THE APPROACH vs WITCH IS @Teatro della Limonaia e Teatro Goldoni: uno sguardo speculare sul mondo femminile

Un settembre all’insegna del femminile nel teatro fiorentino ci ha portato a vedere due spettacoli in prima assoluta, THE APPROACH, di Mark O’Rowe, per la regia di Andrea Macaluso, con Alessandra Bedino, Teresa Fallai, Giulia Weber, in scena dal 15 al 17 per Intercity Festival al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino e WITCH IS, progetto teatrale di Landi/Mignemi/Paris, in scena dal 19 al 20, al Teatro Goldoni di Firenze, all’Interno della rassegna del Teatro delle Donne, Le “streghe” di Avamposti Teatro Festival. Tre donne in entrambi gli spettacoli, tre narrazioni del femminile che gravitano intorno a temi comuni, letti dai due lati speculari e opposti della gabbia, in cui gli stereotipi sociali hanno relegato la donna. Mettiamo a confronto THE APPROACH vs WITCH IS.

THE APPROACH: maschere nude

Alessandra Bedino, Teresa Fallai, Giulia Weber in THE APPROACH
Alessandra Bedino, Teresa Fallai, Giulia Weber in THE APPROACH

Tre donne, interpretate con delicatezza e realismo da  Alessandra Bedino, Teresa Fallai, Giulia Weber, si alternano con voci esitanti in conversazioni  imbarazzate. I loro incontri scandiscono il tempo che passa, i corpi, tesi e controllati, si protendono con incertezza l’uno verso l’altro separati da un grande tavolo, unico oggetto di scena, zattera a cui aggrapparsi senza mai osare lo slancio di un abbraccio. Intuiamo dalle loro parole, piene di non detti e sospensioni, il divenire della loro relazione: due di loro sono sorelle, l’altra  una carissima amica. Il  terzetto ha condiviso, in un passato lontano, un momento di intimità profonda, come solo la sorellanza femminile sa fare, ricordare il quale permette l’unico momento di calore e luce nel loro incontro. Ma le tre donne si sono allontanate, separate da amori e tradimenti, da scelte sbagliate che hanno lasciato calare freddezza, equivoci, assenza; hanno preso strade diverse, per avere un uomo accanto, per poter raccontare alle amiche di non essere sole, di avere un bel lavoro o una buona casa, di essere madri e fingere che questo sia sempre zuccheroso ed appagante, tanto da assolvere e giustificare ogni scelta. Il sogno svanisce tra le dita, i matrimoni finiscono, avere figli mostra il suo lato opprimente e limitante, il benessere diventa un tiranno, l’ordine sociale a cui si è sacrificata la libertà irriverente dei tempi giovani e anarchici si manifesta come gabbia dorata dietro alle cui sbarre illividire, sfibrare la propria natura. Le tre donne, un tempo inseparabili, si ritrovano nell’arco di 5 anni sempre più diafane, imprigionate in una sottile rete di ragno, la routine rispettabile delle persone comuni. Cogliamo tra le parole che si scambiano, sempre e solo a due a due, la nostalgia e una sorta di incredulità per quanto condiviso un tempo, ma tornare sui propri passi sembra impossibile. I loro uomini, figure evanescenti, si rivelano prevedibili e incapaci di amarle quanto loro e di aderire alla speranza di felicità e romanticismo, inadatti a incarnare “quello finalmente giusto” per più di un istante. Il mistero del loro legame non si svela mai del tutto, nessuno dice fino in fondo la verità, celata dietro la cortesia formale. Aleggia sul palco un’aura di ineluttabile incomunicabilità, i personaggi sembrano condannati a svanire dietro maschere pallide e ingessate dietro cui si muore in silenzio o sussurrando con un filo di voce un frammento autentico che non verrà ascoltato.

WITCH IS: l’urlo della strega

Eleonora Paris, Cristiana Tramparulo, Giorgia Iolanda Barsotti in WITCH IS
Eleonora Paris, Cristiana Tramparulo, Giorgia Iolanda Barsotti in WITCH IS

Ancora tre donne, vestite di nero, 3 microfoni e una chitarra elettrica. Con voci martellanti e graffianti insieme a ritmi percussivi le tre attrici Eleonora Paris, Cristiana Tramparulo, Giorgia Iolanda Barsotti guidano il pubblico in un altro tipo di viaggio nel tempo, scorrazzano in avanti e a ritroso nei secoli in cerca di un filo rosso che accomuni lo stereotipo della strega. Si alternano immagini passate e presenti di donne disobbedienti, temute perché fatte di carne e sangue e saperi oscuri, donne-vagina che risucchiano e sfuggono al controllo di società sempre più anestetizzate e violente. Irrefrenabili, le tre donne inscenano la lotta eterna tra i generi: papi, inquisitori, medici, uomini e il loro habitus al controllo violento del femminile, al loro scandagliare corpi e menti per tenere a freno la vitalità travolgente di madri, guaritrici, seduttrici e il loro rapporto misterioso con la vita e con la morte. Le tre attrici si muovono instancabili sul palco tessendo un’inquietante, e dissacrante litania senza tempo, una sorta di incantesimo condiviso da cui trapela un monito, capace di superare lo stereotipo che ci vuole ora sorelle solidali nella lotta per la libertà, ora rivali come cagnette attorno allo stesso osso, ossessionate dal terrore di non piacere agli altri: “Non siamo al sicuro”, i lupi perlustrano il bosco e i roghi si apprestano a bruciare la strega. Chi voglia tenere accesa la fiamma del proprio essere e manifestare viva oltre la maschera della rispettabilità sociale si tenga pronta, la disobbedienza ha ancora un prezzo alto da pagare.

