MIRACOLI METROPOLITANI @Teatro Puccini: Carrozzeria Orfeo non sbaglia un colpo

Carrozzeria Orfeo non sbaglia un colpo. Arriva a Firenze al Teatro Puccini MIRACOLI METROPOLITANI, dopo il debutto al Napoli Teatro Festival nell’estate 2020, recensito da Gufetto. Li abbiamo visti e apprezzati negli scorsi anni al Teatro di Rifredi in THANK FOR VASELINA  e COUS COUS KLAN. Ancora una volta il teatro orgogliosamente “pop” nel senso più alto e basso del termine del collettivo di Mantova travolge, diverte e commuove il pubblico.

La società dell’assenza

Siamo tutti nella merda. Non metaforica. Sono esplose le fogne e nelle strade scorre un torrente di liquami maleodoranti, un fatberg di feci, rifiuti tossici, olio, preservativi, mozziconi di sigarette e pannolini. Una tragedia dopo anni di abusi ambientali. Attività chiuse e disoccupazione al 62%. L’unico settore in crescita è la ristorazione a domicilio, in particolare quella rivolta agli intolleranti alimentari. Un futuro non così improbabile. Nella cucina dell’ex ristorante Il Sorriso si muovono in uno scantinato gli otto perfetti personaggi di Miracoli Metropolitani nati dalla felice penna di Gabriele Di Luca: donne e uomini disadattati, falliti, persi nella solitudine, individui in lotta, in viaggio per fame di vita – come li definisce l’autore intervistato da Tlon, caduci, ma inaspettatamente in grado di rialzarsi per scampare all’infelicità.

Non ci appare più così distopico il futuro immaginato sulla scena da Carrozzeria Orfeo, dopo questi anni di Covid – nonostante l’ideazione del testo preceda questi nostri pazzi tempi. I cittadini sono chiusi in casa, prigionieri della paura dell’esterno; la politica non trova risposte adeguate, se non nella svolta autoritaria, nella caccia al nemico, nella strumentalizzazione dell’emergenza per aumentare il controllo delle coscienze; la società opulenta del capitalismo sfrenato ha il suo culmine nell’isolamento relazionale, nella sovrapproduzione vittima di sé stessa, a cui i corpi esausti rispondono con le intolleranze: intolleranze alimentari, a cui seguono cibi senza olio di palma, senza lattosio, senza glutine, senza sapore, senza cibo; intolleranze sociali, desiderio di vivere senza immigrati, senza poveri, disabili, imperfetti, senza brutture, in un mondo patinato come quello di Chiara Ferragni; intolleranze affettive, promuovendo relazioni senza contatto, senza sessualità, senz’amore. Siamo senza, senza, senza, come cantava Cristicchi. Nell’assenza ciascuno è ingabbiato nei propri sogni d’ambizione, nei rimpianti del passato, in proiezioni del futuro, per sfuggire al presente inscatolato, etichettato, trasportato come il cibo che si cucina al Sorriso.

Personaggi mostruosamente comici

In questo ambiente si svolgono le vicende dei gretti personaggi di Miracoli Metropolitani, tragici nella loro verità e al tempo stesso grotteschi, comici, divertenti come I Mostri di Dino Risi in cui specchiare i nostri stessi fallimenti. Protagonisti del genere dramedy – di cui Carrozzeria Orfeo fa parte a pieno titolo – ironici, crudi, esilaranti, ma ugualmente commoventi, teneri, drammatici. “Il comico è il tragico visto di spalle” diceva il saggista francese Gérard Genette. Persone ritratte a tutto tondo, con luci e ombre, in modo ancora più maturo che nei precedenti lavori di Di Luca, meno etichettabili, in grado di fare un “urlo consapevole”. Tutti con un profondo senso di esistere, portatori di dolore, ma nelle pieghe delle loro vite capaci di sognare, di essere altruisti, di fare infine la cosa giusta. Otto protagonisti umani non banalizzabili, ricchi di un proprio percorso di crescita che si svela nel corso dello spettacolo; ciascuno foriero di un messaggio.

