Festival Fabbrica Europa a Firenze: l’isolamento dei multi- e degli iper-

Giunto alla XXX edizione, il festival Fabbrica Europa offre un panorama ampio e variegato sulla contemporaneità delle arti performative. Dopo anni in cui è stato esaminato il rapporto tra l’uomo e la tecnologia, la drammaturgia odierna si interroga sul ruolo che in prospettiva il genere umano manterrà nel momento in cui il reale e il virtuale non saranno più distinguibili e la multidimensionalità supererà il terzo livello per esplodere senza limiti verso un’infinità di piani che finora era confinata nella teoria matematica. In questo primo reportage due le performance sotto osservazione: SPEAKING CABLES, di e con Agnese Banti al Museo del Novecento, e WOE/Wastage Of Events, di e con Giacomo Lilliù con il Collettivo ØNAR al nuovo PARC. Tra nuova e vecchia tecnologia, cosa resta di umano nell’umano?

Nei prossimi reportage focalizzeremo la nostra attenzione su: DOMANI di Romeo Castellucci e COEFORE ROCK&ROLL della Compagnia Enzo Cosimi     

FABBRICA EUROPA – WOE al PARC: la potenzialità precaria della realtà virtuale

Giacomo Lilliù in WOE (foto di Monia Pavoni)

Un uomo (Lapis Niger) indossa un apparato per la realtà virtuale, lontano dal tempo e dal luogo presenti, mentre un altro (Giacomo Lilliù), con un lungo e vaporoso abito rosso, che lascia scoperto il petto, è accomodato sul pavimento davanti al suo apparato informatico fatto di computer portatile, cavi, microfono e altri dispositivi. Al centro una vestale (Giulia Rae) in abito bianco davanti ad una consolle audio, spalle al pubblico. Vero protagonista lo schermo centrale, dominante, dove una frana di ammassi dorati dai tratti futuristici sembra autorigenerarsi, la stessa che siamo invitati a monitorare sul nostro cellulare collegandosi alla piattaforma Twitch. Mentre la performance prende vita, nasce un dialogo multidimensionale e multidirezionale che intreccia reale e virtuale con grande efficacia: l’attore in scena, immerso in un mondo vuoto, inizia a costruire la propria realtà con l’ausilio dell’apparato multimediale e il paradigma comunicativo apre al dialogo multisensoriale. In un paesaggio astratto e in frenetico movimento Niger arricchisce l’ambiente virtuale con volute, linee, forme che disegna con fare astrattista. Passivamente esclusi da questa dimensione, assistiamo dal vivo ed osserviamo l’artista in scena muoversi scoordinatamente, reale davanti ad esseri reali, ma senza la virtualità non può esistere scambio. Quelle volute in aria assumono significato solamente nel momento in cui lo sguardo si sposta sullo schermo, sia esso quello in scena oppure quello del proprio telefono dove questa stessa astrazione viene campionata e riproposta, a tratti in differita, a tratti in diretta, su una piattaforma digitale. I virtuali iniziano a comunicare direttamente tra loro, escludendoci ancora una volta. In questa rete di piani comunicativi prende corpo, scena dopo scena, tratto dopo tratto, il processo creativo dell’evento cui stiamo assistendo, una diretta nella diretta, dove a momenti si riconoscono oggetti e suppellettili estrapolati dal loro habitat come Kandinskij o Mirò erano stati in grado di trasporre sulla tela con l’uso di pennelli e colori. Questo astrattismo però non è destinato a restare, e finirà nel dimenticatoio, uno dei tanti file che nel loro regolare ciclo vitale morirà nel cestino. Lilliù ce lo ricorda con i suoi interventi che si sovrappongono alla virtualità, sussurrati a tratti mentre per ognuno un piccolo led rosso si accende all’interno di un vaso pieno d’acqua. Come ogni rituale, un profondo senso antropologico si nasconde dietro le azioni e nonostante il mistero, ci appare così umano e così tangibile da apparirci cristallino, profondamente significante. La permanenza sul piano reale però si interrompe presto quando in un crescendo Lilliù ci racconta, passo dopo passo, il processo di distruzione di quel mondo che si sta costruendo, mero file destinato ad un cestino altrettanto virtuale. Purtroppo, come dei rifiuti digitali, anche gli eventi, fatti di esperienze e sensazioni, non lasceranno tracce: i piccoli LED rosso passione letteralmente bevuti da Lilliù in scena finiranno infatti per essere risputati fuori, non ne resterà nulla dentro e quel rosso, unica nota cromatica reale, si rivela aridamente il colore dell’icona Elimina su uno schermo. Solo la dimensione musicale sembra salvarsi, protetta dalla sua sacerdotessa mentre si spinge con la stessa disinvoltura tra i piani in gioco, concreta e allo stesso tempo immateriale.

Scenografia di WOE al PARC (foto di Monia Pavoni)

Non abbiamo percepito disperazione né rassegnazione in questo Wastage of Events, neanche laddove l’intelletto sembra fallare perché le dirette sono sfasate o il testo alla spalle di Lilliù cattura stralci del suo flusso verbale, spesso senza nemmeno una corrispondenza. Ma del resto è difficile capire su quale piano risieda la realtà. Difficile distinguere l’hic et nunc nel caleidoscopio in cui ci ha gettato la performance che si spegne in conclusione sull’applauso finale con la consapevolezza, unica forse, che non meriterebbe di finire in quel Wastage of Events nel quale invece rischiamo di gettare le esperienze, che seppur reali, affidiamo al virtuale dei cloud e dei server.

