TOM À LA FERME debutta in lingua italiana in prima assoluta all’interno di Intercity Festival, appuntamento annuale ben noto del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino. Scritto da Michel Marc Bouchard e rappresentato con la regia di Dimitri Milopulos, lo spettacolo affronta non solo il dramma della perdita di una persona amata ma anche e soprattutto il più ampio tema della discriminazione verso gli omosessuali da parte della società e purtroppo anche della famiglia stessa.
A cura di Federica Murolo e Michele D’Ambrosio – Gufetto Firenze
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LA STORIA DI TOM À LA FERME

A far da cornice all’iniziale angoscia di Tom À la Ferme (debuttato in italiano per la prima volta in assoluto al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, all’interno della rassegna Intercity), una scrosciante pioggia incorniciata in una Firenze tipicamente autunnale. Un pubblico molto vario e pochi elementi caratterizzanti sul palco attendono lo spettatore che da subito vive la dicotomia interiore del protagonista: tornare a sé o andare, viverla come un’ossessione e non saper che fare. Quando si perde improvvisamente una persona amata, una delle reazioni più istintive è quella di cercare conforto in chi quella persona la conosceva bene, come un genitore, un fratello o un amico stretto, per poterne condividere insieme il ricordo e tentare così di sopravvivere al dolore. E’ ciò che fa Tom, interpretato da Olmo De Martino, quando decide di andare alla fattoria della famiglia del suo fidanzato defunto, una dimora in piena campagna, un mondo nuovo, con i suoi codici e le sue regole ma dove “quando il cane abbaia, abbaia” , e pertanto estremamente lontana dalle regole di convivialità della città. Sarà Agathe (la suocera, una brava Giulia Weber) a convincere Tom a restare, in un groviglio di distanze che si accorciano, si distendono per poi riprendere il loro cammino.
IL DOPPIO DOLORE DI TOM À LA FERME
Il nostro protagonista si rende ben presto conto che la signora non è mai stata minimamente a conoscenza della sua relazione sentimentale con il figlio, né tantomento del suo orientamento sessuale. Solo Francis (Gabriele Giaffreda), il fratello del defunto, sa la verità, ma sa anche bene che la campagna non potrà mai accettare un simile affronto. E’ omofobo il fratello superstite ma dietro quell’omofobia è celato un evidente impulso sessuale nei confronti del bel Tom. Comincia un passo a due tra città e campagna, tra frocio e maschio, tra profumo e puzzo di vacca, un passo a due in cui spesso si scambiano i ruoli e gli odori, che ci tiene incollati fermamente alle poltrone in sala, in attesa di vedere il lieto fine di questa storia. Il dolore per la perdita dell’amato si somma dunque al dolore di dover essere costretto a nascondere la propria vera identità, annuendo alla figura di Helen (Sonia Remorini) – collega di Tom e ragazza di copertura del defunto, fortemente voluta a casa da Francis – e soccombendo così alla minaccia di quest’ultimo di non rivelare la verità per proteggere la madre da un ulteriore dolore. Ma la voglia di riscatto ed il desiderio di vivere alla luce del sole prenderanno il sopravvento: Tom lotterà contro il fratello per difendere la propria identità e quella del suo amato, fino al punto di compiere un gesto estremo.
LE SCELTE REGISTICHE DI TOM À LA FERME

Il tema della discriminazione sessuale viene messo in scena da Dimitri Milopulos in questo spettacolo ricco di pathos. La colonna sonora di My Immortal degli Evanescence accompagna in più scene i personaggi aggiungendo intensità a ciò che ci stanno raccontando. Luci mirate e calde cadono su ognuno rivelando le inevitabili debolezze di esseri umani e la scelta anche di non far mai uscire di scena gli attori ma semplicemente di silenziarli al cambio scena e posizionarli in fondo con le spalle al pubblico. Tutti questi fattori insieme, fanno sì che questo spettacolo sia letteralmente da amare. Le scenografie sono inoltre estremamente ben costruite per ricreare l’ambientazione di una fattoria di campagna: mobili semplici ed in legno quali un tavolo ed un letto, un pavimento in parte cotto ed in parte terra, due enormi pannelli che simboleggiano l’uscita sul retro della casa. Degne di particolare nota poi sono le scenografie finali, con una luna enorme e bellissima in sottofondo che accompagna il protagonista Tom nel momento più intenso dello spettacolo.
LA COMUNICAZIONE SUL PALCO E VERSO IL PUBBLICO
Ineccepibile inoltre la recitazione dei quattro attori che hanno mantenuto un ritmo alto e costante durante tutta l’ora e mezza di spettacolo. La sceneggiatura di Michel Marc Bouchard è infine sicuramente di esempio per come si possono portare sul palco temi drammatici quali il lutto, la libertà di espressione e la lotta per la propria identità, senza mai appesantire lo spettacolo. I linguaggi messi in scena sono completamente diversi: i personaggi non comunicano tra loro, per lo più fanno monologhi, pur restando però quasi sempre sul palco, e singolare è anche la scelta di far pronunciare agli attori piccole ma incisive battute comiche per smorzare il dramma.
L’AMORE DI TOM, MOTORE DELLA RESISTENZA
Lo spettacolo affronta il tema purtroppo ancora molto attuale della discriminazione nei confronti degli omosessuali, ed in senso più ampio della identità di genere. La storia di Tom è solo un esempio di come a volte siano gli stessi familiari a far sentire soli ed emarginati i propri cari per una scelta ed una natura non compresa. Tom invita a non arrendersi di fronte alle ottusità di chi ci sta intorno: costruirsi una identità finta e circondarsi di menzogne per la paura dell’abbandono non è, e non dovrebbe essere mai, una soluzione, perché ognuno ha il diritto di poter essere completamente se stesso e di poter essere amato così com’è.
Visto a Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino
24 e 25 settembre 2022
TOM À LA FERME
Di Michel Marc Bouchard
Scene, luci, costumi e regia Dimitri Milopulos
Con (in ordine di entrata) Olmo De Martino, Giulia Weber, Gabriele Giaffreda, Sonia Remorini
Traduzione Francesca Moccagatta
Coreografie Giuseppe Iacoi
Assistente alla regia Rebecca Corsini