UNA TEMPESTA @Gorgona: sull’isola si compie la magia

Con UNA TEMPESTA si conclude presso la Colonia Penale Agricola dell’Isola di Gorgona la Trilogia del mare promossa, ideata e prodotta dal Teatro Popolare d’Arte di Lastra a Signa (Firenze) in collaborazione con la Casa di reclusione di Gorgona e la Regione Toscana nell’ambito del progetto Il Teatro del Mare. Grazie alla direzione musicale di Francesco Giorgi e alla collaborazione di Chiara Migliorini, Gianfranco Pedullà ha riportato in scena un gruppo di detenuti della casa circondariale ospitata sull’isola per un testo, quello dell’ultima opera di Shakespeare, che ha trovato in questo luogo un senso profondamente compiuto.

A cura di Alice Capozza e Leonardo Favilli

TEMPESTA: una trilogia esempio di impegno civile

Cast di UNA TEMPESTA
Cast di UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli

Il quieto incedere delle onde del mare tra gli scogli del piccolo molo dell’Isola di Gorgona, accompagna le suggestive parole del prologo di Prospero nella messa in scena di UNA TEMPESTA ultimo capitolo a compimento della trilogia, dopo ULISSE O I COLORI DELLA MENTE e METAMORFOSI (entrambi recensiti su Gufetto),  rinnovando l’ospitalità dell’isola carceraria per un ristretto numero di spettatori, incantati dalla magia del luogo – perfetto per l’ambientazione naturale di questo testo – e dalla potenza dei versi shakespeariani che risuonano con l’umanità e la generosità degli attori coinvolti. “Il teatro in carcere non è un genere, ma un luogo dove si genera teatro” afferma Gianfranco Pedullà, conduttore di questa significativa opportunità per pubblico e attori di mettersi in gioco, spogliarsi della proprie prigioni – sia quelle oggettivamente contingenti, sia quelle mentali di ognuno – per restituire la voce di un’isola dove possiamo “ritrovare noi stessi, laddove nessuno è padrone di sé”. Per tutta la rappresentazione dimentichiamo dove siamo, ci immergiamo nel sogno su un’isola magica di espiazione e perdono, per volare con gli spiriti di Ariel in cerca di libertà, tra la forza del vento e le onde del mare.

TEMPESTA: il sogno di Prospero

Prospero e Miranda, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli
Prospero e Miranda, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli

Il pubblico disposto sulla piccola spiaggia assiste al mare drammaturgicamente agitato dalla potente magia di Prospero, ornato di un mantello di stracci colorati e bacchetta di legno (costumi di Veronica Di Pietrantonio, scene di Giovanna Mastantuoni). L’acqua è percossa dal gruppo di spiriti, personificazione di Ariel, con fronde di palme battute a scandire il ritmo delle onde, mentre risuonano le grida concitate dei marinai in dialetto partenopeo “currite, currite, la nave si spacca, simm’ napulita!”. Lo spumeggiare marino che abbraccia una zattera rossa alla deriva, accompagna il racconto a Miranda dei ricordi di Prospero, del tempo in cui fu re e dei tradimenti fraterni. Saliamo le scale che portano alla terrazza affacciata sul mare, sotto i resti della villa romana, testimonianza di ancor più antichi abitanti dell’isola. Qui grida la sua ira la bestia Calibano, coperto di pelli di animali, mentre ‘picchia’ sulla batteria, recita e canta i versi de La Tempesta, le maledizioni che ha imparato a dire dai suoi carcerieri. Calibano, forse il personaggio più emblematico dell’opera, conosce l’isola che gli appartiene, ne ascolta “i sussurri, dolci suoni, rumori, armonie… a volte migliaia di strumenti che giungono alle orecchie”. Il pubblico è circondato e coinvolto dalle musiche originali di Francesco Giorgi che, in collaborazione con Pamela Cerchi, ha creato un vero e proprio immaginario sonoro affidato agli stessi attori, in scena o registrati, con armonie, percussioni, cori, tarantelle e vere e proprie canzoni. Cantano il proprio desiderio di libertà i marinai scampati al naufragio, tra un fiasco di vino e l’altro; cantano gli spiriti multiformi di Ariel nei voli leggeri; grida le colpe la corte del re di Napoli Alonso, ornata con regali gorgiere di cartapesta rosse. E’ approdata ignara del destino che Prospero, Ministro del Fato, le ha riservato su questa “isola del peccato, luogo di pena” per giungere al riscatto finale e al perdono. L’epilogo di Prospero, interamente registrato dallo stesso attore, risuona dal piccolo molo che si spinge sull’orizzonte dell’acqua; solo un tuffo lo separa dal mare sul quale resta sospeso, pronto a rinunciare al suo potere e a spezzare la bacchetta. Ad ogni passo di coscienza dei personaggi le parti registrate del testo aumentano, fino alle ultime battute di Prospero, che come una voce interiore ci rivela: “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”.

