IL RACCONTO DELL’ANCELLA @Teatro della Limonaia: nessuno si senta assolto

Interpretazione d’impatto quella di Viola Graziosi, protagonista de THE HANDSMAID’S TALE – IL RACCONTO DELL’ANCELLA per la regia di Graziano Piazza, in scena al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, all’interno di Intercity Festival 2022, che si cimenta con una storia divenuta vero cult di massa grazie al successo televisivo che, dopo il libro ed un film, le ha consegnato la serie omonima (in onda, in questi giorni le puntate della quinta e penultima stagione). La redazione fiorentina di Gufetto ha messo a confronto due sguardi diversi: quello di Federica Murolo, che ha assistito alla performance senza aver letto il libro né visto la serie, e quello di Sandra Balsimelli, appassionata di entrambi. Due approcci differenti che dimostrano la vitalità a tutto tondo di questo racconto doloroso di cui la restituzione teatrale ha reso piena e controversa testimonianza.

a cura di Federica Murolo e Sandra Balsimelli

IL RACCONTO DELL’ANCELLA: il colore del sangue

THE HANDMAID’S TALE – IL RACCONTO DELL’ANCELLA una scena

Federica Murolo – Assistere a THE HANDMAID’S TALE, non è stato banale, specialmente da donna, e ancora di più per chi come me non ha letto il libro né visto la serie tv e quindi si è trovata al primissimo impatto con questa storia. Viola Graziosi, sotto la regia di Graziano Piazza, ci fa immergere dentro la dimensione surreale e distopica creata dalla mente geniale di Margaret Atwood, e ci tiene con gli occhi incollati su di sé, unica protagonista. La accompagna la musica in sottofondo, imprescindibile cornice al suo racconto, e una luce calda che mai l’abbandona. L’attrice annuncia con un megafono l’inizio della storia. Si veste di rosso l’ancella, il colore del sangue, e si copre i lunghi capelli con una delle cuffiette bianche appese in alto sul palco per impedire di vedere e di essere vista. Questo è il codice di abbigliamento comune a tutte le donne che si ritrovano, senza accorgersene, nella dittatura di Galaad dove non hanno più alcuna forma di indipendenza ed il cui unico ruolo e scopo diventa quello riproduttivo, al totale servizio dell’uomo. Sono le figure delle zie e delle guardie (chiamate per ossimoro: angeli) a garantire il rispetto della legge. Ogni momento è regolamentato dalla nuova legge e tutto è concepito per dare la massima sicurezza nel muoversi in questo nuovo mondo. L’unico obiettivo che deve avere la donna è quello della procreazione, solo così il mondo potrà andare avanti: “siate feconde, moltiplicatevi e riempite la terra” è la preghiera che viene recitata più volte nell’arco della giornata. Al vertice di questa società ci sono i comandanti a cui a turno ogni ancella viene “sacrificata” in un atto puramente sessuale, senza amore né piacere, ma che non può essere nemmeno definito come stupro perché in fondo fa tutto parte della legalità. Chi non riesce a rimanere incinta rappresenta una delusione, diventa una non-donna. Chi dà alla luce la creatura, invece, può considerarsi soddisfatta, ma non potrà mai vedere il proprio bambino crescere perché ne sarà separata sin da subito al fine di garantire al nuovo arrivato l’educazione corretta.

IL RACCONTO DELL’ANCELLA: il dialogo con lo spettatore

Viola Graziosi in THE HANDMAID’S TALE – IL RACCONTO DELL’ANCELLA

Federica Murolo – Viola Graziosi racconta con estrema intensità ogni momento di vita dell’ancella, le differenze tra il prima ed il dopo, muovendosi in uno spazio scenico essenziale, con solo un cuscino ed un panchetto e circondata da tante scarpe volte a simboleggiare le altre donne con lei. Il suo monologo è in realtà un dialogo con lo spettatore: impossibile non sentire brividi sulla pelle e gli occhi gonfi di lacrime al solo pensiero che tutto ciò potrebbe accadere davvero. Perché la provocazione di questo racconto è fortissima: per quanto sia evidente che la società di Galaad sia in realtà il peggiore dei mondi possibili, tuttavia la donna non viene presentata mai come una vittima ma come parte di un volontario accordo in cui adesso tutto ha perfettamente senso. C’è una logica perversa che fa sembrare razionale l’irrazionale: se il mondo precedente era caratterizzato dalla “libertà di” per cui le donne potevano decidere come vestirsi, lavorare e relazionarsi con l’uomo, adesso invece si può celebrare finalmente un mondo fatto dalla “libertà da” per cui ci si libera dalle tentazioni meschine, dagli abusi sessuali e dagli insulti degli uomini. Un mondo dunque più controllato ed ordinato. Perché è stata semplicemente ripristinata la legge di natura. Ed è proprio a questo punto che l’attrice raggiunge l’apice del racconto con un’unica domanda rivolta al pubblico – “e l’amore dov’è?” –  come a farci risvegliare da un brutto sogno. Alla fine della rappresentazione, condividiamo tutti pienamente le parole di ringraziamento dell’attrice e del regista. Lo spettacolo è a tutti gli effetti un invito a porre più attenzione nelle nostre vite, a non dare mai niente per scontato, perché spesse volte i cambiamenti avvengono sotto i nostri occhi senza che nemmeno ce ne accorgiamo e solo quando improvvisamente ce ne rendiamo conto allora diventa davvero troppo tardi.

