A confronto al Teatro Magnolfi il primo e l’ultimo dei lavori di Tindaro Granata: ANTROPOLAROID e GEPPETTO&GEPPETTO per la Fondazione Teatro Metastasio, in scena fino al 21 gennaio un “focus d’autore” sull’artista, che si intratterrà con il pubblico nel salottino del Teatro Magnolfi anche per le “piacevoli conversazioni” ovvero informali chiacchierate sul tema della famiglia. Granata, drammaturgo e attore siciliano, che ha iniziato a calcare le scene con Massimo Ranieri nel 2002, nella sua carriera è stato vincitore di vari riconoscimenti tra cui il Premio “Mariangela Melato” I edizione come attore emergente e il Premio UBU 2016 per il Miglior progetto o novità drammaturgica con Geppetto&Geppetto. Gufetto propone una riflessione a quattro mani su come lo sguardo dell’artista sulla società contemporanea si sia evoluto nel tempo.
a cura di Leonardo Favilli e Giulio Meoni, redazione Gufetto Firenze
La storia di una coppia gay che decide di costruirsi un figlio, affidandosi al cosiddetto utero in affitto, è la protagonista di GEPPETTO&GEPPETTO, con tutti i risvolti sociali e psicologici che una tale scelta comporta nel nostro paese. Dall’altra parte ANTROPOLAROID, uno spaccato sulle vicissitudini della famiglia Granata, filtrate attraverso gli sguardi dei protagonisti e le istantanee emerse dalla memoria.
Due spettacoli dall’impostazione scenica tecnicamente diversa, ma accomunati da un unico grande tema: Famiglia. Una visione antropologica quella di Tindaro Granata sull’evoluzione: partendo dalle origini ataviche della propria famiglia fino ad arrivare alle declinazioni contemporanee più complesse che ci costringono ad affrontare l’urgente questione dell’omogenitorialità. Un’analisi che viene sviluppata tenendo conto di come la società nella quale cresciamo può forgiare la nostra forma mentis e determinare il nostro futuro percorso di vita, dal quale ogni possibile deviazione è osteggiata dalla società. E’ quest’ultima infatti che si autoimpone delle leggi per cui “chi nasce pescatore, muore pescatore”. Laddove, invece, l’uomo sceglie di affidarsi alle leggi di natura, si prefigura un tentativo di rottura degli schemi che rischia di condurre verso un’emancipazione tale da sovvertire un ordine precostituito e considerato fondamentale per il mantenimento del sistema. Pertanto, in una visione darwiniana, le leggi di natura implicano che un processo di miglioramento sia sempre e comunque basato sull’evoluzione, nella quale la diversità è una ricchezza da valorizzare. Ecco perciò che affrontare le dinamiche di una famiglia come quella di Luca e Toni, che sono entrambi padri di Matteo in GEPPETTO&GEPPETTO, vale la pena nonostante gli ostacoli e le resistenze. Una madre che ha accettato l’omosessualità del figlio, ma non concepisce che un bambino non abbia una madre; un’amica che sostiene la scelta, ma esprime mille perplessità; la legge nazionale che non ammette l’esistenza di due padri e richiede l’intervento dei servizi sociali in caso di morte del padre biologico. Allo stesso modo con ANTROPOLAROID, Tindaro Granata ha rappresentato per la sua famiglia il punto di rottura nel ciclo atavico per cui ogni membro ha già un percorso tracciato dal quale non è consentito deviare. Infatti nel susseguirsi degli eventi, lui decide di intraprendere la carriera dell’attore, malgrado l’opposizione dei genitori che non considerano quello come un vero “mestiere” poiché: “i maschi hanno da travagliare al mare o in campagna”.
La potenza del messaggio in entrambi gli spettacoli è amplificata grazie alla chiave di leggerezza che Granata adotta di fronte alla drammaticità dei soggetti. Una leggerezza da non confondere con superficialità ma, anzi, con la consapevolezza che tali dinamiche fanno inevitabilmente parte delle vite di ognuno: la leggerezza è un ingrediente immancabile per affrontare quella sofferenza che serve per raggiungere fortuna e bellezza. Un’ambizione, questa, che è stampata dentro ognuno di noi perché “le cose belle non finiscono”. Tornano perciò alla mente l’episodio del colloquio in agenzia per valutare l’idoneità della coppia di GEPPETTO&GEPPETTO e quello della moglie vedova, bisnonna del protagonista, in ANTROPOLAROID. Nel primo a provocare ilarità sono le dinamiche intime della coppia, messe a nudo in un momento particolarmente carico di tensione e decisivo per la realizzazione del loro sogno; nel secondo è la sequela di ingiurie e di sputi che la donna rivolge al marito, ormai sepolto, per averla abbandonata così giovane con 6 figli di cui uno in arrivo. A completamento, e quasi con una funzione propedeutica, aleggia in entrambi gli spettacoli una dimensione fiabesca che tradisce, insieme alla lingua utilizzata, l’origine siciliana dell’artista. Essa stessa ricopre un ruolo centrale sottolineando il provincialismo mentale in cui le vicende si sviluppano, che impedisce di comprendere come certi meccanismi risulterebbero naturali, se si seguisse l’unica vera legge: quella dell’amore. Granata lascia che sia proprio il suo personaggio in GEPPETTO&GEPPETTO ad esprimersi con la simbolica frase “Se ci sarebbe più amore…”.
Aver assistito alle due messe in scena a soli due giorni di distanza ci ha permesso di comparare le capacità interpretative di Granata in due modalità sceniche molto diverse. In ANTROPOLAROID l’attore padroneggia il palcoscenico, dando vita ogni volta ad un diverso personaggio in un continuo e talvolta plurimo dialogo, arricchito dall’uso abilissimo della fisicità, della voce e del gesto. Lo spettatore è così accompagnato per mano attraverso le vicissitudini della famiglia, senza perdere mai l’orientamento; tanto che, sedia e lampadina, unici elementi scenici insieme ad un lenzuolo bianco, si trasformano all’improvviso in un personaggio, immediatamente riconoscibile, grazie alla capacità che Granata dimostra di interagire con la scenografia. Nonostante l’evidente abilità dell’artista di sostenere in totale autonomia uno spettacolo, è stato particolarmente apprezzato come, in GEPPETTO&GEPPETTO, si sia messo a disposizione degli altri attori, che condividono con lui il palcoscenico, funzionalmente alle necessità del testo, in una messa in scena corale, nella quale ogni attore si è potuto esprimere nel rispetto del proprio personaggio. E’ perciò che spiccano particolarmente le prestazioni di Paolo Li Volsi e di Angelo Di Genio, rispettivamente padre biologico e figlio, i quali hanno dimostrato di rappresentare con sensibilità e capacità i risvolti morali e psicologici dei loro ruoli. La delicatezza con cui Toni (Paolo Li Volsi) cerca di avvisare il figlio Matteo (Angelo Di Genio) che sta per andarsene (per malattia), costituisce uno dei momenti più intimi e intensi dello spettacolo. Lo stesso caratterizza la scena finale in cui Matteo corre al capezzale di Luca (Tindaro Granata), l’altro padre, infartuato, con capacità di modulare voce e mimica facciale, da notare fin dalla prima fase infantile. Da segnalare anche le buone prestazioni delle attrici Alessia Bellotto e Roberta Rosignoli, rispettivamente l’amica Franca e la madre di Toni, che hanno saputo rappresentare con incisività il pensiero comune, grazie ad un attento lavoro di scrittura. Infatti Granata mette in bocca all’amica di famiglia, tutte battute estrapolate da quanto ascoltato dal vivo tra la gente. Complessivamente buone anche le performance di Lucia Rea, maestra prima e figlia di Franca poi, e di Carlo Guasconi, l’amico Walter. In generale una prestazione attoriale di gruppo molto equilibrata, mai sopra le righe e molto ben diretta in cui ogni ingrediente risulta funzionale allo sviluppo delle vicende.
In definitiva quello di Tindaro Granata è stato un percorso antropologico che lascia lo spettatore in preda a mille domande e mille risposte, non facilmente collegabili le une alle altre, ma tutte intente a farlo riflettere e a ritrovare quanto più possibile della propria esperienza personale. E la potenza del messaggio dei due spettacoli, si ritrova anche in questo: qualunque sia il soggetto rappresentato, seppur molto distante dal proprio vissuto, i risvolti psicologici, umani e morali, sono universali e coinvolgono ognuno dei presenti, lasciandolo commosso e talvolta nudo di fronte alla schiacciante verità.
Quello che il regista e drammaturgo siciliano riesce a regalare è il teatro della Vita, quella autentica, quella fatta di sofferenza, che deve condurci, sempre e comunque, a quella bellezza che, lei sola, ci sopravvivrà.
Info:
ANTROPOLAROID
di e con TINDARO GRANATA
disegno luci Matteo Crespi
suoni e luci Cristiano Cramerotti
allestimento Margherita Baldoni e Guido Buganza
produzione Proxima Res
organizzazione/distribuzione Paola Binetti
Per la sua originalità e l’innovazione che rappresenta per la scena teatrale italiana, lo spettacolo vince:
– Premio della giuria popolare della “Borsa Teatrale Anna Pancirolli”
– Premio ANCT dell’Associazione Nazionale dei Critici nel 2011
– Premio Fersen in qualità di “Attore Creativo” nel 2012
– A Tindaro è stato assegnato il Premio Mariangela Melato 2013 prima edizione – Attore emergente
Teatro Magnolfi, Prato
14 gennaio 2018
GEPPETTO e GEPPETTO
scritto e diretto da TINDARO GRANATA
con Alessia Bellotto, Angelo Di Genio,
Tindaro Granata, Carlo Guasconi, Paolo Li Volsi, Lucia Rea, Roberta Rosignoli
regista assistente Francesca Porrini
allestimento Margherita Baldoni
luci e suoni Cristiano Cramerotti
movimenti di scena Micaela Sapienza
coproduzione Teatro Stabile di Genova, Festival delle Colline Torinesi, Proxima Res
si ringrazia la Rassegna Garofano Verde – XXII edizione Roma
– Premio UBU 2016 – Miglior progetto o novità drammaturgica
– Premio Hystrio Twister 2017
– Premio Nazionale Franco Enriquez 2017 – Città di Sirolo XIII ed. – Teatro Contemporaneo, sezione Autori, Registi, Attori
– Angelo Di Genio ha vinto il Premio ANCT 2016 per l’interpretazione del figlio Matteo
Teatro Magnolfi, Prato
12 gennaio 2018
foto Antropolaroid di Manuela Giusto, foto di Geppetto&Geppetto di Andrea Macchia