LETTERE A THEO @Teatro Borsi: Van Gogh, una vita fuori posto

A chiudere la stagione dello storico Teatro Borsi di Prato, che compie cent’anni di attività, lo spettacolo VINCENT VAN GOGH, LETTERE A THEO (già recensito al suo debutto romano nel 2017 da Gufetto) adattamento di Blas Roca Rey accompagnato in scena ai flauti dal M° Luciano Tristaino: un ritratto appassionato del tormentato pittore olandese, attraverso le parole scritte nelle centinaia di lettere all’adorato fratello Theo, che ripercorrono, come un diario, la vita e le inquiete vicende dell’artista, eternamente alla ricerca di un posto nel mondo, sia interiore sia di riconoscimento pubblico della sua arte, che avverrà solo postumo.

Van Gogh: la vita in un quadro

La sedia di Vincent Van Gogh (National Gallery, Londra)

Una sedia di legno vuota, icona di Van Gogh, attende l’ingresso, nella scena spoglia, di Rey-Vincent, preceduto dal soffio sottile di note del flauto traverso di Luciano Tristaino; si rivolge direttamente al pubblico, Vincent, in un appassionato lungo monologo, esattamente a centosettanta anni dalla nascita (30 marzo 1853), che fin da subito lo ha messo “fuori posto”, nato dopo l’omonimo fratello morto, caricato del senso di colpa del superstite. Un ritratto profondamente umano quello che propone Blas Roca Rey, carico di incertezze, malinconie e disperazione racchiuse in un’esistenza sempre in bilico tra l’immaginazione di un’arte visionaria e la rude materia del quotidiano, quel prosaico bisogno economico della sussistenza, che lo inchioda alla realtà ad ogni tentativo di spiccare il volo sulla tela. “Mi piace il cielo, il sole accecante, non sono sempre malinconico” ci rassicura Rey-Vincent, riuscendo ad essere a tratti anche autoironico e divertente, nella ricerca disperata e consapevole di una ragion d’essere, di una quiete interiore mai raggiunta, fino all’internamento forzato (o volontario come nel manicomio di Saint Remy nel sud della Francia), passando per le delusioni parigine, tra le invidie e l’ammirazione dei colleghi, l’entusiasmo per Anversa, la solitudine della Provenza, la follia indomabile del genio incompreso, fino alla sua prematura morte.

Un filo di pensieri e musica

Blas Roca Rey e Luciano Tristaino in una scena di LETTERE A THEO

Nelle parole scritte al fratello Theo, gallerista che si occupò sempre di lui e della vendita dei suoi quadri, unico vero e sincero legame e affetto, Vincent si confessa e si narra, dipinge con le parole la propria personale visione del mondo, quello stesso che lo ignora e lo rifiuta, che non sa accogliere le stranezze del suo carattere. Ne seguiamo il filo di pensieri, pieno di passione infuocata per l’arte e per la vita, carico della lotta continua contro la gabbia spaventosamente orribile che ti mura vivo, come un uccello che sbatte le ali contro le sbarre, mai arreso, mai domito, carico di una speranza incredula e tenera.

I flauti di Tristaino seguono il ritmo del monologo alternandosi con le parole di Blas Roca Rey, talvolta flebile segno sonoro che scorre intorno all’attore, con il musicista stesso che disegna nello spazio arabeschi ad accerchiare la sedia di Van Gogh; talvolta pennellate di suono che sembrano impastare le frasi come colori nella tavolozza dell’artista; e ancora in altri frammenti di lettere, la musica incalza la narrazione dei momenti più frenetici e forti, come i giorni ad Anversa, il tempo che precede il taglio dell’orecchio col rasoio o il tormento del manicomio.

Van Gogh: rapporto con la pittura

I mangiatori di patate (Vincent Van Gogh Museum, Amsterdam)

Caro Theo, l’arte è gelosa”. Tra le righe delle confessioni al fratello, troviamo tutta la poetica pittorica di Van Gogh, a cui si dedica completamente, con un lavoro persistente, un’osservazione continua, a scapito anche della propria salute: “pensavo che Van Gogh sarebbe impazzito o ci avrebbe superato tutti; mai avrei immaginato che avrebbe fatto entrambe le cose” dirà il pittore impressionista Pissarro. Nella figura e nel paesaggio esprime il dolore vero, spingendosi avanti, così avanti da essere troppo per il proprio tempo. La mente è attratta dalla sinfonia cromatica della Natura, come una forza irresistibile, in dialogo continuo con il reale per cogliere i sentimenti che suscita: la luminosità e la profondità del colore denso, del terreno marrone rossastro, chiaro e scuro, del nero delle ombre, il bagliore del sole, il verde brillante degli alberi, il cielo dietro di un grigio azzurro delicatissimo. Sembrano crearsi i famosi quadri di Van Gogh nelle parole dell’attore: la bianca cuffia di una donna colpita dalla luce, le mani che hanno zappato la terra protese sulla tavola, l’armonia rozza nell’infinita varietà dei colori del verde, del giallo, del marrone a comporre I mangiatori di patate. Le immagini dei quadri proiettati sulla parete del teatro, nei colori cobalto, carminio e smeraldo, si fondono con i movimenti sul palco in una danza tra luci e corpi estremamente suggestiva: la luce che si espande da I girasoli staglia l’ombra di Rey-Vincent sullo sfondo integrando il pittore stesso nelle proprie opere.

La notte stellata di VINCENT VAN GOGH

LETTERE A THEO, scena finale

Vincent Van Gogh nella vita ha sofferto e lottato molto più di altri, dissipato, malato, un vaso rotto, dalla cui cavità, escono come fiumi in piena, le visioni dell’artista, che supplica il mondo di lasciarlo dipingere, chiede di poter viaggiare nelle ombre e nelle profondità della propria forza creativa. Incompreso, rifiutato, diverso e allontanato dalla società, nell’altalena emotiva dell’isolamento manicomiale, dove gli impediscono perfino di dipingere, a causa delle sue crisi, vive rinchiuso nella solitudine. Negli ultimi anni e mesi, forse conscio del poco tempo che gli resta Van Gogh lavora ad un ritmo frenetico regalandoci le sue opere più note e tormentate, sempre meno aderenti al reale, ma incredibilmente vere. Blas Roca Rey giunge all’ultima dolorosa lettera da Auvers-sur-Oise liberando finalmente Vincent nelle pennellate vorticose del cielo carico di stelle: “io sono natura, arte e poesia e se questo non è abbastanza, ma cos’è abbastanza?”.

Trailer VINCENT VAN GOGH, LETTERE A THEO di Blas Roca Rey

Visto il 31 marzo 2023 al Teatro Borsi, Prato

VINCENT VAN GOGH, LETTERE A THEO

adattamento di Blas Roca Rey
ai flauti il M° Luciano Tristaino
una produzione Nutrimenti Terrestri

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