sentimenti, rinnegati per anni fino a togliere la cornice dalla propria vita per inquadrare quella dell’eroina santa. Un inno all’autodeterminazione, femminile e non solo, e all’accettazione di sé con onestà e coraggio in un testo che smaschera la misoginia maschilista, celebra l’orgoglio femminile e grida al mondo contemporaneo l’urgenza di uguaglianza che, specialmente in certe aree del mondo, è diritto quotidianamente calpestato.   

Visto l’11 marzo 2023 al Teatro Borsi, Prato

GIOVANNA D’ARCO – LA RIVOLTA

di Carolyn Gage
traduzione Edy Quaggio
con Valentina Valsania
regia Luchino Giordana ed Ester Tatangelo
assistente  alla regia Giulia Cosentino
musiche Arturo Annecchino
light designer Diego Labonia
scene Francesco Ghisu
costumi Ilaria Capanna
video  post produzione Michele Bevilacqua
foto di scena Angelo Maggio
ufficio stampa Francesca Melucci
compagnia pupilunari produzione Hermit Crab

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