FABBRICA EUROPA – SPEAKING CABLES al Museo del Novecento: l’isolamento dell’ipercomunicazione

Resta protagonista la tecnologia anche in SPEAKING CABLES, di e con Agnese Banti insieme ad Andrea Trona, curatore del live elettronico. Sul pavimento bianco sistemato al centro del chiostro del Museo, 12 piccole casse audio sono allineate come fossero dei pedoni sulla scacchiera, collegate ai loro lunghi cavi neri perfettamente arrotolati. Al centro un microfono con il suo cavo, rosso stavolta, anche lui ad accogliere il pubblico insieme al tecnico a latere pronto a dirigere questo particolare ensemble. La Banti si muove quasi religiosamente ma con dimestichezza nello spazio, spostando le casse in geometrie precise, regolari, a formare platee di bocche capaci di emettere ma non di ricevere, di ascoltare. Al microfono i suoni dell’artista vengono registrati e successivamente campionati, finendo spesso in quel rumore di fondo risonante che solo quando la Banti stacca i cavi abbandona le nostre orecchie. Poche le parole intelligibili e perlopiù in lingua inglese (“He does not move/ He executes the same movements/He moves away but he does not move”) mentre anche la dimensione visiva si arricchisce quando i cavi vengono accuratamente disposti a disegnare geometrie sul bianco del fondo.

Agnese Banti in SPEAKING CABLES (foto di Monia Pavoni)

Una massa di oggetti indistinguibili dove difficilmente si riesce a riconoscere da dove proviene il suono, a tratti differenziato tra gli apparecchi, e per i quali esiste solo la parola detta, ridotta a mero amalgama sonoro, senza nessuna possibilità di ascolto e quindi di dialogo. Mezzi nati per favorire la comunicazione ma incapaci di compiere l’atto, anzi lo osteggiano. Una metafora, quella della Banti, che appare come un quadro scoraggiante del nostro presente dove esistono mille piazze, reali e soprattutto virtuali, in cui è consentito parlare ma non c’è spazio per ricevere. Ogni tentativo di instaurare uno scambio, come per l’unico microfono in scena, fallisce miseramente finendo inghiottito nel rumore di fondo che ci isola, effetto di un eccesso dialettico monodirezionato. Come un’ammaestratrice, l’artista si sposta con disinvoltura nello spazio scenico, deus ex machina che muove le pedine decidendone posizione, orientamento, possibilità di emettere o meno dei suoni, pronta ad ucciderle staccando i cavi. Forse una metafora di quei gangli in cui il paradigma comunicativo si è trovato invischiato e dal quale sembra impossibile uscire nell’era dell’ipercomunicazione, privata però della capacità di compassione.        

I primi 10 giorni del festival (video di Giulia Lenzi)

FABBRICA EUROPA FESTIVAL

SPEAKING CABLES dispositivo per voci, cavi ed altoparlanti

con Agnese Banti
live electronics: Andrea Trona

progetto artistico, composizione musicale e regia: Agnese Banti
collaborazione artistica e tecnica, informatica musicale: Andrea Trona
collaborazione alla drammaturgia e alla regia: Marta Vitalini
regia del suono: Agnese Banti, Andrea Trona
consulenza tecnica e luci: Antonio Rinaldi
incontri artistici a cura di FONDO: Yan Duyvendak, Camille Louis, Ana Pi
residenze: Teatro Il Lavatoio, Santarcangelo dei Teatri; L’arboreto – Teatro Dimora | Centro di Residenza Emilia-Romagna; Fabbrica Europa / PARC; Sala Verdi – I Teatri di Reggio Emilia; Villa Strozzi – Tempo Reale; Vulkano/Malagola – Ravenna Teatro

progetto sostenuto da FONDO, network per la creatività emergente sviluppato da Santarcangelo dei Teatri con AMAT, Centrale Fies, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Fabbrica Europa, I Teatri di Reggio Emilia, L’arboreto – Teatro Dimora | Centro di Residenza Emilia-Romagna, Operaestate Festival Veneto / CSC Centro per la Scena Contemporanea, Ravenna Teatro, Teatro Pubblico Campano, Teatro Pubblico Pugliese, TSU Teatro Stabile dell’Umbria, Triennale Milano Teatro

Visto al Museo del Novecento (Firenze) il 14 settembre 2023

WOE/Wastage Of Events

ideazione, testi, regia, interpretazione: Giacomo Lilliù
ideazione, ambienti 3D, performance in realtà virtuale: Lapis Niger
disegno del suono, musiche originali dal vivo: Giulia Rae
scene: Federica Amatuccio
costumi: Teleki
programmazione e curatela digitale: Tancredi Di Giovanni
curatela del live streaming: Lele Marcojanni
curatela dell’audio: Riccardo Gamondi
una creazione Collettivo ØNAR
produzione: MALTE
con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Marche

residenze: DAS – Dispositivo Arti Sperimentali
progetto vincitore di RESIDENZE DIGITALI 2021 a cura di Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), in collaborazione con AMAT, Anghiari Dance Hub, ATCL per Spazio Rossellini, Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto-Teatro Dimora/La Corte Ospitale), Teatro della Tosse, Zona K
progetto sostenuto con la fellowship di FONDO 2022 sviluppato da Santarcangelo Festival con AMAT, Centrale Fies, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Fabbrica Europa, I Teatri di Reggio Emilia, L’arboreto – Teatro Dimora | Centro di Residenza Emilia-Romagna, Operaestate Festival Veneto / CSC Centro per la Scena Contemporanea, Ravenna Teatro, Teatro Pubblico Campano, Teatro Pubblico Pugliese, TSU Teatro Stabile dell’Umbria, Triennale Milano Teatro
progetto vincitore dell’open call internazionale LMDP 2023

Visto al PARC (Performing Arts Research Centre), Firenze, il 17 settembre 2023

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF