JUNGLE BOOK, ultima fatica di Bob Wilson, è andato in scena dal 3 al 6 febbraio al Teatro della Pergola di Firenze. Teatro da tutto esaurito e molti bambini fra il pubblico per assistere ad uno spettacolo che secondo il regista è rivolto a tutte le età ed è fruibile da tutti – asserzione, vedremo, solo parzialmente vera. Il visionario regista unisce le forze con il surreale duo CocoRosie – è la loro quarta collaborazione in teatro – per la rivisitazione del famoso romanzo di Kipling. Jungle Book è un progetto avviato dal Théatre de La Ville di Parigi e coprodotto dal Teatro della Pergola di Firenze, presentato in anteprima mondiale al Grand Theatre du Luxembourg il 26 aprile 2019. Un cast di giovani performer abita gli splendidi paesaggi di Wilson e il suono unico delle CocoRosie in una produzione di teatro musicale insieme prevedibile e molto particolare.
LA RIELABORAZIONE DEL ROMANZO CON I QUADRI INDIMENTICABILI DI BOB WILSON
Il primo intervento è drammaturgico: trasporre un romanzo sul palco non è cosa facile, e naturalmente qui non si parla nemmeno di adattamento, ma di rielaborazione. I vari interpreti di questo quasi–musical (non è appropriato chiuderlo in un’etichetta, in quanto il teatro di Bob Wilson è da sempre un incanto formalista dove la ripetizione di un gesto, un trillo della voce, una frase musicale formano il portato fondativo di un’espressività corporea totale) si presentano sul palco uno ad uno. Il pubblico può così apprezzarne il carisma fisico e vocale e la mescidazione inattesa di particolari animaleschi su abiti estremamente umani (le orecchie aguzze di Mamma Lupa, nel suo abitino optical con un solo guanto di strass, la testa pesante e irsuta dell’orso Baloo addobbato di un completo a scacchi da vecchio allibratore, l’abito sinuoso di velluto nero di Bagheera, la pantera, la cui lunga coda inarcata si piega come un microfono nella mano dell’attrice). Fra loro spicca la lunga canzone di Bagheera, una melodia dark che spiega la sua storia, la sua esperienza fra gli umani, la fuga dalla prigione, il rientro nella jungla: esprime il suo dolore per la morte della madre, per il sentimento di inadeguatezza che la abita, sradicata com’è, sospesa fra il mondo umano e quello animale.
Un doppio di Mowgli, spiritello etereo sul palco, che fornisce nella sua strofa di presentazione il primo, e unico, vero colpo di epicità allo spettacolo: “Shere Khan, prestami la tua pelle maculata”, grida, anticipando lo snodo dell’azione e svuotandola, ovviamente, di qualsiasi Spannung. Perché questa non è la storia epica del cucciolo d’uomo che, allevato dai lupi, decide di rientrare presso il villaggio degli umani ma riesce, acrobaticamente, ad uccidere la tigre, e a non perdere mai il suo privilegiato collegamento con la foresta che lo ha visto crescere. Questa è una lunga sequenza di quadri bellissimi, alcuni indimenticabili: il fondale di foglie giganti che diventano oggetti staccabili: la testa del cantastorie, Hathi, l’elefante, che si staglia contro un cielo verdastro di luce incombendo sulla jungla, scatola verde immensa ricoperta di stoffe ruvide, sotto di lui: e mille altre. I momenti visivi e musicali, come una collana di perle, vengono inanellati dal racconto di Hathi, nonna/balia/elefante che, talvolta seduta su una sedia a dondolo da nanny americana, ci riferisce la fiaba del cucciolo d’uomo. È una fiaba: non dobbiamo tremare. Il fiore rosso, il fuoco, non deve farci paura: incendia a malapena le pagine di un libro. Il duello mortale tra Shere Khan e Mowgli è una danza al rallentatore in cui al piccolo uomo basta sfiorare l’avversario con un dito per vederlo stramazzare. Una fiaba fluida, senza asprezze né tensione, una lullaby che al massimo potrà farci ridere, un inno alla gioia senza ombre, alla tolleranza, all’ottimismo.
JUNGLE BOOK E LA SUA FRUIZIONE TRA LUCI ED OMBRE
Naturalmente, come molti spettacoli di Bob Wilson, la staticità di fondo, certo non contraddetta né scongiurata dalla musica e dalle luci, incombe, rendendo talvolta ridondante lo spettacolo e faticosa la fruizione. Se è facile cogliere il messaggio di base, ovvero la responsabilità dell’uomo che si inserisce come un cuneo di violenza e come un’ombra nera nella società animale giusta e serena (l’inserzione, nella storia, del racconto della foca Kotick, presente nel libro di Kipling ma non collegata alla linea narrativa principale, che cerca ovunque un’isola non toccata dall’uomo per trasferirvici e salvare se stesso e i suoi, parla chiaro), molti particolari appaiono contraddittori. Gli animali che si muovono sul palco sono per metà umani in modo esibito: i confini sono labili, le paratie porose, e la possibilità di un Eden animale per niente realizzabile.
Per quanto eretico appaia il paragone, il celebre musical di Andrew Lloyd Webber, Cats, coi suoi gatti metonimici all’umanità e capaci di passioni profonde, si pone in rapporto di stretta parentela con quanto appare sulla scena. L’immagine più iconica di Jungle Book viene rappresentata dal tentativo di Mowgli di catturare nel retino la farfalla-origami che gli svolazza davanti. Un’immagine di leggerezza poetica inarrivabile. Sarebbe ingiusto cercare pesantezza nella farfalla, sarebbe inutile trasformare il gesto aggraziato del performer in una caccia selvaggia. Un sublime divertissement privo di crudeltà; altro non è dato di ricevere e forse non è neppure legittimo chiedere.
JUNGLE BOOK
da Il libro della giungla di Rudyard Kipling
una creazione Théâtre de la Ville – Paris
regia, scene e luci Robert Wilson
musica e testi CocoRosie
costumi Jacques Reynaud
co-regia Charles Chemin
in scena Heza Botto, William Edimo / Gaël Sall, Naïs El Fassi, Yuming Hey, Laetitia Lalle Bi Benie, Valia Beauvieux, Olga Mouak, Nancy Nkusi, François Pain-Douzenel
musicisti Vincent Leterme, Asya Sorshneva, Tez, Douglas Wieselman
scene, accessori e costumi realizzati dall’Atelier del Théâtre du Châtelet, Paris
produzione Théâtre de la Ville – Parigi
coprodotto da Les Théâtres de la Ville de Luxembourg (Luxembourg – LU), Les Nuits de Fourvière, Festival international de la Métropole de Lyon (Lyon – FR), Düsseldorfer Schauspielhaus (Düsseldorf – DE), Manchester International Festival (Manchester – UK), Teatro della Pergola (Firenze – IT), deSingel (Antwerp – BE), Festspielhaus St. Pölten (St. Pölten – AT)
Teatro della Pergola, Firenze
6 febbraio 2022