TEMPESTA: sull’isola il testo di Shakespeare diventa carne

Gli spiriti Ariel, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli
Gli spiriti Ariel, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli

Le parole dei personaggi sembrano nascere dalle viscere del mare che confina i detenuti, in un luogo dove l’archetipo dell’isolamento dal mondo diventa invece luogo per riconquistarlo in una condizione che è sospesa tra la detenzione e la libertà, proprio come il testo del Bardo in bilico tra la realtà storico-geografica e la spiritualità magica. Ogni parola pronunciata con la forza della vita vissuta viene amplificata: l’esilio di Prospero e Miranda, cacciati dalla propria terra, prigionieri di un’isola deserta, incarna simbolicamente la condizione di chi, per errori della vita, è escluso dalla collettività. La rabbia di Calibano, espressa con il battere veemente sui tamburi, restituisce con tutta l’efficacia del suono e del gesto, l’innato bisogno umano di esprimere se stessi. Anche l’innamoramento magico dei due giovani Miranda e Ferdinando ci libera dalla gabbia “con te anche in una simile prigione avrei abbastanza mondo”. Particolarmente riuscita è la figura di Ariel, spirito immateriale e multiforme, interpretato da Chiara Migliorini e altri sette attori vestiti di veli e reti di pescatori, che si muovono come un unico corpo fluido ma compatto, leggeri con ai polsi e alle caviglie conchiglie e nacchere. Le loro parole, in tutte le loro lingue, si librano nello spazio attraverso la brezza che a tratti ci allieta in questa calda giornata di inizio luglio. Non mancano le risate e l’ironia nei maldestri scherzi dei marinai Trinculo e Stefano, per i quali Pedullà attinge a piene mani dalla traduzione in napoletano di Eduardo De Filippo del testo originario, su cui gli attori hanno avuto modo di inserire la propria indole comica di improvvisatori e di partenopei, accrescendone il divertimento. L’isola di Shakespeare che per la magia di Prospero, potrebbe trasformarsi in un girone infernale di vendetta, scioglie la rivalsa in perdono per il Re Alonso e per i traditori Antonio e Sebastiano, in una giustizia non violenta, che accoglie e abbraccia l’altro diverso da sé, fino alle famose parole di Gonzalo che sogna “se fossi il re di quest’isola ordinerei tutte le cose al rovescio”: un mondo senza prigioni, di rispetto e condivisione, senza fatica e senza guerra.

Dalla liberazione alla redenzione: la chiusura della Trilogia

Matrimonio di Miranda e Ferdinando, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli
Matrimonio di Miranda e Ferdinando, UNA TEMPESTA. Foto di Alessandro Botticelli

Il progetto drammaturgico che chiude la trilogia amplifica quel senso di compenetrazione tra due mondi (“le realtà si confondono così” dichiara uno degli attori) che il mare, naturale barriera tra “noi” e “loro”, oggi sembra avvicinare. E tutto avviene nella magia di un’isola, Gorgona, che incarna le parole del Bardo. “L’isola parla prima di tutti”: nelle parole del deus ex machina del progetto, Gianfranco Pedullà, si ritrova tutta l’importanza delle coincidenze. Infatti, se il Caso è il regista che incrocia, amalgama e dirige, serve anche una visione chiara, lungimirante come quella di Prospero su quel molo “magico”, per indirizzarlo: intessere un rapporto con i detenuti, saperne valorizzare i talenti, le passioni, le conoscenze, i vissuti talvolta, sono meriti che Pedullà e il suo gruppo possono vantare (anche se sappiamo che per modestia non lo faranno). Medaglie che noi, pubblico, appuntiamo sul loro petto. Quando quella gabbia di canne sorretta dagli Arieli intorno ai prigionieri di Prospero si ‘apre’ con la chiave del perdono, il cerchio aperto nel 2020 con ULISSE sembra chiudersi. Se Odisseo era riuscito a sfuggire alla brutalità di Polifemo e all’insidiosa malia di Circe, se Dafne era riuscita a sfuggire alle attenzioni di Apollo e Arianna alla solitudine dell’abbandono, in UNA TEMPESTA la liberazione diventa redenzione, intrisa di una spiritualità sacra che non è né dottrinale né tantomeno dogmatica. “Mi sono spogliato di quello che sono, non so come ci sono riuscito”. Non potremmo usare parole più efficaci di quelle di D., attore-detenuto, per ritrovare il senso di un percorso quadriennale tanto inclusivo quanto burrascoso, capace di superare le difficoltà di un tempo che a Gorgona si conta alla rovescia. Fino al momento in cui la gabbia di canne si aprirà anche per i suoi residenti.

Visto a Gorgona (LI) il 2 luglio 2023

UNA TEMPESTA

tratto da LA TEMPESTA di Shakespeare
Terzo episodio del TEATRO DEL MARE
un progetto di Gianfranco Pedullà
in collaborazione con la CASA DI RECLUSIONE DI GORGONA e REGIONE TOSCANA
in scena gli attori e i musicisti della Casa di reclusione di Gorgona
Insieme alle attrici Chiara Migliorini e Anita Donzellotti
Riduzione del testo e regia di Gianfranco Pedullà
Musiche di Francesco Giorgi
Collaborazione musicale Pamela Cerchi
Movimenti scenici di Chiara Migliorini
Scene di Giovanna Mastantuoni
Costumi di Veronica Di Pietrantonio
Foto di Alessandro Botticelli
Video marking Mattia Mura e Oliviero Tasselli
Organizzazione Biagioni Silvia e Vanessa Davini
Ufficio stampa Sara Bertolozzi

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