PRELUDIO E OLTRE: intervista a LAURA CASTELLUCCI

Laura Castellucci è una giovane artista fiorentina in continuo fermento. Dopo essersi formata all’Accademia di Firenze e di Lisbona, si immerge in un percorso di incisione e grafica, dove sperimenta la creazione di libri d’artista e inizia a esplorare le fertili combinazioni del dialogo tra immagine e parola. È questa tecnica di contaminazione che maggiormente si presta alle modulazioni del suo universo poetico. Abbiamo assistito a PRELUDIO, mostra personale della Castellucci e l’abbiamo raggiunta per una intervista che fa luce sulla mostra e sul percorso artistico scelto.

PRELUDIO: personale di Laura Castellucci: un doppio specchio di parole

Quando ho assistito a Preludio, la prima mostra personale di Castellucci (Galleria Casa Abitata, Firenze, 2018), sono rimasta colpita dal suo lavoro sottile, incentrato sulla brevità compositiva, in questo doppio specchio di parole e arte visuale. Ogni volta che ho risfogliato il catalogo s’è rinnovato quel senso di sorpresa iniziale, data la freschezza e la notevole particolarità delle sue opere. Laura Castellucci ha saputo intrecciare collage e poesia visiva in una grazia insolita, scollandosi dal comune tratto di dirompenza a cui siamo abituati. Le sue opere, precise e delicate, più che venerci addosso, ci calamitano dentro e si fanno inseguire.

Lo spettatore partecipa a un’epifania, si muove, mosso, in una semina di tracce, di frammenti messi in acrobazia tra loro. Pezzetti e pezzettini di parole, ritagli di forme, geometriche, sghembe, assemblati in architetture aperte e di-segni, per un discorso poetico intimo ed esistenziale. Dotata di forte sintesi associativa, Castellucci ri-cotruisce relazioni e avvera nuove possibilità di senso, creando un’estetica limpida ed estatica, dove piccoli grandi svelamenti diventano gioco nel gioco. Gioco di infanzia e vertigini. Poesie, aforismi, motti di spirito che trasformano l’incertezza e il desiderio in mirabili azzardi sul vuoto, risolvendo dubbi e crucci in raffinata ironia.

Laura Castellucci e i segreti del suo processo creativo

Come nascono questi collage?

"Carmina Figurata 17" : 15x21 Collage, 2017 "Carmina Figurata 13": 12 x17 Collage, 2018Sono sempre stata attratta dalla relazione che può venire a crearsi tra parola e immagine, tra linguaggio poetico e arte visiva. L’inizio del mio lavoro di poesia visiva è iniziato circa 9 anni fa ed è stata una progressiva scoperta di questo tipo di ricerca artistica. Ho cercato di trovare un gesto economico ed essenziale e per quanto possibile libero, che tenda a comunicare e a farsi campo di piccole e intime rivelazioni. Nella serie dei collage poetici opero una selezione delle parole estrapolate da testi di vario genere (generalmente vecchi libri ingialliti trovati nelle bancarelle). Questa selezione avviene attraverso un pellegrinaggio, un processo di rabdomanzia tra le parole. I piccoli frammenti di parole selezionate vengono poi rimodulati, ritessuti in nuovi significati dando vita a giochi di parole, frammenti poetici, poesie o micro-narrazioni che si integrano e dialogano con composizione di linee e forme che ed estendono/amplificano la lettura. Utilizzo spesso anche piccoli oggetti, origami, soldatini di piombo, piccole sculture, fotografie, insomma qualunque cosa che possa trasformare il proprio significato in relazione al testo con il quale dialoga, alle parole con le quali vengono associati. Nel mio processo creativo non si tratta quasi mai di “voler” realizzare qualcosa progettandolo anticipatamente, ma piuttosto di aprirsi ad uno spazio nel quale ciò che “deve” realizzarsi può farlo in un orizzonte di libertà e di ascolto.

Quando ti sei innamorata dei frammenti? Cosa significano per te?

Nella mia ricerca generalmente ho sempre avuto una forte attrazione per il piccolo frammento, infatti in quasi ogni mio lavoro è presente un gesto moltiplicato, sia nei collage di poesia visiva che nei quadri di dimensioni più grandi, in cui frammenti di carta creano dei collage/mosaici quasi mai figurativi ma in cui ricerco forme che attivino un equilibrio compositivo. Mi interessa soprattutto unire, disporre, collegare, trovare le proporzioni tra i vari frammenti, siano essi di parole o di forme. Quando uso le parole nella mia ricerca visiva mi rendo conto che esse presuppongono uno stato di ordine, di mitigazione e ricostruzione delle emozioni al fine della loro comunicabilità. Nel mio lavoro amo partire da un pieno, amo ri-collegare, ri-cucire, ri-assemblare, ri-edificare, ri-memorare, ri-scambiare significati e il “frammento” mi offre per sua natura infinite possibilità espressive in questo senso.

In questa costruzione c’è un segno che emerge per primo? Un filo che si porta dietro gli altri elementi della composizione?

Sicuramente gli aspetti che emergono di più nel mio lavoro sono il carattere dell’essenzialità, dell’equilibrio compositivo e della delicatezza che spesso hanno i materiali che utilizzo (carta velina, carte vecchie ingiallite dal tempo, stoffe di lino ecc). Ma un carattere fondamentale, iniziale è per me l’ironia, essa rappresenta una cassa di risonanza che espande, reitera e amplifica il messaggio. L’ironia è una stampella all’essenzialità e questo è ben visibile soprattutto nei piccoli collage-poesia. Credo nell’imprescindibilità dell’ironia, di una leggerezza dello spirito, a volte esplicita, altre nascosta, ma in grado di invertire l’ordine delle cose. Prendersi sul serio per me significa anche riuscire ad essere ironici. In questo caso posso avvalermi con soddisfazione delle parole del filosofo Søren Kierkegaard: “Dalla mia più tenera età, una freccia di dolore si è piantata nel mio cuore. Finché vi rimane, sono ironico – se la si strappa, muoio”. Nel mio lavoro è molto forte anche l’elemento dell’utilizzo del piccolo formato. Credo che il piccolo formato in alcuni casi possa essere più potente e invasivo di grandi opere monumentali. Ma in modo diverso, il piccolo formato chiede di essere ascoltato, non si impone ma richiede uno sforzo attivo per comunicarsi, una dimensione di intimità e una sorta di faccia a faccia sussurrato.

Foto 2. “Carmina Figurata 17” : 15×21 Collage, 2017 “Carmina Figurata 13”: 12 x17 Collage, 2018

Laura Castellucci e il divenire della sua arte

Cos’e seguito a questo Preludio? Dove ti ha portato la tua ricerca?

Scena da "Sonetti/Insetto" 2020 Dopo la mostra Preludio realizzata nel novembre del 2018 in cui ho esposto 60 lavori di poesia visiva ho continuato in questa direzione ma parallelamente ho iniziato ad esplorare anche linguaggi più propriamente performativi. Negli ultimi anni per vari motivi di vita mi sono avvicinata sempre di più al teatro e in particolare al teatro di figura che mi ha certamente contaminato nella mia ricerca artistica presente e futura. Nel settembre del 2020 ho realizzato un primo spettacolo dal titolo Sonetti/Insetto in cui il linguaggio del teatro d’ombra si incontra con la poesia mantenendo imprescindibilmente un forte carattere di attenzione alla dimensione visiva. Lo spettacolo è stato messo in scena nella bellissima cornice di Parco Poggio Valicaia nel comune di Scandicci, nel bosco, di notte. L’ombra di decine di piccoli insetti prendeva vita seguendo le parole di poeti che nel corso del 900 hanno affrontato o solo toccato l’affascinante tema degli insetti. L’incontro con la dimensione teatrale è stato un vero e proprio innamoramento, infatti il teatro d’ombra e il teatro di figura sono ciò che sia avvicina di più ad un’arte visiva che prende vita. Per me è importante sottolineare questo aspetto, tocco la dimensione teatrale con molto rispetto e mantenendo la mia ricerca che sostanzialmente è e resta legata all’arte visiva.

Foto 3. Scena da “Sonetti/Insetto” 2020 

I progetti futuri di Laura Castellucci

Qual’è il tuo passaggio imminente? Cosa desideri realizzare adesso? 

