LE RANE @Teatro Cantiere Florida: tragi/comica catabasi per la comunità

In scena per la prima toscana al Teatro Cantiere Florida il nuovo allestimento de LE RANE di Aristofane, con la regia di Marco Cacciola, porta la città  sul palcoscenico: a fianco del cast in scena ogni sera un coro di cittadini, risultato dei laboratori del progetto CHORÓS mirato a coinvolgere gli abitanti delle periferie nell’esperienza teatrale si propone di ricostruire l’antico legame tra società e teatro. Il risultato, esilarante, spiazzante, commovente e straniante al tempo stesso è un potente richiamo a tornare alle fonti del teatro come “farmacon” salvifico per la nostra polis sempre più disgregata.

A cura di Susanna Pietrosanti e Sandra Balsimelli

LE RANE: un vertice di efficacia e di geniale originalità

LE RANE: Dioniso e Xantia

Lavorare sul teatro classico, sia tragico che comico, è sempre un esperimento audace, pieno di peripezie. Se il testo su cui si lavora è addirittura Le Rane, vertice metateatrale di Aristofane, in cui Dioniso e il servo Xantia compiono una tragi/comica catabasi per scendere agli Inferi e riportare in vita un poeta tragico che sappia, con la sola arma della poesia, salvare la città, l’audacia è somma: eppure il risultato può essere magistrale. Le Rane andate in scena al Teatro Florida toccano un vertice di efficacia e di geniale originalità, sotto vari punti di vista. La performance esalta il suo statuto di testo in movimento venendo eseguita per tutta la prima parte al proscenio, dai tre magnifici attori che riescono insieme a porsi come buffe figurette stilizzate (quando mimano il loro cammino da fermi) e come personaggi completamente corporei, portatori di una fisicità di intensità inaudita.

LE RANE: le scelte registiche di Cacciola per gli attori

La scelta di Marco Cacciola ne Le Rane, di un Dioniso donna, Claudia Marsicano (koroipsales era il dio, dio della natura umida, ‘pazzo per le donne’, ‘pazzo per le femmine’, ferino e sensuale come una belva) irregolarmente bella, infinitamente intensa e corporea in modo eguale e opposto alla Clitemnestra di Castellucci nella storica Orestea, la cui interprete mostrava un prestigio fisico identico e una direzione interpretativa e simbolica opposta,  è un colpo da maestro. Come lo è contrapporle uno Xantia flessibile e autorevole, Matteo Ippolito, contraltare perfetto per il continuo scambio di parti che col dio si verifica: come lo è affidare ad una terza attrice, Lucia Limonta, tutte le altre parti, giocando sulla capacità trasformista dell’interprete e sui suoi squarci di canto e musica infinitamente suggestivi. In abiti bianchi contemporanei – che però col biancore rievocano un’allusione classica – i tre interpreti in stato di grazia si muovono attraverso le trappole e gli incroci splendenti di un testo che proprio nella nuova traduzione, che saggiamente è stata creata per lo spettacolo, trova un punto di forza ammirevole.

LE RANE, trailer

LE RANE: come mettere in scena Aristofane, oggi?

Come mettere in scena Aristofane, oggi? La commedia aristofanea andava diritta al punto come una freccia. Le mordaci allusioni satiriche traforavano con immediatezza la ‘quarta parete’, infliggendosi ferocemente nella carne delle vittime. Tutti, nell’audience, comprendevano questo tipo di comicità, e sapevano di chi si stava parlando. E adesso? Tradurre le allusioni di allora significa condannare un testo vivace e crudele al silenzio comunicativo. Allora ben venga il procedimento intelligente a cui abbiamo assistito, questo giocare con sapienza tra uno scheletro drammaturgico rimasto tradizionale e la gemmazione di nuove situazioni infinitamente comiche. La gag di irrefrenabile comicità in cui Xantia racconta le gesta della sua chat di comunicatori tramite scorregge zampilla da una breve allusione contenuta nel testo aristofaneo e portata all’acme; completamente inventata la preferenza di Dioniso, come espediente comico, per ‘sborra decontestualizzata’ anch’essa gag irresistibile; nel dialogo tra Dioniso e Eracle si suggeriscono tecniche di suicidio, per quindi accedere all’Ade, come il lancio a vite dal campanile di Giotto. Il testo vive di queste innovazioni, viene rimesso in vita, scintilla come e più di un tempo, sale di livello ad esempio nel coro delle rane, in cui il canto onomatopeico brechechechè coax coax viene cantato dalla performer, in stili diversi, e contrappuntato dalla voce corporea, realistica e ‘bassa’ di Dioniso, in un momento in cui i fortunati spettatori hanno davvero una delle rare opportunità di balzare, poltroncina e tutto, sui gradini del teatro di Dioniso, durante le Lenee del 405 a.C., quando la commedia era nuova e splendente e pungeva proprio come miracolosamente ha fatto.          

