Il Respiro del Pubblico Festival 22 @Cantiere Obraz: la nuova drammaturgia coinvolge il pubblico

Il Respiro del Pubblico Festival 22 a cura di Cantiere Obraz arrivato alla sua seconda edizione nei luoghi dell’Oltrarno, con il contributo di Fondazione CR Firenze, porta al Teatro di Cestello e in luoghi non convenzionali, la nuova drammaturgia e il teatro vivo, come atto politico, incontro artistico e poetico, capace di coinvolgere il pubblico, e il gruppo di giovani critici della scuola Ciuchi Mannari, in collaborazione anche con Gufetto, dove trovano spazio le recensioni degli spettacoli in scena. Tra gli altri, anche il Teatro dei Borgia, Premio Rete Critica 2022, per “La città dei miti” e il Premio ANCT 2022, già presenti nella scorsa edizione.

A cura di Alice Capozza e Sandra Balsimelli

EFFETTO PAPAGENO, Il Respiro del Pubblico Festival 22

IL RESPIRO DEL PUBBLICO FESTIVAL 22

Il monologo EFFETTO PAPAGENO di Sofia Bolognini, Michele Panella e la stessa Daniela D’Argenio Donati in scena al Teatro di Cestello, perfettamente si inserisce negli obiettivi del Festival nel coinvolgimento degli spettatori a cui l’attrice distribuisce biglietti con date e ricordi, dà indicazioni di movimenti e battute, chiede di cantare tanti auguri ad una ignara spettatrice (Tiziana, poco convinta migliore amica di Daniela), fa impersonare imbarazzati fidanzati, improvvisati mariti, improbabili professori universitari, amici, genitori e una perfetta zia Lina. Divertente intreccio di impaccio e onore per la platea, messa sempre in mezzo (letteralmente) dalle azioni e dalle parole della D’Argenio, a tratti ritmate, a tratti melanconiche. EFFETTO PAPAGENO è un’interessante operazione drammaturgica, in collaborazione con Teatro Sotterraneo, del traduttore Michele Panella del testo inglese Every Brillant Thing di Duncan Macmillan, riuscita produzione italiana di Tri-boo, che la stessa coppia artistica porta in scena dal 2016 – presente nella precedente edizione del Festival e recensito su Gufetto dal gruppo Ciuchi Mannari. EFFETTO PAPAGENO ipotizza il prequel, l’antefatto di Every Brillant Thing, evocato ma assente, che dà vita al divertente e poetico “elenco di cose per cui vale la pena vivere”: la storia della madre, bipolare depressa, più volte aspirante suicida, che dai suoi vent’anni sul finire degli anni Sessanta intreccia la propria storia personale con eventi dell’attualità dell’epoca: l’allunaggio, il divorzio, Berlinguer – gli anni dell’università, l’amore e il matrimonio; la strage di Bologna, Alfredino nel pozzo e i mondiali – la famiglia, la figlia, i tentativi di suicidio; Chernobyl, l’Aids, il muro di Berlino –la difficile ricostruzione di sé, la frantumazione dei giudizi su se stessa, la solitudine; Falcone, Borsellino, la Milano da bere e poi di Mani pulite – la terapia, il senso di colpa, il silenzio a tavola, il silenzio dentro.

EFFETTO PAPAGENO, locandina

Panella sviluppa un testo ispirato allo stesso rapporto con il pubblico di Every Brillant Thing, chiamato in causa per lo sviluppo narrativo, arricchendo ogni replica con un contributo unico e irripetibile: come nel testo originale di Macmillan si crea una fratellanza con la platea, gli interventi degli spettatori incarnano una vicinanza emotiva. Ma se in Every Brillant Thing sono una spinta per incrementare l’elenco positivo e combattivo della figlia bambina, poi ragazza e adulta, scaldando la propria parte interiore più gelida, in EFFETTO PAPAGENO il pubblico non solo comprende e si commuove, ma crea nella condivisione quel necessario sostegno di cui ci parla l’effetto papageno dei tre genietti di Mozart, la possibilità di salvare e salvarsi dalla depressione, male oscuro sempre più tabù per la nostra società votata dell’efficienza, dove la malattia mentale è ancora uno stigma, considerata alla stregua di una bizza infantile per la quale hanno tutti consigli non richiesti, da cui poter uscire perché tanto “basta volerlo”. L’elenco della madre delle “cose più odiose al mondo” in contrapposizione con il tenero tentativo della figlia di trovare la felicità non solo per sé stessa, è carico di rabbia, di un rancore condiviso, di imbarazzo e senso di colpa, degli occhi di una bambina di sei anni che ti guarda, là sul cuscino di ospedale dove c’è un nuovo inizio.