Clara (Beatrice Schiros), arrampicatrice sociale, ossessionata dai social e dal suo numero di followers, che da ex lavapiatti possiede il ristorante, ex reginetta di bellezza aspira ad essere una influenzer al Rotary e a guidare un Suv, veste di marca e non compra ai saldi perché è da poveri, gestisce con pugno di ferro la cucina, dove le ordinazioni arrivano numerate dall’esterno tramite app e si materializzano con voce metallica: zuppe deglutinate, verdure biodinamiche, sughi di alghe, gallette di farro, in vendita in bio-shop come NaturaSì. Plinio (Federico Vanni), ex chef stellato Michelin, adesso cucina in un seminterrato “merda precotta liofilizzata cinese per intolleranti” ma sogna i suoi perduti tagliolini alla lepre, ricchi di gusto e sfumature, cucinarli è un atto di arte e fede, un nutrimento per l’anima. Innamorato nonostante tutto della moglie Clara, incapace di scambiare alcuna frase d’affetto, se non in un’asettica e disinfettata chat online. Il figlio Igor (Federico Gatti) è un disabile emotivo, ritardato, autorecluso, imboccato dalla madre che gli ricorda di lavarsi i piedi e farsi il bidet, inebetito con l’amico Max a giocare al videogame “affonda l’immigrato” – e ogni riferimento alla politica attuale è puramente voluto. Nello squilibrio di questa famiglia arriva inatteso Cesare (Massimiliano Setti), appassionato professore di lettere, (aspirante) suicida, che per sbaglio incrocia i destini degli altri, modificandoli per sempre, elemento magico – come Nina in Cous Cous Klan – deus ex machina della drammaturgia, ma profondamente umano, impacciato, lacerato dalla solitudine e dal dolore.

Teatro politico della lotta

L’individualismo esasperato dall’emergenza sanitaria trova il suo sfogo nella violenza verso il diverso, l’usurpatore della felicità: lo straniero sopravvissuto su un barcone in mare è venuto per rubare il lavoro. Gli immigrati, sfruttati e senza contratto, sono ricercati per essere censiti e trasferiti in campi così detti di protezione. Mohammed, il rider delle consegne a domicilio, è l’emblema di questa caccia al nemico, laureato nel suo Paese e qui lavoratore di strada, senza sede, senza diritti, che in scena non ha neppure un volto, ma solo un braccio che cala dal livello del marciapiede dentro alla feritoia della cucina. Hope (Ambra Chiarello), è la lavapiatti etiope, una donna forte, in lotta con i problemi basici dell’esistenza, nel suo accorato monologo mette sott’accusa un’Italia che non ha mai fatto i conti con il proprio colonialismo, in un italiano stentato tiene in riga tutti, afferma verità elementari, eppure così lontane dal sentire collettivo. Nel suo nome e nelle sue vicende si apre la Speranza. Alla madre di Plinio, Patty (Elsa Bossi) è affidato il tema della lotta contro le ingiustizie: una donna che ha sempre combattuto contro i soprusi e i fascismi, che ha sposato le cause sociali, si trova arresa e travolta nelle fogne della modernità, capace dell’amore universale, ma inetta all’affetto dei propri cari. Mosquito (Aleph Viola) il carcerato che svolge nella cucina di Clara e Plinio i lavori socialmente utili, aspirante attore, porta al pubblico la potenza del sogno, la forza del teatro come spazio di libertà, della cultura come occasione di riscatto e svolta per l’umanità: “sulla mia toma scrivete non credeva in Dio, ma in Shakespeare”.

Il teatro di Carrozzeria Orfeo è anche stavolta profondamente politico, come in Cous Cous Klan: senza nascondersi parla di temi attuali, con un linguaggio crudo, profano, esasperato, ma per questo molto quotidiano e vero; parla del presente. “Di Luca è il nostro odierno Eduardo” commenta Tommaso Chimenti a proposito di questo spettacolo e non a torto: Gabriele Di Luca scrive dell’alto e del basso con la stessa intensità e crudeltà, per citare Artaud.

