LA VALIGIA @Teatro della Pergola: frammenti di una condizione universale

In scena al Teatro della Pergola, LA VALIGIA, monologo tratto dall’omonima raccolta di racconti di Sergej Dovlatov, adattata da Giuseppe Battiston, protagonista unico, e da Paola Rota: uno spettacolo dolente che mette in scena lo sradicamento di ciascuno di noi.

LA VALIGIA: frammenti di una storia universale

Giuseppe Battiston, protagonista de LA VALIGIA – foto di Filippo Manzini

La valigia di Sergej Dovlatov è una raccolta di racconti che potremmo definire proustiani: ognuno di essi, infatti, nasce dai ricordi suscitati da una madeleine, un oggetto contenuto nella valigia dell’autore, emigrato dalla Russia agli Stati Uniti negli anni ‘80. L’opera dipinge un quadro dell’Unione sovietica che alterna nostalgia e umorismo in una sintesi originalissima.

Giuseppe Battiston e Paola Rota riadattano i racconti inserendoli in una nuova cornice, quella di una stazione radiofonica che manda in onda i ricordi di Dovlatov scanditi dal ritornello “La valigia siamo noi”. E le storie diventano quelle degli ascoltatori che chiamano in diretta e raccontano aneddoti legati a oggetti. In questo modo l’unitá dell’opera, data dalla presenza forte del protagonista e dalla storia della sua valigia, sembra frammentarsi in una serie di situazioni che appaiono slegate le une dalle altre e anche la cornice sovietica si attenua, per lasciare spazio a un coro di voci, quelle dei singoli personaggi interpretati da Battiston. Una scelta che intende forse sottolineare il valore universale delle vicende che si raccontano, ma che in realtà pare tradire parzialmente il testo originario, fortemente connotato in senso individuale, oltre che in relazione ad un preciso contesto storico e geografico. La necessaria sintesi e i tagli operati sui racconti ne lasciano lo scheletro ma li impoveriscono dell’ironia e della dolente nostalgia presenti nel testo di Dovlatov.

Lo spazio della memoria ne LA VALIGIA

La scena de LA VALIGIA – foto di Filippo Manzini

Anche la scena viene ridotta all’essenziale: un telo bianco sullo sfondo e un enorme globo che scende dall’alto. Entrambi cambiano colore nel corso dello spettacolo, connotando ogni racconto con una sfumatura cromatica che ne permea la messa in scena. A tratti anche la nebbia anima il palcoscenico, scendendo dall’alto all’interno del grande pallone sospeso o salendo sullo sfondo. Si ha l’impressione di abitare uno spazio della coscienza, della memoria, al di là del mondo materiale. Qua e là microfoni e casse costituiscono lo studio radiofonico in cui si svolge la vicenda. E per questo la musica assume un ruolo centrale, compare negli intermezzi, con una serie di pezzi jazz che li scandiscono accompagnando i passaggi più riflessivi.

Battiston interpreta LA VALIGIA

L’interpretazione di Battiston ne LA VALIGIA – foto di Filippo Manzini

Otto sono gli oggetti che escono dalla radio-valigia: calzini finlandesi, un vestito a doppio petto, un paio di guanti da automobilista, un colbacco, una camicia, una cintura militare, un paio di scarpe e un vecchio giaccone appartenuto a Leger. Ognuno di questi oggetti si lega a un ricordo, a uno spaccato di vita in cui si affollano le voci del passato.

Battiston interpreta la galleria dei personaggi con voce e gesti a tratti macchiettistici e caricaturali, connotando in modo originale ogni personaggio: in alcuni momenti assume un accento russo marcatissimo, degno di Ivan Drago, in altri ricorda la marionetta di Totò a colori, negli intermezzi assume il tono dello speaker radiofonico. A tratti la sua interpretazione diviene più malinconica e riflessiva, nelle parti più memorialistiche e nostalgiche che si alternano a quelle ironiche. A mano a mano l’attore si identifica interamente con Dovlatov, in particolare nell’angolo dell’intervista, in cui la descrizione dell’uno coincide con quella dell’altro. L’interpretazione è affidata quasi interamente alla modulazione della voce, mentre la gestualità è minima, ridotta al passaggio, nel breve spazio del palcoscenico, tra un microfono e l’altro.

LA VALIGIA siamo noi

Il viaggio nella valigia di Dovlatov è permeato da una dolente riflessione sulle proprie radici e sull’impossibilità di ritrovarle lontano dal luogo in cui si è nati. Il protagonista misura a più riprese la distanza tra la Russia e l’America: “qui in America si può trovare di tutto, (…) quello che non si può trovare è la nostalgia“. Nella memoria l’Unione Sovietica perde così le sue connotazioni negative per diventare luogo dell’anima, idealizzato e mitico: “penso continuamente a Leningrado“, dice il protagonista. Emergono dunque lo sradicamento e lo spaesamento percepiti dall’esule: “so bene chi sono, ma non mi è ben chiaro dove sto andando“. E lo spettatore è spinto a identificarsi con questo sentimento proprio dallo speaker radiofonico, il quale continua a ripetere, come un mantra, che “la valigia siamo noi“. Ognuno di noi è Dovlatov, perso nei meandri della propria memoria, esule in un mondo che appare vasto, smisurato, insensato (“America è sempre ecc. ecc. ecc., non si può elencarla tutta, è come un gigantesco negozio di giocattoli, solo che i giocattoli sparano“). Quella in cui Dovlatov si è ritrovato a vivere è un’America violenta, ben diversa da quella ritratta nel sogno americano, e la valigia che si porta dietro si carica dell’amaro disincanto di chi è partito carico di speranze che si sono rivelate irrimediabilmente illusioni.

Visto al Teatro della Pergola, Firenze, il 22 marzo 2023

LA VALIGIA – IN VIAGGIO CON DOVLATOV. Un torero squalificato

Con Giuseppe Battiston
tratto da “La valigia” di Sergej Dovlatov
traduzione Laura Salmon
adattamento Paola Rota e Giuseppe Battiston
regia Paola Rota
scena Nicolas Bovey
costumi Vanessa Sannino
luci Andrea Violato
suono e musica Angelo Elle
produzione Gli Ipocriti – Melina Balsamo
basato sul libro CHEMODAN copyright © Sergei Dovlatov Estate, 2019; tutti i diritti riservati pubblicato in Italia da Sellerio Editore a cura di Laura Salmon

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