ERACLE L’INVISIBILE, Il Respiro del Pubblico Festival 22

ERACLE, L’INVISIBILE – Teatro dei Borgia, ph. Luca del Pia

La sala mensa della Associazione Progetto Arcobaleno, storica realtà di sostegno sociale e accoglienza nell’Oltrarno fiorentino, ospita ERACLE, L’INVISIBILE, drammaturgia di Fabrizio Sinisi ispirata alla tragedia di Euripide, il primo dei tre spettacoli di Teatro dei Borgia nell’ambito del Festival, parte del progetto di ricerca sociale e artistica La Città dei Miti, recentemente premiato da Rete Critica e ANCT, insieme a Medea per strada e Filottete dimenticato ospitati da Cantiere Obraz nella scorsa edizione del Festival e recensiti su Gufetto dal gruppo Ciuchi Mannari. Tra tavoli e sedie illuminati dalla luce dei neon, un carrello di acciaio porta pasti, un forno scalda vivande, cartelli in tutte le lingue, Christian Di Domenico, perfettamente a proprio agio nei panni del nostro eroe metropolitano, confeziona cestini per la mensa popolare con scatoletta di tonno, fette di pane e una mela, mentre con l’accento milanese dell’efficienza e del lavoro sciorina citazioni da Gandhi a Leonard Coen, da William Blake a De Andrè. Il monologo stride con le azioni del protagonista, che si fa strada nello studio col massimo dei voti, si sposa, lavora come professore di liceo, ben voluto dai colleghi, capace di dialogare con gli studenti adolescenti: mattone su mattone costruisce la propria esistenza e realizzazione. Ascoltiamo le scelte di successo chiedendoci: che cosa è accaduto a questo uomo normale con una bella casa, una bella moglie, una figlia, il lavoro che ha sempre sognato? Cosa lo ha portato a confezionare cestini da distribuire ai senza tetto? Infatti, mentre impasta il pane lievitato da mettere in forno, ripete tra un aforisma di Oscar Wilde e un proverbio di buon senso popolare un monito: “non si sa mai…”. La domanda sulla vita interrotta del brillante Eracle ci tormenta, divertiti dalla spigliatezza dell’attore, dalla informalità della recitazione, dalla simpatia del personaggio. Non svanisce l’incredulità anche quando, con apparente noncuranza, ci è svelato l’evento, un’accusa infamante, che precipita il professore nell’abisso della povertà, che lo rende invisibile. Restiamo attoniti dalla banalità del non vedibile, indicibile, impensabile: “è facile diventare poveri, basta cominciare”. I conti familiari si fanno stringenti, aumentano i silenzi, si fa palpabile l’imbarazzo disarmante degli ex-amici, le prese di distanza dei colleghi, i giudizi lapidari del popolo del web. Si scatena il dibattito sterile che scaglia pietre pesanti come massi, pietre pulite, senza mani, la gogna mediatica infinita – privati ormai tutti del diritto all’oblio. E luntano se ne va, tutt’a vita accussì, canta Pino Daniele, mentre Ercole affronta il proprio dramma fatto di calcoli continui, costellato di prove da superare sempre più dure, fino alla perdita di tutto ciò che compone la fragile impalcatura dell’esistenza di tutti noi. L’angoscia, pur non ostentata dal protagonista, pervade la platea ormai entrata in empatia con l’eroe euripideo, coinvolta dal racconto di questo uomo costretto a dormire in macchina, a lavarsi nelle palestre, grazie alla mania del fitness. Ma riesce ancora ad andare al karaoke con la figlia, unico legame con la vita precedente ormai in frantumi. La potenza della tragedia greca diventa parola lancinante nei cuori degli spettatori, Teatro dei Borgia rende attuali e politicamente incisive nell’oggi le antiche vicende, come nel significato più profondo del teatro catartico, illumina angoli nascosti del nostro animo, con ERACLE L’INVISIBILE colpisce la paura ancestrale di perdita di identità e umanità: diventare solo “un consumatore, un codice fiscale, una carta di credito, un cash back” non più umani; vedersi tolto tutto, perdere tutto significa non avere più niente da perdere. All’eroe Eracle – ma anche Batman, Thor, Flash, Capitan America o Superman di cui indossa le magliette – è rimasta solo un’assemblea di babbi natali derelitti, e la forza della disperazione per affrontare l’ultima impossibile prova: sopravvivere alla propria famiglia. Con gli applausi commossi del pubblico nella sala mensa scatta il timer del forno: il pane può essere spezzato e condiviso in una toccante celebrazione eucaristica laica di grande umanità.

GIACOMO, Il Respiro del Pubblico Festival 22

GIACOMO, – Teatro dei Borgia, ph. Luca del Pia

I banchi di un Parlamento dismesso e coperti di cellophane accolgono gli spettatori di GIACOMO, nella Sala Vanni, posta all’interno del complesso monumentale della Basilica di Santa Maria del Carmine, nell’omonima piazza fiorentina e sede del Musicus Concentus. In scena con la regia di Gianpiero Borgia, Elena Cotugno che diventa per noi Giacomo Matteotti, evocato con emozione e crescente pathos nei suoi due celebri e profetici discorsi, pronunziati il 31 gennaio 1921, in pieno biennio rosso e, poi, più tardi, il 30 maggio 1924, 11 giorni prima di essere assassinato dai fascisti. Nella voce della Cotugno sentiamo l’angoscia crescente difronte ad una realtà che sembra inarrestabile: le violenze fasciste, la cecità simulata o complice delle istituzioni, il conflitto rovente che dilaga nelle città e nelle campagne italiani che appare sempre più “altro” rispetto al conflitto di classe con cui si identificava, rivelandosi piuttosto lo scontro tra due mondi, due modi opposti di incarnare la partecipazione politica, l’appartenenza al Paese, uno scontro civile nel senso più lacerante e doloroso del termine già gravido del suo carico di morte fratricida e frattura del corpo sociale italiano. Lo spettatore è condotto attraverso il tenace tentativo di Matteotti di dimostrare con i fatti e con il sillogismo della ragione, la china pericolosa imboccata dallo Stato e dalla comunità. Restiamo colpiti dall’onestà intellettuale di un personaggio schierato e coinvolto nell’agone politico ma tuttavia capace di autocritica, di analisi, di dialogo franco con l’avversario. I due discorsi segnano però un iter cronologico fatale che mostra come, a solo pochi anni dal primo, la situazione sia tale da costringere la voce del buon senso e della vera politica, incarnata dal deputato socialista, ad ammutolirsi progressivamente. Le ingiurie, le volgari interruzioni, le aggressioni verbali (e non solo) dalle strade sono entrate sciamando nell’aula del Parlamento fino ad un epilogo che si chiude sul silenzio imposto a Matteotti, sinistro presagio della fine violenta di un personaggio che è rimasto nella memoria icona e martire di un’opposizione forse troppo tardiva o troppo isolata alla barbarie fascista. L’interpretazione della Cotugno, vestita di nero sobrio ed elegante, con aria dimessa e intimorita, unico elemento a distinguerla da pubblico due lacrime azzurre che lei stessa disegna sul volto quando si accinge a dar voce a Matteotti, è intensa e poliedrica; la sua voce solitaria si frammenta dando vita a presenze chiassose e agitate, glissando con crescente affanno e concitazione tra il tono pacato ed elegante del deputato allo schiamazzo giullaresco, al rumoreggiare becero dei fascisti e della greve tifoseria che li affianca.

I tre anni che passano tra il primo e il secondo discorso sono rappresentati da tre grandi bicchieri bevuti sempre più a fatica da Matteotti, amari boccali da mandare giù, che segnano la sua condanna a morte, come un veleno. Il tempo è scandito dai canti di lotta politica, anch’essi muti testimoni della deriva (inevitabile?). La dignità e fierezza de Il Canto dei lavoratori (o vivremo del lavoro o pugnando si morrà) si rovescia nelle parole trionfali e interpretate dall’attrice con la sguaiata esuberanza da milizia in gita di Giovinezza (Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza della vita nell’ebbrezza, il tuo canto squillerà). Matteotti si inserisce quindi nella lista degli (anti)eroi comuni (sarà stato bello, gli eroi son tutti giovani e belli) incarnati per Il Respiro del Pubblico Festival dal Teatro dei Borgia, un mito risucchiato dalla storia, in un momento in cui il suo richiamo alla normalità appariva pericoloso e offensivo al dilagare della deroga alla decenza, della banalizzazione del male, della ferocia guerresca divenuta prassi politica e costume di popolo. Nell’anniversario della marcia su Roma GIACOMO ci costringe a guardare dentro un’epoca della nostra storia di cui ci pungono continuamente le permanenze dell’attualità. Forse ha ragione Brecht: “beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, tuttavia, all’uscita dallo spettacolo, seguito da un interessante incontro di approfondimento sulla figura di Matteotti coordinato dall’On. Valdo Spini, di quell’eroismo comune che resta a schiena dritta nella difesa della banalità del bene sentiremmo il bisogno, oggi più che mai.

MEDEA PER STRADA, Il Respiro del Pubblico Festival 22

MEDEA PER STRADA – Teatro dei Borgia, ph. Marcello Norbert

Elena Cotugno è interprete magnetica e travolgente di una Medea di strada, anzi MEDEA PER STRADA, una produzione Teatro dei Borgia, ideazione e regia Gianpiero Borgia, drammaturgia Fabrizio Sinisi ed Elena Cotugno, presso l’Associazione Il Giardino dei Ciliegi di Firenze. Ai tavolini della sala del circolo, tra il brusio delle chiacchiere distratte del pubblico si fa strada impercettibile una voce, una donna come tante, di cui nessuno si era accorto, sebbene ad un occhio e ad un orecchio più attento colpisca per il trucco pronunciato e l’accento maccheronico di un italiano malcerto. Le si fa attorno il silenzio e in un istante siamo catapultati nella euripidea “tragedia dello straniero”, incarnata da una storia che ne condensa altre, troppe, senza nome, senza voce, storie di donne migranti, prostitute per disperazione, tradite dalla promessa bugiarda di una vita migliore, tradite da un mondo maschile e da una cultura machista (la nostra signori, la nostra!) che fa di una donna bella e ingenua o sola una preda da braccare, un business da sfruttare, un ottimo investimento. Una giovane rumena, costretta ad emigrare da un padre padrone di cui conserva una memoria bonaria e fatalista, derubata di tutti i suoi averi ed avviata forzatamente alla prostituzione da un magnaccia italiano di cui si innamora, diventa donna, madre, cerca di riannodare un filo di normalità attorno ad una vita scippata di dignità, si aggrappa ai due figli, garanzia e unico bene che le sembra di poter rivendicare come suo, e come pegno garante di stabilità per il suo improbabile rapporto di coppia. Ma come in molte storie antiche e moderne c’è una chiave da aprire nella stanza proibita di Barbablù: messa in allerta dalle compagne di strada la donna scopre che il suo uomo frequenta un’altra, un’italiana, che vorrà sposare abbandonando la sgangherata famiglia posticcia creatasi per caso, come uno scarabocchio al margine di un foglio. Se il Giasone nostrano ci appare in una versione tristemente meschina e familiare in controluce dai racconti della protagonista (bello e rosso di capelli, com’era bello), tragica e fatale la trasformazione della Medea di strada sotto in nostri occhi: le sue parole chiassose, forzatamente allegre, il suo canticchiare ostinato stucchevoli canzoni d’amore, cercando complicità col pubblico a poco a poco cedono il passo all’epilogo inaccettabile e ineluttabile e alla fuga, braccata dagli scagnozzi del magnaccia, che, certo, continueranno a cercarla nei vicoli malfamati, nelle ombre rimosse delle nostre città impossibili. Ma nel salutarci, ormai senza trucco e senza parrucca, con un cappuccio in testa a mimetizzarla nella folla dei senza volto, ci chiede “Ma chi siete voi? Chi credete di essere? Quando ci guardate sulle strade. Ma che ne volete sapere voi?” e se ne va, lasciando il pubblico ammutolito, il sorriso delle frizzanti battute iniziali congelato a mezz’aria sul volto, la commozione, la compassione, la vergogna di sé condensata nel cuore, che si scoglie, almeno qui in questo non teatro, in un applauso infinito. Elena Cotugno colpisce per l’intensità dell’interpretazione, per l’adesione naturalistica al personaggio, per la tensione magnetica nella relazione costante col pubblico, vicinissimo, costantemente chiamato in causa, agganciato senza possibilità di sottrarsi ad un coinvolgimento, per la gamma acrobatica di registri ed emozioni suscitate, per l’uso puntuale del corpo, della voce, per la disinvoltura nel registro linguistico meticciato che, ben lontano dall’essere mera nota di colore, diventa correlativo oggettivo delle ipocrisie della nostra società e dei suoi meccanismi di esclusione. Uno spettacolo potente, necessario e bellissimo.

Spettacoli visti dal 27 novembre al 5 dicembre 2022, luoghi vari dell’Oltrarno, Firenze

IL RESPIRO DEL PUBBLICO FESTIVAL 22 – credits e informazioni

EFFETTO PAPAGENO

di Sofia Bolognini, Daniela D’Argenio Donati, Michele Panella
con Daniela D’Argenio Donati
regia Michele Panella
progetto grafico Tadà Design
suoni Dario Costa
produzione Tri-boo in collaborazione con Sotterraneo
Teatro di Cestello, Firenze, 27 novembre 2022

ERACLE, L’INVISIBILE

produzione Teatro dei Borgia
progetto e regia Gianpiero Alighiero Borgia
con Christian Di Domenico
parole di Fabrizio Sinisi e Christian Di Domenico
consulenza sociologica  Domenico Bizzarro
allestimento spazio scenico Filippo Sarcinelli
costumi Giuseppe Avallone e Elena Cotugno
progetto e regia Gianpiero Alighiero Borgia
in co-produzione con  CTB  e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Prima fiorentina
Progetto Arcobaleno, Firenze, 3 dicembre 2022

GIACOMO

un intervento d’arte drammatica in ambito politico di Teatro dei Borgia
testi di Giacomo Matteotti con interruzioni d’Aula
drammaturgia di Elena Cotugno e Gianpiero Borgia
dai verbali delle assemblee parlamentari del 31 gennaio 1921 e del 30 maggio 1924
con Elena Cotugno
costumi Giuseppe Avallone
artigiano dello spazio scenico Filippo Sarcinelli
ideazione, coaching, regia e luci Gianpiero Borgia
coproduzione TB e Artisti Associati Gorizia
con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei ministri
con il patrocinio di Comune di Fratta Polesine, Fondazione Giacomo Matteotti, Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” e Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
Prima fiorentina
Sala Vanni, Firenze, 3 dicembre 2022

MEDEA PER STRADA

una produzione Teatro dei Borgia
ideazione e regia Gianpiero Borgia
drammaturgia Fabrizio Sinisi ed Elena Cotugno
Con Elena Cotugno
progetto scenografico Filippo Sarcinelli
ufficio stampa Antonietta Magli
Giardino dei Ciliegi, Firenze, 5 dicembre 2022

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