Certamente oltre a portare avanti il lavoro sul collage e sulla poesia che resta centrale continuerò a esplorare il linguaggio del teatro d’ombra, del teatro di figura in relazione all’arte visiva cercando di poter portare in scena nuovamente lo spettacolo Sonetti/insetto che per i motivi legati all’emergenza che tutti sappiamo si è purtroppo fermato dopo il debutto. Inoltre in questi mesi di lockdown ho iniziato a realizzare alcune maschere di cartapesta che vorrei utilizzare in un nuovo spettacolo di teatro d’ombra che probabilmente affronterà il tema della Fiaba mescolando il linguaggio del teatro d’ombra con quello del teatro di figura e dell’arte visiva. Mi interessa molto questa dimensione multidisciplinare della messa in scena e la possibilità di dar vita ad immagini in movimento. Questo aspetto per me che vengo dall’arte visiva non è per nulla scontato è un passaggio molto forte quello della performance dal vivo, passaggio che rimarrà sempre parallelo alla produzione di collage, incisioni e pittura.

Come vivi questi tempi di ‘chiusura’, dove restano in apnea mostre e spettacoli?

“La Grazia” - Tecnica: Cut-up, foto analogica e lente d'ingrandimento, 2021In questo momento stanno cambiando molte cose come sappiamo, sia dentro di noi che attorno a noi, sul piano sociale e collettivo e continuare a progettare e a lavorare portando avanti una propria ricerca con i musei, le gallerie e i teatri chiusi è complicato e richiede una chiarezza interiore molto forte. L’incertezza del futuro rende per sua natura complicata la messa in moto creativa e comunicativa, che necessita proprio della dimensione del futuro per esplicitarsi. Ma mai come adesso credo che sia indispensabile capire cosa è superfluo e cosa invece ri-edificare, fare espandere. Il confronto con gli altri è diventato imprescindibile per me in questo momento e sento l’esigenza di progetti condivisi, di laboratori in cui tutto ciò che sta emergendo da questa condizione particolarissima, possa trovare una forma. Come ultimissimo lavoro infatti ho realizzato un collage/narrativo dal titolo La Grazia che riflette proprio sulla dimensione esistenziale generata dal lockdown, il collage si rapporta a un lungo sottotitolo/narrativo importante per la corretta lettura dell’opera che qui di seguito cito: “la Grazia (una cara vecchina) riuscirà a farsi ri-fare dal Re? La bolla nella quale è precipitata le allarga la vista e contemporaneamente la limita. Ci vorrebbe un re munito d’ago”. Questo ultimo lavoro farà parte di una pubblicazione più ampia in cui molti artisti sono stati invitati a partecipare con una riflessione personale sul tema del Coronavirus. Questo progetto è intitolato Clinamen 19, una pubblicazione del Decollagiume Apataphisicum Mediolanum in collaborazione con il Decollagium Florentinum (gennaio 2021), una bellissima occasione di relazionalità, appunto, a cui ho avuto l’onore di partecipare. Dunque è un momento di ascolto e di revisione, ma contemporaneamente di ricerca dell’altro, di una relazionalità più forte e autentica sia con gli altri che con ciò che facciamo e vogliamo comunicare. Insomma per ciò che succederà posso solo dire: “il futuro si ricorderà di noi”.

Laura Castellucci – BIOGRAFIA

Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2015. Nello stesso anno fonda un centro culturale a Firenze, L’appartamento in cui ha organizzato rassegne teatrali, residenze artistiche occupandosi della programmazione degli eventi culturali. Ha frequentato il corso di incisione e arti grafiche presso la Scuola Internazionale d’arte grafica Il Bisonte. Ha collaborato inoltre con alcune case editrici in qualità di illustratrice. Nel 2017 partecipa alla residenza d’artista Almanacco Migratorio presso la miniera dell’Argentiera (Sardegna).

Nel 2018 organizza la residenza artistica O.A.K presso Rufina (Firenze). Nel 2018 Tiene una mostra personale presso la galleria Casa Abitata a Firenze nella quale espone più di 60 opere di lavori di poesia visiva. Nel 2020 debutta all’interno della rassegna Opencity Scandicci con lo spettacolo di Teatro d’ombra Sonetti/insetto.

Foto 1. Laura Castellucci

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