IL RACCONTO DELL’ANCELLA: un caso editoriale unico

Elisabeth Moss in una scena di The Handmaid’s Tale – la serie tv

Sandra Balsimelli – Anche per chi da anni  segue sullo schermo le vicende dolorose e sconcertanti di June Osborne, resa magistralmente da Elizabeth Moss in The Handmaid’s Tale, serie televisiva statunitense ideata da Bruce Miller e basata sull’omonimo romanzo pubblicato nel 1985 dalla visionaria e profetica Margaret Atwood, non è affatto semplice confrontarsi con le parole e le atmosfere evocate da Viola Graziosi. Certo la prima difficoltà è lo straniamento generato dall’aver interiorizzato una sinistra familiarità con i volti, le voci, i luoghi televisivi che è impossibile ritrovare nell’essenzialità scarna e dolorosa, intensa ma più unilaterale, meno tridimensionale del monologo teatrale. Dall’altra parte la parola nuda, il cono di luce asciutto sul corpo dell’attrice che non permette di fuggire con lo sguardo dal racconto, fedele alla virgola al testo scritto, colpisce con una quantità di sfumature, sapori, rotondità che l’essenza della vicenda appare ancora più urgente nella sua allucinante verosimiglianza distopica. Questa sfasatura, del resto, caratterizza fin dall’inizio la vicenda editoriale e cinematografica di una storia che ha impiegato tanti anni per esplodere nel pubblico di massa e rivelare il proprio attuale e inquietante contenuto. La scrittrice canadese iniziò a scrivere il romanzo nel 1984 – inquietante richiamo orwelliano. Nel 2017 Bruce Miller lancia una serie che ne riprende protagonisti e vicende, ma ambientandole nel terzo millennio, permettendoci di identificarci profondamente in un universo di violenza, pregiudizio, discriminazione di genere che, purtroppo, potrebbe davvero essere il nostro. Il successo della serie, dotata di ottimi attori e di una regia e scenografia che incolla magnetica allo schermo è tale da costringere l’autrice a scrivere un sequel, che diventa sceneggiatura per altre quattro stagioni e forse una quinta e ultima attesa per il 2024. Un caso editoriale unico in cui la potenza di una storia si impone sugli intenti originari di chi l’ha scritta tanto da spingere i lettori/spettatori a chiedere che si dia ancora voce a personaggi, evidentemente dotati di vita propria, forse perché archetipici portavoce di ossessioni che evidentemente non ci sono estranee.

IL RACCONTO DELL’ANCELLA: generi complementari

THE HANDSMAID’STALE, la serie tv

Sandra Balsimelli-Confrontare il romanzo, la sua rappresentazione televisiva e l’opera teatrale, o, peggio, ingaggiare una sterile battaglia su quale forma di narrazione sia preferibile, è un gioco possibile ma di breve e tiepida soddisfazione, perché la verità è che, almeno in questo caso, i tre generi sembrano necessari, complementari e in continuo dialogo tra di loro. Se il romanzo ci costringe a rivivere il punto di vista della protagonista come se fosse il nostro, magia insuperata e forse insuperabile della lettura silenziosa e solitaria, la serie tv ci permette di affrontare il tema scabroso da tutti i punti di vista, non solo quello delle vittime, ma anche quello dei carnefici e di superare l’ottica meramente di genere: donne e uomini appaiono schierati su entrambi i fronti, il confine tra i buoni e i cattivi è labile. La tridimensionalità dello schermo ci mostra come la luce e l’ombra coesistano e, senza buonismi o pessimismi di maniera, rende visibile speranze e oscurità, sfumature di tutti i personaggi, capaci di inferno e riscatto. Il teatro con l’attrice sola sul palco arriva alla fine di questo lungo viaggio, lo presuppone, lo asciuga, lo sposta dalla fruizione individuale e lo trasforma in occasione di condivisione, riflessione collettiva. Il monologo torna alla sospensione estrema delle parole del romanzo, scintille di luce in un buio assoluto, in cui stagliamo solo una delle prospettive possibili, ma arricchite dalla fisicità e dalla presenza di Viola Graziosi, che si lascia attraversare dall’orrore e dalla speranza lì davanti a noi, come a ricordarci di non autoassolverci con la complicità dello schermo a separarci dalla verità.

IL RACCONTO DELL’ANCELLA: nessuno si senta assolto

Sandra Balsimelli-L’odio e la violenza tra i sessi, la sacralità e animalità del parto e del ciclo mestruale, la lotta ingaggiata dal potere contro i corpi e la loro vitale irriducibilità a legge, lo stupro della Natura e la manipolazione in sua difesa, insomma i mali egoici di una civiltà sull’orlo di un baratro mai visto così da vicino, nel buio della platea, dove si condivide la tensione e il respiro trattenuto, diventano un problema di tutti, di tutta quell’agorà che solo la sala di un teatro sa essere oggi e che Viola Preziosi evoca chiedendoci di svegliarci dal sonno: il racconto dell’ancella è qui e riempie le cronache di paesi vicini e lontani, nessuno si senta assolto. Ci piacerebbe lo spazio di un dibattito, che ci ritrovasse uniti a condividere torti, ragioni, tabù, per ricostruire una rete di parole nuove che riuscissero a proteggerci o a mostrarci i nostri anticorpi, la nostra capacità di reazione. Ci piacerebbe, e magari lo metteremo in atto, anche perché Gilead o Galaad è più vicino di quanto sembri, con la sua ipnotica capacità di convincerci che non ci siano alternative possibili. Tutti coinvolti. Oggi più che mai.

visto il 16 ottobre 2022, Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino – Firenze

THE HANDMAID’S TALE – IL RACCONTO DELL’ANCELLA

tratto dal romanzo di Margaret Atwood
con Viola Graziosi
regia Graziano Piazza
traduzione Camillo Pennati
consulenza letteraria Loredana Lipperini
produzione Teatro della Città

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