PIETRE NERE @Materia Prima Festival: una performance sinestetica

In scena al Teatro Cantiere Florida PIETRE NERE, spettacolo della compagnia Babilonia Teatri (Leone d’argento alla Biennale di Venezia) che già lo scorso anno aveva proposto Calcinculo nell’ambito della stessa rassegna (recensito da Gufetto qui e qui). Sul palco l’attore premio Ubu Francesco Alberici, insieme a Enrico Castellani, Valeria Raimondi e Orlando Castellani. Uno spettacolo complesso, polifonico, sinestetico, con un ritmo pop rock punk.

PIETRE NERE: una performance pop rock punk

Babilonia teatri

PIETRE NERE nasce dall’incontro di cinque artisti under 35 con gli abitanti di case di riposo, spazi di prima accoglienza, istituti psichiatrici, rifugi per senzatetto. Dai loro contributi, reinterpretati e utilizzati come suggestione, nasce una performance, in cui si combinano linguaggi diversi, in una composizione sinestetica che alterna e fonde stimoli diversi: uditivi, legati soprattutto alla musica; verbali, perché la parola è centrale nei monologhi che si susseguono; visivi, legati alle scene immaginifiche che prendono vita sul palco. La musica apre PIETRE NERE in modo pregnante, con una playlist che va dal rock metal alle melodie sovrapposte di diversi carillon, dai Bee Gees a Rino Gaetano, dal walzer a Giulia di Gianni Togni in versione dance (la canzone preferita di una delle ospiti di una casa di cura di Asti). Le canzoni accompagnano e scandiscono i diversi momenti, che prendono avvio mentre il pubblico entra in sala: gli attori, tre adulti e due bambini, sono già in scena e puliscono il palcoscenico completamente vuoto e nudo mentre ascoltano musica rock ad alto volume.

In fondo non siamo mai usciti dall’età della PIETRA

Proprio dalla musica prende le mosse il primo monologo, che ricorda Las flaviadas, ascolti collettivi guidati di dischi, iniziati negli anni ’10 a Boston e fioriti a La Paz, in Bolivia. Il protagonista maschile che recita il monologo, Enrico Castellani, vorrebbe vivere il momento in cui per la prima volta nacque questa manifestazione, quando Viscarra sentì gli applausi venire dalla strada dopo che aveva ascoltato un disco: la casa si apre al mondo e diventa luogo di incontro e scambio. La riflessione sulla casa attraversa tutto lo spettacolo a partire da un passo di Filosofia della casa di Emanuele Coccia, un saggio del 2021. L’autore sostiene che “dobbiamo tutto alle pietre”: le pietre con cui sono costruite le case ma anche i minerali con cui sono fatti gli smartphone, che diventano un salotto virtuale in cui vivere una forma di socialità. “In fondo non siamo mai usciti dall’età della pietra”, ripetono gli attori in scena: le pietre nere che danno nome allo spettacolo ce lo ricordano, così come le antenne per i nostri cellulari, che si muovono sul palco a ritmo di walzer. La riflessione teorica è accostata alla complessità e molteplicità, ironicamente rappresentata in una sorta di plazer di espressioni e immagini riguardanti la casa, accostate per associazione di idee. Al centro simbolico dello spettacolo compare, infatti, nella cornice di una casetta composta di tubi luminosi e colorati, la sacra famiglia, sotto una nevicata di piume bianche mosse da due grandi ventilatori. Ai due genitori è affidato un monologo straordinario, recitato con voce monocorde, una sorta di litania che percorre, attraverso una serie di rapidissimi accostamenti semantici o paronomastici, tutta una serie di espressioni e modi di dire legati alla casa. 