LE RANE: la comunità in cerca di  rinascita

LE RANE: il rito di rinascita

Altra potente provocazione di questo spiazzante e caleidoscopico spettacolo è il rito infero e catartico in  cui gli attori, fissando gli occhi sul pubblico e ribaltando i ruoli, ci scortano, svelando il mondo oltre la cortina del sipario che, finalmente si apre. Questo accade  grazie agli spett-attori disseminati in platea, cittadini comuni che, seduti accanto a noi, interagiscono con la scena, creano un ritmo e una partitura di suoni e lasciano le poltrone per varcare la soglia, la soglia di un mondo sotterraneo e rovesciato, dove ritrovare un filo perduto: un filo che tiene unito l’ego, nel suo dissonante delirio di individuazione, con la polis, con il noi, con l’appartenenza. I corpi vagano in uno spazio scuro, sullo sfondo un albero di legno da cui pendono filamenti di plastica, i loro nomi, le loro date di nascita si alternano ossessive su schermi che sembrano srotolare identità puntiformi, compresse in un battito, come lettere sulla lapide di un cimitero. Gli individui si annullano, tornano nel magma originario e condiviso, di loro resta una memoria leggera, una qualità o un ricordo di sé affidato ad un ultimo “io fui” da lasciare andare per poter tornare nuovi come in un rito di rinascita officiato da due magnetici Dioniso e Xantia, sacerdoti di un mondo ctonio che incarna polarità opposte, Yin e Yang terreni e potenti che invitano a celebrare l’infinito ciclo di distruzione e creazione.

LE RANE: tornare ad essere protagonisti

LE RANE di Marco Cacciola, prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatri di Bari e Solares Fondazione delle Arti, è uno spettacolo che ci invita ad osare un’assunzione di corresponsabilità: per rifondare il nostro mondo sopraffatto di paura e solitudine occorre farsi di nuovo tramite collettivo di un’ispirazione sacra, che ci trascende come individui, ma ci consacra come comunità in ricerca di rinnovamento. “Volete tornare a essere protagonisti e responsabili della cultura e dell’arte della vostra città? Quali sono i vostri desideri?” Con queste parole Marco Cacciola invita gli abitanti dei quartieri de Le Piagge, Bellariva e Isolotto, a prendere parte ai tre workshop che ha condotto insieme all’attrice Carlotta Viscovo in collaborazione con Teatro delle Spiagge e Il Lavoratorio,  a “rifondare il coro e rifondare la città, la polis. Perché il teatro, la comunità, e il coro, in questo momento storico noi ce li dobbiamo letteralmente reinventare, come gli antichi greci”.

Visto il 10 novembre 2022, Teatro Cantiere Florida, Firenze

LE RANE

da Aristofane
progetto e regia Marco Cacciola
con (in o.a.) Giorgia Favoti, Matteo Ippolito, Lucia Limonta, Claudia Marsicano, Francesco Rina
e un coro di cittadini ogni giorno diverso
traduzione Maddalena Giovannelli, Martina Treu
dramaturg Lorenzo Ponte
scene Federico Biancalani
costumi Elisa Zammarchi
direzione tecnica Rossano Siragusano
musiche e suono Marco Mantovani
assistente alla regia Gabriele Anzaldi
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatri di Bari, Solares Fondazione delle Arti
un ringraziamento speciale a Antonia Chiodi e a Marco Martini

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF