GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO @Fabbrichino: fedele sperimentazione sull’opera di Andrea Pazienza

L’oramai iconica opera di Andrea Pazienza, già in passato oggetto di trasposizioni teatrali (vedi qui), è stata protagonista de GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO, in prima assoluta al Teatro Fabbrichino di Prato, da un’idea di Riccardo Goretti, in scena insieme a Massimo Bonechi e Giorgio Rossi e con la partecipazione speciale di Lucia Poli e Davide Riondino. Le ultime 27 ore di vita di Pompeo, insegnante eroinomane alla ricerca del proprio posto in un mondo che non riconosce, si sono sviluppate davanti al pubblico nell’intimo spazio del Fabbrichino in un omaggio all’autore abruzzese che con le sue strisce ha scritto una sorta di autobiografia profetica, copione della sua precoce fine.

La scenografia e i luoghi dell’anima di Pompeo

Gli ultimi giorni di Pompeo foto di Stefano Roiz

In una sorta di tripartitismo, i nuclei fondamentali del mondo di Pompeo-Pazienza si disvelano all’occhio dello spettatore: il luogo dell’intimità, un divano nero ed un tavolino in disordine, dove Pompeo  può rifugiarsi ma senza trovare il conforto che le mura domestiche dovrebbero regalare; il luogo della socialità, una lavagna ed una sedia con banco, a rappresentare quell’aula della scuola di fumetto dove Pompeo è costretto a vestire i panni del docente per conquistarsi quell’etichetta che la società ti richiede per appartenervi, di diritto; infine, la gigantografia al negativo dell’albero disegnato da Majak (alias Pazienza), per il luogo della creatività dove invece non ci sono regole, non ci sono ruoli, non ci sono maschere e le categorizzazioni si fluidificano confondendo i tratti. Ad unire i tre spazi, nel corso dello spettacolo, quella Bologna solamente evocata che con la sua umanità di strada e i suoi marciapiedi, si snoda da una scena all’altra, luogo della peregrinazione e della ricerca spasmodica e a tratti inconsapevole. 

GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO: il gioco delle parti

La squadra composta da Bonechi-Goretti-Rossi salta da una dimensione all’altra con grande facilità palleggiando con il ruolo di Pompeo che ognuno di loro ricopre senza uno schema preciso del quale comunque lo spettatore non sente mai la mancanza. La narrazione esterna ma perennemente in scena si intreccia costantemente con la figura del protagonista che resta al centro, presente o evocato, e laddove la sua dimensione stupefacente prende il posto della corporeità, interviene con efficacia e la giusta dose di impertinenza Giorgio Rossi, danzatore in punta di piedi tra la poesia e il gioco. L’equilibrio complessivo ci convince e anche per coloro che sugli spalti del piccolo teatro conoscono le vicissitudini di Pompeo-Pazienza, crediamo che l’attenzione per lo sviluppo non venga mai meno per la tensione emotiva che gli interpreti sono bravi a costruire scena dopo scena con temperanza e gradualità, esprimendo un profondo rispetto umano e artistico nei confronti dell’opera di Pazienza.

Riccardo Goretti, Massimo Bonechi e Giorgio Rossi in Gli ultimi giorni di Pompeo, foto di Stefano Roiz

La tela a colori di Riccardo Goretti per GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO

Se dovessimo immaginarci la trasposizione teatrale curata da Riccardo Goretti come un fumetto, le linee sinuose in bianco e nero di Pazienza che si innervano da una scena all’altra con artificiosità, la stessa con cui Pompeo vive nella non-sua Bologna, lascerebbero posto ad un cromatismo che lo stigma sociale e il disagio lasciano solo intravedere nell’originale. Merito di Goretti è stato quello di leggere dietro le strisce di Pazienza una sensibilità che grida aiuto nella disperata ricerca di una paura che magari avrebbe salvato il protagonista dalla condanna. Per arrivarci a Pompeo serve però un altro mondo e l’unica spada con cui può conquistarlo è la siringa, dispensatrice di serenità con la sua dose di eroina, perché in fondo, “vuoi mettere risorgere?”. E’ quando la sfida, però, si spinge “fino all’estremo” (come ripetuto a gesso da Goretti in apertura sulla lavagna della scuola) che si sente l’”odore della vertigine” e l’adrenalinico salto nel vuoto può diventare l’unico modo per riposarsi dopo aver “camminato troppo”.

Gli ultimi giorni di Pompeo, foto di Stefano Roiz

GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO: nel rispetto di spirito e opera di Andrea Pazienza

Il lavoro che il trio Bonechi-Goretti-Rossi ha portato avanti esprime un profondo rispetto per il talento controverso di un disegnatore iconico del Novecento. Pur nella fedeltà con cui hanno affrontato le vicende delle ultime 27 ore del protagonista, i tre attori hanno colorato le strisce originarie per restituire le giuste sfumature ad un personaggio complesso, il cui disagio non può essere ridotto alla dipendenza dall’eroina, come invece sarebbe facile catalogarlo. Un pregiudizio che spazza e uniforma, come un soffiatore che spinge via i colori sparsi sulla scena, e che costringe Pompeo ad isolare il proprio cervello sotto mille strati. Gli interpreti di questa trasposizione hanno tentato di liberarne alcuni senza pretenziosità e senza cadere nel rischio di una penosità scivolosa e allo stesso tempo di facile cattura per il pubblico.

Gli ultimi giorni di Pompeo, foto di Stefano Roiz

Nella speranza di rileggere ancora Andrea Pazienza

Probabilmente la passione personale dell’ideatore e, crediamo, anche degli altri in scena ha contribuito alla scelta di rendere giustizia a Pompeo-Pazienza restando pur sempre pedissequi all’originale, anche nell’inconfondibile linguaggio. E magari lo stesso Pazienza, se interrogato, non avrebbe preteso di più (ricordiamo, peraltro, la consulenza della vedova, Marina Comandini). In tal senso riusciamo ad intravedere nell’operazione drammaturgica cui abbiamo assistito un omaggio che va oltre l’opera e si estende alla vita dell’uomo Pazienza con profondo rispetto, spostandosi in punta di piedi tra gli ostacoli del percorso biografico dell’artista. Una sperimentazione che forse è la vera novità de GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO, non solo trasposizione ma rappresentazione. Unico neo: avremmo apprezzato un lavoro di astrazione spazio-temporale più azzardato considerando che l’opera originale, in quanto iconica, possa permettere, e magari, perché no, meritare, ancora di più. Se è vero che si parla di pochi decenni, infatti, lo stravolgimento del mondo da allora è stato tale da consentire già una drammaturgia più contemporanea e più evocata. La meritevole operazione cui abbiamo assistito è stata un’ottima tappa di avvicinamento e speriamo che presto leggeremo ancora in cartellone il nome di Andrea Pazienza per una nuova, speriamo riuscita come questa, sperimentazione.

Visto il 26 aprile 2022

GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO

di Andrea Pazienza
di e con Massimo Bonechi, Riccardo Goretti, Giorgio Rossi
da un’idea di Riccardo Goretti
con l’amichevole consulenza di Marina Comandini in Pazienza
con la partecipazione speciale di Lucia Poli e David Riondino
sound e light design Giacomo Agnifili
costumi Chiara Lanzillotta
assistente alla regia Tommaso Carovani
consulenza grafica Stefano Roiz
produzione Teatro Metastasio di Prato, Associazione Sosta Palmizi
in collaborazione con STA – Spazio Teatrale Allincontro
PRIMA ASSOLUTA
Teatro Fabbrichino, Prato

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