FRIDA KAHLO@Teatro della Cometa, un ritratto in danza e parole

Al Teatro Cometa sta andando in scena fino al 28 febbraio, FRIDA KAHLO, per la regia di Alessandro Prete, con Alessia Navarro.
“Ogni dolore è passeggero, ma ogni gioia richiede l’eternità”. Queste sono le prime parole pronunciate da Alessia Navarro nei panni dell’artista messicana Frida Kahlo, che racchiudono in sé alcuni tra i temi più forti nella vita e nell’opera di questa donna straordinaria, che seppe creare la sua esistenza sulla nota insistente, assidua del proprio dolore fisico, che l’ha portata oggi a essere ricordata non solo per i suoi quadri meravigliosi, pregni allo stesso tempo di amore per i colori selvaggi, forti della vita e specchio duro, stoico della sua sofferenza. L’icona di una donna che, per vocazione e perché costretta dai limiti che la vita le aveva imposto, ha perseguito e amato quanto in lei sentiva come autentico: il suo corpo, i cicli naturali insiti in madre natura, gli animali, il suo amato Messico, l’amore quasi panteista che provava per suo marito, il muralista Diego Rivera.

Lo spettacolo presentato al Teatro della Cometa con la regia di Alessandro Prete è il tentativo di mettere in scena i diversi temi che attraversano l’opera della Kahlo tramite riusciti accostamenti, visivamente di grande effetto, tra alcuni dei quadri dell’artista, proiettati sullo sfondo, e le parole degli attori. Così il dipinto “La mia balia ed io” diventa una feritoia sul tema della maternità, tanto profondo, ma anche doloroso per Frida, e “Unos cuantos piquetitos”, dipinto ispirato a un femminicidio avvenuto all’epoca, è l’occasione per un accostamento tra la vicenda narrata e il travagliato amore tra la donna e Diego, ostinato fedifrago.
L’effetto nel suo complesso è quello di essere spettatori di un enorme libro pop-up, pieno di movimento, musica e colore, che vuole rendere omaggio all’artista, con potenti estratti dalla sua vita e dalla sua opera. Le colonne di luce e il sapiente uso dell’illuminotecnica sono decisamente una nota da fare per questo spettacolo, che ricrea in palco paesaggi domestici, dove si muove la protagonista, interpretata dalla Navarro, il suo alter ego Claudia Salvatore e Diego Rivera interpretato da Ivan Giambirtone, e paesaggi che rievocano la foresta, con l’aiuto delle note di Stefano Mainetti.

Peccato che la recitazione a volte abbia un carattere spiacevolmente molto didascalico, che per quanto possa esser interpretato come uno stile molto diffuso (quindi anche apprezzato) nel Teatro italiano, tende a impoverire la complessità dei personaggi imponendone tanto monoliticamente il “tipo”. Se a volte le uscite quasi di follia che vogliono rimarcare la sofferenza di Frida Kahlo risultano credibili, altre volte tendono a operare un’enfasi esagerata, molto distante dall’assenza di pietismo che è sprigionata dallo sguardo fiero e impassibile degli autoritratti dell’artista ma anche dalle lettere che ci ha lasciato.

L’idea di inserire delle scene danzate nello spettacolo è valida perché pare rievocare il segno vivo dell’arte di Frida Kahlo in assenza del suo gesto pittorico che naturalmente non può essere presente in scena. La preparazione tecnica e l’atleticità della ballerina Giulia Barbone però, nonostante la bella presenza scenica, non sono accostate a una guida di regia che sia riuscita a intrecciare meglio le scene di recitazione vera e propria con quelle di danza, con il risultato di farle assumere il ruolo di stacco o di intermezzo piuttosto che di parte della narrazione.

Nel complesso lo spettacolo costituisce uno strumento valido per avere una panoramica sulla complessa biografia di Frida Kahlo per chi non la conoscesse, anche se alcuni elementi potrebbero essere devianti: ad esempio, quando la protagonista accusa Diego di essersi reso colpevole di un terribile incidente conducendo da ubriaco la macchina, che le sarebbe costata l’immobilità sulla sedia a rotelle, la figura dell’uomo viene tratteggiata abbastanza negativamente, fatto comprensibile; tuttavia, non facendo emergere i tratti del carattere che lo hanno reso un personaggio “storico”, si rischia di mandare a casa il pubblico chiedendosi se esista un motivo per cui non dovrebbe considerare la pittrice una folle autolesionista ad averlo tanto amato.
Forse si voleva dare una lettura metaforica di quell’ “incidente” che fu Diego per Frida, come lei stessa scrisse, ma in realtà il riferimento risulta abbastanza ambiguo, poiché si tratta dell’unico punto dello spettacolo in cui viene citata l’origine dei mali fisici di Frida, che derivano, invece, da un terribile incidente stradale che la segnò per sempre quando era molto giovane.

Forse il rapporto esplorato nel modo più riuscito è stato quello tra l’artista e la Morte, personificata da Claudia Salvatore. Un “rapporto” perché la morte effettivamente è stata una presenza temuta, invocata, schivata ma sempre stabile nella vita dell’artista, che ha saputo renderla una compagna, e ridere di essa al suo fianco.

Info:

16-28 FEBBRAIO 2016

ALESSIA NAVARRO
in
FRIDA KAHLO

IL RITRATTO DI UNA DONNA di A. Prete, I. Maltagliati, L. Setaccioli
con
Ivan Giambirtone, Claudia Salvatore, Giulia Barbone

Regia: Alessandro Prete
Musiche di Stefano Mainetti
Scenografie Video THE FAKE FACTORY
Sound Engineer Tiziano Stampete
Amministratore Antonio Cocciardi
Aiuto Regia Valentina Morgia
Costumi Gisa Rinaldi
Light Design Giuliano Terzoni
Scenografia Tecom
Realizzazione grafica Ince Media
Consulenza storica Silvia Cardi
Elettricista Stefano Meschini
Photo Azzurra Primavera

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