Il senso dell’esistenza umana

Miracoli Metropolitani è uno spettacolo filosofico. Carrozzeria Orfeo affida le proprie riflessioni al personaggio complesso e misterioso di Cesare, capace di cambiare il destino degli altri attraverso il proprio dolore. Ma a differenza di un Cristo crocifisso, il sacrificio di Cesare è mosso da sentimenti concretamente umani, dalla sofferenza, che come uno stiletto trafigge in più di un’occasione gli altri protagonisti e non meno il pubblico in sala. Attraverso Cesare, la sua passione per la conoscenza, il sapere, lo studio e il suo bisogno di trasmetterlo, è possibile il riscatto per tutti. Il professore se da una parte ci confessa l’assurdità e l’inutilità dell’esistenza umana del mito di Sisifo di Albert Camus, dall’altra ci rivela l’amore come chiave per l’umanità nella leggenda della nascita di Eros: ci lega alla speranza, al dialogo spirituale con la nostra parte più profonda e misteriosa dell’Essere.

Regia e scelte tecniche

Con MIRACOLI METROPOLITANI Carrozzeria Orfeo fa un deciso salto in avanti anche nella complessità tecnica della messa in scena, mantenendo la consueta attenzione ai dettagli. Lo scantinato-cucina è realmente funzionante con acqua e fuochi per cucinare gli improbabili piatti gluten free. La scena si sviluppa su più livelli: un piano di sotto, dove scorrono le fogne, dal quale Mosquito esce in tuta impermeabile da uno sportello rialzabile; un piano di sopra dove si scorge una dispensa con luce propria, infine il livello marciapiede con la finestra a bocca di lupo da cui sporge il braccio del rider. A rendere più articolata la scenografia una stanza nascosta da un bandone alzato all’occorrenza, la camera da letto che viene traslocata in primo piano attraverso un carrello mobile: l’artificio ben riuscito come uno zoom cinematografico permette al pubblico di vivere con maggiore intimità i dialoghi. La scena è spesso illuminata solo parzialmente, con un interessante gioco di luce e buio a volte interrotto solo dai fasci delle torce; ci ricordano gli interni accesi delle roulotte degli sfollati di Cous Cous Klan o la luce al neon nei box per le piantagioni di marjuana di Thanks for Vaselina. I personaggi abitano ogni spazio della scena, si muovono con disivoltura tra gli elementi scenici, aumentando il senso di familiarità e verità del testo. La musica orginale di Massimiliano Setti sa essere un accompagnamento discreto, in contrapposizione al linguaggio molto forte quasi in monòtono dei personaggi, ma che per due ore tiene lo spettatore incollato alla sedia.

Usciamo dal teatro travolti dal ritmo scandito delle battute a cui Carrozzeria Orfeo ci ha ormai abituati, con la testa e il cuore ricolmi di gratitudine per uno spettacolo tanto denso di temi e intenso nella forza recitativa degli attori, nella profondità del testo, nella impeccabile regia firmata dai tre fondatori della compagnia: Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi. MIRACOLI METROPOLITANI è uno spettacolo straordinariamente contemporaneo, che ci fa ridere di gusto della nostra pochezza e amaramente ci riga il viso di una lacrima per la commozione.

Se quando scrivi non hai la morte che ti cola dalle dita, allora non scrivere, cazzo! Mosquito

MIRACOLI METROPOLITANI

uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Elsa Bossi, Ambra Chiarello, Federico Gatti, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Federico Vanni, Aleph Viola
Si ringrazia Barbara Ronchi per la voce della moglie
musiche originali Massimiliano Setti
scenografia e luci Lucio Diana
costumi Stefania Cempini
coproduzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli -Teatro Bellini, in collaborazione con il Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale
Con questo testo, Gabriele Di Luca, è stato selezionato come autore italiano nel progetto americano ITALIAN PLAYWRIGHTS PROJECT 3a EDIZIONE (2020/22), finalizzato alla promozione della scrittura creativa contemporanea

Teatro Puccini, Firenze
12 febbraio 2022

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