TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO… @Teatro di Rifredi: l’artigianato teatrale di Musella per Eduardo

Colpi di martello dal retropalco sulle assi di legno, movimenti di macchine sceniche nel buio, “tavola tavola, chiodo chiodo”: così inizia la memoria del teatro di De Filippo ad opera di Lino Musella, in scena al Teatro di Rifredi di Firenze, con quelle stesse parole incise su una lapide nel Teatro San Ferdinando di Napoli, che Eduardo dedicò a Peppino Mercurio, il suo macchinista di una vita, che tavola dopo tavola, chiodo dopo chiodo, appunto, aveva ricostruito con lui quel palcoscenico distrutto dai bombardamenti. TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO è un assemblaggio, un armadio di cassetti aperti e chiusi, tratto da “appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo”: come in un sogno si dipana tra un frammento e l’altro, una vita dedicata al teatro, al suo ruolo sociale e politico, in difesa di tutte le maestranze, gli attori, autori, registi e per il pubblico, senza il quale il teatro non può vivere.

TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO: il teatro che rinasce come una fenice

TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO, trailer: le riprese sono state realizzate da Matteo del Bò al Teatro San Fredinando di Napoli, sul palcoscenico vuoto dopo la chiusura dei teatri per la pandemia da covid19)

Il teatro è morto. Lo dicono in molti, da sempre. Ma rinasce come una fenice: “finché ci sarà un filo d’erba sulla terra ce ne sarà uno finto sul palcoscenico”. La preparazione di TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO ha avuto una battuta d’arresto durante la pandemia, che ancora di più rende calzante la riflessione di Musella sul ruolo di pubblica utilità del teatro, quella negata dal Banco di Napoli a De Filippo negli anni cinquanta per ottenere i finanziamenti per la ristrutturazione del vecchio glorioso Teatro San Ferdinando, sua creatura e utopia. Quella negata alla cultura e ai teatri “che ci fanno tanto divertire” (cit.) e furono i primi ad essere chiusi nel 2020 per la pandemia. Il sognatore Musella-Eduardo elenca i suoi “potrei, potrei …” e ci mostra con un modellino di legno del San Ferdinando al centro del palco, un teatro di carattere universale in un quartiere popolare, accogliente per il pubblico con “biglietti accessibili a tutti”, ospitale per gli attori con “acqua corrente calda e fredda nei camerini”, dotato di tutto: foyer, sala, palchi dai nomi di grandi artisti (Antonio Petito, Eduardo Scarpetta, Raffaele Viviani), palcoscenico e attrezzature, realizzati grazie a quell’artigianato teatrale “meno appariscente ma altrettanto importante” per un vero conoscitore del mondo dell’arte della scena. Nella voce di Lino Musella si sente tutto lo struggimento della lotta donchisciottesca di De Filippo scontratosi con i problemi economici, la burocrazia, l’indifferenza e l’incompetenza della politica e delle amministrazioni, di allora – e di oggi.

La scena dialoga col testo di TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO

Lino Musella, foto di Mario Spada

Il monologo di Lino Musella è il risultato di un lavoro di cesello nel mettere insieme una moltitudine di citazioni da interviste, appunti, libri, copioni dello stesso Eduardo De Filippo e di chi lo ha conosciuto e studiato, dando vita sulla scena ad un personaggio a tutto tondo, recitato senza retorica ed enfasi, umano e concreto, una impressionante maschera ossuta quale è stato per quasi un secolo di storia uno dei più grandi autori e attori del novecento del teatro, del cinema e della tv (“Pronto, sì, chi è, la televisione? Un momento che vi passo il frigorifero”). In scena con Musella ad accompagnarlo senza invadenza, Marco Vidino con la chitarra dal vivo, che arpeggia sull’infinità di parole del maestro, ritmi spagnoleggianti, a ricordarci i tanti mulini a vento contro cui s’è battuto per una vita. La scena di Paola Castrignanò, illuminata da luci strette a cono calde e fredde in base all’atmosfera del momento, ci racconta l’artista nei suoi oltre ottanta anni di carriera e di vita – indissolubilmente unite in una cosa sola: l’autentico scrittorio dell’autore di tante commedie ormai entrate nella coscienza di tutti (napoletani e non); un armadio-baule aperto con all’interno la specchiera e il banco di un camerino carico di oggetti per citare il ruolo di attore, e nel proscenio un rigido cappello a tuba su cui Lino Musella da mattatore partenopeo sale a piedi uniti per recitare le citazioni rivolte al pubblico in diletto. Il De Filippo visionario capocomico-impresario è rappresentato al centro con il modello-progetto del teatro San Ferdinando, appeso alle funi calate dalle traversine, che come il presepe di Natale in casa Cupiello racchiude il mondo di sogni dell’artista e accompagna la performance di Musella fino al suo crollo, a cui segue la famosa citazione “Agg’ a rifà n’ata vota ‘o presepio!”. Lino Musella, mentre costruisce sotto i nostri occhi l’umanità di Eduardo, fabbrica elementi scenici con martello e scalpello: nell’angolo del palco inforca su un’asta di ferro la gabbia dei debiti e dei dolori “io ho dovuto pagare un prezzo molto alto durante tutta la mia vita”. Seduto dietro la grata su cui appoggia delle candele accese, Musella-De Filippo ci regala i momenti più intimi con le lettere alla famiglia, la moglie, i figli Luisella e Luca, alla madre e al fratello Peppino, di cui rivela le laceranti incomprensioni, colpendo forte sui pezzi di ferro, trasformando le aste nella famosa ringhiera del balcone di Questi fantasmi! E ancora si fa artigiano della scena, quando scende dalla graticcia un’asse – TAVOLA TAVOLA – a cui Musella fissa a suon di martellate – CHIODO CHIODO – un faro (che userà davvero nella scena successiva).

EDUARDO e La lezione di teatro imparata da Lino Musella

una scena di TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO, foto di Mario Spada

Sparso tra i tanti frammenti messi in relazione tra loro per formare il testo, si compone un sorta di compendio di lezioni di teatro per l’attore – che il maestro tenne davvero a La Sapienza di Roma: dai consigli che il giovane Eduardo poteva aver rubato nella compagnia di Vincenzo Scarpetta “tieni le scarpe sempre lucide e le mani sempre pulite, rispetta il capocomico, non bere troppo vino”, fino alle tecniche di divisione dei fiati, il rispetto della punteggiatura per farsi capire; la necessità di non farsi sopraffare dall’emotività naturale, “che distrugge la scena, la rovina”, perché – come ci mostra muovendo solo una spalla – basta un gesto anche piccolo per far credere al pubblico che l’attore stia piangendo. Lino Musella è un perfetto attore eduardiano, ogni movimento in scena è misurato, preciso, mai eccessivo, ogni frase sembra una confidenza al pubblico, quasi sottovoce (eppure perfettamente comprensibile), a dimostrare che “l’attore per rendere deve essere stanco”. Musella si spoglia di sé e indossa i vestiti di De Filippo “tagliati sulla carne viva” con intelligenza, con generosità, senza finzione: “cerca la vita e troverai la forma, cerca la forma e troverai la morte”. “Se non ti si appiccica bene il baffo finto con il mastice, non è pelle d’attore”: non c’è dubbio che quella di Lino Musella lo sia.

Il teatro politico di TAVOLA TAVOLA CHIODO CHIODO

Lino Musella, foto di Mario Spada

Si alternano le frasi pronunciate in privato e prese di posizione pubbliche, perché tutti sapessero. Se, come ci rivela “il teatro deve essere impegnatissimo, opporsi al potere, frustarlo” certo è densa di significati attuali la scelta di leggere con forza e passione di combattente la (lunga) lettera-denuncia di De Filippo sul sistema teatrale rivolta al Ministro della Cultura nel 1959, contro i proconsoli e i parassiti della politica estranea al teatro, da cui dipende che cosa è stato fatto – e cosa si farà – per aiutare il teatro a vivere. Una critica puntuale e feroce alla concentrazione dei fondi in pochi teatri di grandi città, per far morire le compagnie di giro e i piccoli teatri dei paesi di provincia, gli attori e gli autori che sono succubi dei privilegi della “camorra teatrale italiana” osannata da esperti nominati dalla burocrazia governativa, dimostrando l’assoluta indifferenza per le sorti del teatro. Le argomentazioni di oltre settant’anni fa sono talmente calzanti oggi da far venire i brividi: nutriamo il nostro paese ancora solo di fettuccine e non di emozioni. L’impegno politico e umano di De Filippo, sostenuto anche nel suo discorso in Parlamento da senatore a vita, si fece concreto nel delicato e tenero rapporto con gli scugnizzi del teatrino del Carcere minorile Filangieri, a cui Musella dà voce accucciato dietro le sbarre di ferro. Da questi ragazzi, che conoscono gli errori della vita, l’ultimo commosso saluto a Eduardo, che li ha resi liberi nella testa e nell’animo, come Musella ha fatto donando al caloroso pubblico la memoria di un grande uomo.

Visto sabato 11 febbraio 2023, al Teatro di Rifredi, Firenze

TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO…

un progetto di Lino Musella e Tommaso De Filippo
tratto da appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo
uno spettacolo di e con Lino Musella
musiche dal vivo Marco Vidino
scene Paola Castrignanò
disegno luci Pietro Sperduti
suono Marco D’Ambrosio
ricerca storica Maria Procino
collaborazione alla drammaturgia Antonio Piccolo
assistente alla regia Melissa Di Genova
costumi Sara Marino
fotografie Mario Spada
produzione Elledieffe, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

Premio Le Maschere del Teatro italiano 2022 a Lino Musella Miglior attore protagonista

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