GIORNI FELICI, il grande classico beckettiano, è tornato al Metastasio di Prato in prima nazionale per la regia del nuovo direttore artistico Massimiliano Civica. A misurarsi con la figura di Winnie, dopo Lucilla Morlacchi e Adriana Asti che qui l’hanno interpretata negli anni Duemila, è stata Monica Demuru in scena insieme a Roberto Abbiati cui sono state affidate anche le scenografie.
Pur non mancando gli ingredienti fondamentali, in primis il testo per la traduzione di Carlo Fruttero, l’accoppiata Civica-Demuru ha naturalizzato un capolavoro dell’assurdo regalandoci una trasposizione sorprendentemente familiare.
A cura di Alice Capozza e Leonardo Favilli
Contenuti
GIORNI FELICI di Beckett: un classico
Una sporta nera, uno spazzolino di autentica setola animale, una lente per leggere, un quotidiano nelle mani di un marito molto silenzioso. Non manca assolutamente nulla, tutto quanto ci aspettiamo c’è. E soprattutto non manca l’arida montagnola di terra, uno stilema dei Cretti di Burri, in cui Winnie è incastrata fino alla vita e, in conclusione, fino al collo, con solo un ombrellino a ripararla dal sole cocente. Sullo sfondo un pannello tanto incolore quanto lo è il cumulo di terra, lasciando completamente indefinito lo scenario. Un deserto, una waste land a cui manca il respiro della vastità sperduta, capace di aumentare il senso di isolamento e di estraneità.
Nonostante GIORNI FELICI conosca tantissimi allestimenti con altrettante attrici che si sono cimentate in questo iconico ruolo (oltre alle già citate, annoveriamo tra le più recenti anche Anna Marchesini), si tratta pur sempre di un testo del 1961, ancora giovane per immaginarne un allestimento alternativo e stravolgente come accade, tra gli altri, per i classici antichi.

GIORNI FELICI: l’originalità di Massimiliano Civica
Il tentativo di Civica in questo senso però si avverte a partire dal ritmo che cadenza rappresentazione e recitazione. Non mancano infatti i silenzi e le lunghe pause ma tutto appare contratto, conservando una proporzione che consente comunque allo spettatore di cogliere dettagli e sfumature (anche l’intervallo tra i due atti è stato opportunamente ridotto ad una rapida ‘integrazione’ di scena di pochissimi minuti). In più la tradizionale recitazione sopra le righe, volutamente surreale, complice del sapore assurdo del testo beckettiano, a tratti addirittura onirica nel tono e nell’espressività, in questo allestimento lascia il posto ad una naturalezza che rende la protagonista più familiare, quotidiana, in un dialogo da salotto con un marito taciturno. Una donna borghese che da svampita diventa più deliziosamente civettuola, senza mancare di strappare sorrisi e sempre in grado di trascinarci con lei nel flusso dei suoi pensieri e delle sue sensazioni. Winnie non si allontana più dalla sua condizione, lasciando che i suoi pensieri vaghino con la libertà che le è preclusa fisicamente, ma sembra averla metabolizzata con un grado di consapevolezza che è forse la cifra stilistica più innovativa dell’allestimento di Civica. In fondo questi sono davvero giorni felici e Winnie sembra quasi convincercene.
gli attori Monica Demuru, Roberto Abbiati
Monica Demuru ha perfettamente indossato questo nuovo ruolo, come se le fosse stato cucito addosso dal regista, con cui collabora da svariati anni – ricordiamo l’ultima produzione Antigone di cui abbiamo parlato su Gufetto. La sua Winnie seppur costretta nella cavità della terra, bloccata in una esistenza sterile e arida, si sforza ogni giorno, come può, di sentirsi felice, di avere la forza per affrontare un altro campanello della sveglia, fino al campanello della notte. Ha con sé nella sporta nera il suo piccolo mondo di cianfrusaglie, tesori, consolazioni; vive in bilico tra una pistola e i giorni felici. Cosa c’è di diverso dall’esistenza di tutti? Il corrispettivo oggettivo, reso scenicamente dalla montagnola, è la condizione umana, di cui talvolta sentiamo il peso, ma il più delle mattine ci alziamo per vivere la nostra vita al meglio delle nostre possibilità. Monica Demuru ci rende con sorprendente crudeltà e naturalezza la stessa rassegnazione del nostro quotidiano. Ficcata nella terra, concreta e pratica, come una donna borghese, oltrepassa il proprio stato fisico, per vivere il sentimento più forte e l’unico di cui può nutrirsi: l’amore.
La vita di coppia Demuru – Abbiati
Winnie non esiste senza i borbottii di Willie. Roberto Abbiati, il marito, vive alle spalle del colle di sabbia arida, conficcato a testa in giù come un bruco, appare di spalle, mostrando una ferita sanguinante sulla schiena nuda. Il fiume di parole di Winnie è solo sfiorato dalle risposte del marito, ma quei sospiri, quegli accenni di dialogo sono tutto ciò che la donna cerca, tutto ciò che le serve per dire al mondo che sì, oggi è un giorno felice. Nella voce e negli occhi – perché poco altro resta all’attrice per esprimersi – sentiamo tutta la profondità e insieme la delicatezza di questo equilibrio di coppia. Monica Demuru colpisce, affonda, comunica col pubblico che sia con un gemito, o con un silenzio, o un urlo di dolore, come quando ricorda la figlia Dolly. Ecco che Winnie-Willie diventano una coppia credibile, ordinaria, niente affatto assurda: “la tristezza dopo una canzone. Non t’è mai capitato, Willie? No? La tristezza dopo il rapporto sessuale, quella la conosciamo bene, naturalmente.”

GIORNI FELICI: le nostre amare consolazioni
Guarda il vuoto la Demuru, c’è così poco da dire: Winnie gira il capo alla ricerca di Willie per fargli sentire la dolcezza del suo canto. Riesce a farci partecipi della sua infinita gioia quando finalmente può incrociare lo sguardo del marito; non può farlo fisicamente perché è bloccata, ma è come se potessimo vedere la mano di Winnie protesa ad afferrarlo: “hai sempre avuto un gran bisogno di una mano, Willie.” chissà se il marito è vivo, morto o ancora solo taciturno, se vorrebbe un bacio dalla moglie o afferrare la pistola, o gettare via in confusione gli ordinati oggetti a cui è aggrappata. “Cosa farò senza di loro (gli oggetti) quando le parole mancheranno?” In un contesto storico-sociale in cui soffriamo per la paventata penuria di certi “oggetti” non badiamo abbastanza all’impoverimento lessicale e culturale. L’attenzione quasi reverenziale con cui Winnie si approccia alle sue cose, rassicuranti perché ci saranno sempre nella sua sporta, e la pistola, minaccia ma anche via di fuga dalla contingenza, provoca sentimenti che dovrebbero spaventarci: la tenerezza prende il posto della commiserazione riducendo significativamente quel distacco che invece apparirebbe logico. Come Winnie non abbiamo più gli stessi criteri di logicità e anche a noi, questi di oggi, rischiano di apparire comunque dei giorni felici.
“Il cuore ride nel tormento e nel dolore” Samuel Beckett
Visto il 19 marzo 2022
GIORNI FELICI
di Samuel Beckett
traduzione di Carlo Fruttero
uno spettacolo di Massimiliano Civica
con Roberto Abbiati e Monica Demuru
scene Roberto Abbiati
costumi Daniela Salernitano
luci Gianni Staropoli
produzione Teatro Metastasio di Prato
PRIMA NAZIONALE