Una serie di quadri in PIETRE NERE

La sacra famiglia in PIETRE NERE, foto di Franco Rabino

Il tema prende vita una serie di quadri successivi, che si alternano o si fondono con lunghi monologhi e mettono in scena il concetto di casa, nelle sue diverse declinazioni – dormitorio, appartamento, casa di campagna, capanna di Betlemme – e in diversi momenti – la ristrutturazione, il trasloco, la vita quotidiana, il ricordo – dando vita a uno spettacolo psichedelico e pieno di vitalità, fatto di luci, di piume che volano, di salti sui tappeti elastici, di antenne che si spostano a passo di danza. Il palcoscenico si riempie di suggestivi oggetti di scena: antenne televisive, una betoniera, un albero con le radici in aria, un letto con le rotelle, una casetta fatta di tubi al neon, grandi ventilatori, tappeti elastici, scatoloni da trasloco che cadono dall’alto, stand pieni di vestiti appesi. Gli oggetti riempiono lo spazio e danno vita alla casa, inizialmente spoglia, rendendola caotica disordinata ma viva

PIETRE NERE: le case e le cose

“Noi abitiamo davvero solo le cose”: una delle idee dello spettacolo, ripresa proprio dal saggio di Coccia, è infatti che la casa è tale quando si riempie delle nostre cose, lo dice uno degli adulti in scena e lo ripete nel finale uno dei bambini. Si rimanda a questo concetto in un monologo che riflette sul trasloco, un evento definito come tragico: tantissimi scatoloni cadono dall’alto piombando quasi sulla testa di Francesco Alberici, secondo cui inscatolare le proprie cose per cambiare casa significa portare via insieme ad esse lo statuto di casa. Nell’ultima scena, infine, un enorme divano rosso si gonfia fino ad occupare l’intero spazio visivo, nascondendo tutto il resto e persino gli attori. L’unico che rimane visibile è un bambino, che sale sul divano e ne viene progressivamente risucchiato. A lui è affidato il monologo finale, in cui dice di non sentire come proprio il nuovo appartamento della famiglia, perché è vuoto: sei stanze vuote non fanno una casa. Quello che rende uno spazio davvero casa sono gli oggetti della nostra quotidianità, come i suoi Lego.

PIETRE NERE: dalle radici alle foglie

A questa idea si affianca una riflessione sulle radici: il bambino sostiene che in genere da piccoli si disegnano alberi con profonde e solide radici, segno di forte radicamento direbbero gli psicologi; invece lui, da quando ha lasciato la propria casa in campagna, ha iniziato a disegnare gli alberi con le radici in alto, sulle nuvole, come se fosse ormai privo della terra sotto i piedi. I quadri visivi sembrano dunque seguire un ordine che parte dalle radici, rappresentate dal commovente monologo in ricordo della nonna, alle foglie, le parole del bambino che chiude la performance: è come se la riflessione partisse dal passato per arrivare al presente o forse si tratta di un percorso inverso, dall’età anziana all’infanzia, rappresentato simbolicamente dall’albero rovesciato, appeso dalle radici, che rimane in scena per tutto lo spettacolo salendo sempre più in alto. PIETRE NERE è uno spettacolo complesso, polifonico, sinestetico, che alterna riflessione e rappresentazione, con un ritmo pop rock punk da sagra di paese: una folle corsa, disordinata, caotica e vitale, così come la casa per ciascuno di noi.

Visto il 9 marzo al Teatro Cantiere Florida, Firenze

GUFETTO E IL FESTIVAL MATERIA PRIMA 2023

La redazione fiorentina di Gufetto seguirà anche i prossimi appuntamenti con appositi reportage che si occuperanno dei seguenti:
ENTRELINHAS di Tiago Rodrigues
RENART. Processo ad una volpe di Kronoteatro
ASHES di Muta Imago
SOVRIMPRESSIONI di Deflorian/Tagliarini
QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA di Marco Ceccotti
IN ARTE DON CHISCIOTTE di Officine della Cultura

PIETRE NERE 

di Enrico Castellani e Valeria Raimondi
con la collaborazione artistica di Francesco Alberici
con Francesco Alberici, Enrico Castellani e Valeria Raimondi
e con Orlando Castellani
direzione tecnica Luca Scotton
produzione Babilonia Teatri e La Corte Ospitale
coproduzione Operaestate Festival Veneto
con il sostegno di MiC, Regione Emilia-Romagna,Fondazione Compagnia di San Paolo
in collaborazione con Rete Patric e AstiTeatro
si ringraziano Daniele Costa, Nadia Pillon, Elisa Pregnolato, Jonel Zanato, Annalisa Zegna, Stefano Masotti, Marco Pesce, Francesco Speri

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