THE APPROACH vs WICTH IS: dentro la gabbia

Rimandi, analogie e differenze tra i due testi e le due scelte registiche che animano gli spettacoli appena descritti, tessono un dialogo attuale e controverso intorno alla questione quanto mai attuale dei rapporti tra i generi e dello status dei diritti e della libertà realmente conquistata dalla donne nella nostra società.

Le tre donne di THE APPROACH incarnano un femminile assuefatto e tradito da sogni di plastica che nessuna rivoluzione sessuale sembra aver scalfito: si rinuncia ad ascoltare il proprio autentico desiderio, a urlare la propria verità, si obbedisce ancora a stereotipi antichi che ci vogliono incapaci di alternative creative che non implichino dipendenza e rinuncia. La regia di Macaluso coglie con cura chirurgica le sfumature impalpabili del rapporto tra i personaggi che non si muovono sul palco, se non per brevi mezzi passi attorno ad un tavolo al momento del saluto, senza abbattere la distanza. Si ha la sensazione che basterebbe un gesto, una parola, un’incrinatura autentica, che sembra sempre sul punto di palesarsi per rompere la finzione, e ritrovarsi unite in una solidarietà antica che intreccia i destini delle donne dalla notte dei tempi in riti di guarigione attraverso la condivisione. Invece le tre donne si ronzano intorno senza osare scalfire la rete di bugie politicamente corrette, senza rompere il muro che l’orgoglio per i ruoli indossati impone. In scena non accade niente. Non c’è evoluzione reale. Tutto è già accaduto. Non c’è speranza di rivitalizzare qualcosa che è morto. In questo caso il teatro si fa specchio totalmente realistico e disarmante del reale, rinunciando a suggerire una via d’uscita, una provocazione che scuota, che edifichi e susciti cambiamento. L’immobilità soffocante a cui assistiamo in scena provoca la reazione nel pubblico per contrasto, quasi irritandolo, instillando il desiderio di muoversi, di scuotere la polvere da ciò che non è autentico, magari di fare quella chiamata rimandata per anni, magari di presentarsi all’improvviso alla porta di qualcuno e chiedere “Come stai? Che hai fatto in questi anni? Perché ci siamo perse?”.

THE APPROACH vs WICTH IS: fuori dalla gabbia

Totalmente opposta la qualità scenica dell’altro terzetto, in WITCH IS. Qui il femminile assume i toni della forza irriverente che la maschera della strega autorizza a indossare. Le donne si fanno provocatrici moleste, sbattono in faccia con sarcasmo la vitalità irrefrenabile del loro corpo, in bilico tra essere oggetto di desiderio e controllo da parte del mondo, e soggetto estremo di autodeterminazione e libertà creativa. La donna e la sua liberazione passa attraverso la disobbedienza, la rottura delle convenzioni, la negazione catartica e violenta delle maschere imposte e autoimposte. La performance è, quindi, aggressiva ed esondante, la regia di Virginia Landi incalza, invade il pubblico di parole, rompe gli argini alla piena. Ai silenzi trattenuti del primo spettacolo contrappone, l’urlo, la ripetizione ossessiva, la musica, il canto, l’incantesimo; ai corpi invisibili e disabitati, propone la vitalità irriverente della carne esposta, travestita, denudata, incendiata dal movimento metamorfico che inscena i mille volti del femminile e il suo rinascere dalle ceneri, intatto ogni volta. La provocazione è incendiaria, appunto, come la fiamma di un rogo e si fa al contempo denuncia e catartica dissoluzione di bugie millenarie su cui si è solidificata la violenza di genere. La freddezza nostalgica e delicata di THE APPROACH qui cede il passo ad un’ondata di emozioni rovesciate sul pubblico, paura, sdegno, empatia, ironia, pudore. Anche in questo caso, per contrasto, ci sia alza dalle poltroncine con desiderio di fare qualcosa, di essere noi attori di un cambiamento. Viene voglia di raccontarlo questo spettacolo, di fare passaparola del messaggio di allerta così attuale nelle nostre cronache quotidiane.

THE APPROACH vs WICTH IS: quale teatro oggi?

I due approcci totalmente diversi, ma capaci del risultato comune di instillare riflessione e invitare all’azione, ci pongono la domanda sul compito del teatro contemporaneo: descrizione realistica, denuncia, spunto per la trasformazione della società? Il nostro mondo ha addomesticato anche la sovversione rendendola merce da banco, è impossibile ormai épater le bourgeois. A meno di non reinventare il linguaggio con cui si parla del senso della vita, occorre uno sforzo creativo per pensare alternative. Nessuno dei due spettacoli sembra, in realtà suggerirne, ma innescano in maniera opposta, il desiderio di cercarne, a costo di far saltare il tavolo attorno a cui conversiamo, mentre tutto sotto di noi frana, o di tornare a bruciare la strega, araba fenice che ride di noi mentre si dissolve al vento, ricordandoci il potenziale magico di quel rito barbaro e brutale: bruci il vecchio perché nasca il nuovo.

THE APPROACH

di Mark O’Rowe
scene e regia Andrea Macaluso
con Alessandra Bedino, Teresa Fallai, Giulia Weber
assistente alla regia Anita Donzellotti
traduzione Anna Rusconi 
foto Ilaria Costanzo
produzione Il Lavoratorio / Intercity Dublin
prima assoluta in italiano

WITCH IS

Un progetto di Landi/Mignemi/Paris
Drammaturgia Francesca Mignemi
Regia Virginia Landi
Con Eleonora Paris, Cristiana Tramparulo, Giorgia Iolanda Barsotti
Finalista al bando Regist* Under 35 della Biennale Teatro di Venezia 2022

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