E’ andato in scena al Teatro della Pergola di Firenze, EZRA IN GABBIA O IL CASO EZRA POUND, prodotto dal Teatro Stabile del Veneto insieme a OTI – Officine del Teatro Italiano, nell’ambito del Progetto VenEzra promosso dalla Regione Veneto.
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EZRA IN GABBIA: il controverso caso Pound

Al centro dell’angusta porzione di palcoscenico ricavata dietro le quinte, una gabbia, come quella dove fu rinchiuso Ezra Pound nel campo di prigionia dell’esercito americano a Metato, presso Pisa (Disciplinary Training Center of the Mediterranean Theater of Operations). Pound rimase per 25 giorni, nell’estate del 1945, in una gabbia di rete metallica, un tetto di lamiera, il pavimento in cemento, il filo spinato, esposto alle intemperie.
L’accusa era quella di tradimento del suo Paese, gli Stati Uniti, per aver portato avanti, attraverso Radio Roma, attività di propaganda per quel regime fascista che aveva appoggiato dall’ascesa di Mussolini alla Repubblica Sociale Italiana: se fosse stato condannato, la pena prevista sarebbe potuta essere quella capitale, ma Pound non subì mai un processo perché una commissione di psichiatri lo giudicò non processabile per disturbi mentali. Per questa perizia il poeta fu rinchiuso in un manicomio criminale: sarà liberato solo nel 1958, stavolta riconsegnato alla storia come il poeta pazzo ma innocuo.
EZRA IN GABBIA: il processo
Quel processo, che non è mai avvenuto, prende vita nel testo teatrale EZRA IN GABBIA, scritto e diretto da Leonardo Petrillo, nel magistrale monologo di Mariano Rigillo: una voce sola e isolata, sradicata e fuori di squadra, in perpetua e puerile rivolta, che non racconta, non spiega, non chiarisce. Dalla autodifesa costruita anche attraverso dichiarazioni e interviste al poeta, emerge il grido di un uomo le cui idee diventano ossessioni: rabbia e rimpianto intessono un discorso franto e senza possibilità di contraddittorio – quali sono stati gli errori per cui il poeta ha pagato? É in gabbia per l’appoggio al Fascismo? L’uomo si difende: non è mai stato violento, razzista o antisemita. Provocatorio e contraddittorio: é l’intellettuale che è stato rinchiuso, l’anti-rooseveltiano, antibolscevico, nemico del capitalismo e delle banche. Siamo in una usurocrazia e, da questo cannocchiale rovesciato, l’Italia mussoliniana appare un Eden, l’idealizzata patria del Dolce stil novo, una terza via, mentre la guerra un male necessario. La storia si disfa nella prospettiva mitica e distorta del poeta che ha subito una damnatio memoriae.
EZRA IN GABBIA: nell’universo dei Cantos
Usura arrugginisce il cesello/ arrugginisce l’arte e l’artiere/ corrode il filo al telaio/ contagia cancrena all’azzurro/ al cremisi nega fiorami/ induce paralisi ai talami

In un caleidoscopio di immagini, musiche e versi, scompare la gabbia, irrompono i Canti pisani letti da Anna Teresa Rossini: un vorticoso susseguirsi di proiezioni che immette in scena materiche immagini di cielo, terra e mare, tra note dissonanti risuonano epos e storia, Confucio e Dante, lamento, invettiva, illuminazioni, ricordi dolorosi e riflessioni: nella poesia, come flatus vocis, lo spazio è riempito oltre misura, colma e contrasta la solitudine dell’uomo, l’autobiografia si solleva a mito, dalla profonda e viva tristezza: “Quello che veramente ami non ti sarà strappato/ quello che veramente ami è la tua vera eredità/ il mondo a chi appartiene, a me, a loro/ o a nessuno?”
EZRA IN GABBIA: sospensione del giudizio
Il pubblico è chiamato ad essere giuria: si sforza di capirlo, non può giudicarlo, nel terreno scivoloso dell’apologia del Fascismo. Sì è tentati di ammettere, con il poeta Eugenio Montale, che non si può dire che “il suo pensiero mancasse di una sua logica; benché tale logica, studiata nel contesto del pensiero politico a lui congeniale, non fosse che la prognosi sbagliata di una diagnosi giusta”. E comprendere non è giustificare, é fare i conti con la storia, una storia in cui, se è vero che solo alcuni hanno dovuto espiare i propri errori, è ugualmente vero che errori ci furono. Lo spettatore è così portato a chiedersi quali siano i limiti della libertà di pensiero, quale sia il ruolo dell’intellettuale, se si possano considerare delle guerre necessarie e cosa sia giustizia: Pound fu salvato dalla pena capitale rinchiudendolo in una gabbia? Riabilitare la sua figura significa rendere un intellettuale che ha appoggiato un regime totalitario un martire della libertà di pensiero?
Fare i conti con il passato: in un’intervista RAI del 1968, al liberato Ezra Pound, Pier Paolo Pasolini dedicava, modificando i nomi, uno dei testi di Lustra che il poeta americano aveva dedicato a Walt Whitman: “Stringo un patto con te, Ezra Pound/ ti detesto ormai da troppo tempo./ Vengo a te come un fanciullo cresciuto/ che ha avuto un padre dalla testa dura/ sono abbastanza grande ora per fare amicizia./ Fosti tu ad intagliare il legno./ Ora è tempo di abbattere la nuova foresta./ Abbiamo un solo stelo e una sola radice/ che i rapporti siano ristabiliti tra noi”.
Visto il 27 ottobre 2023 al Teatro della Pergola, Firenze
EZRA IN GABBIA O IL CASO EZRA POUND
liberamente tratto dagli scritti e dalle dichiarazioni di Ezra Pound
con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini
scritto e diretto da Leonardo Petrillo
scene Gianluca Amodio
costumi Lia Francesca Morandini
disegno luci Enrico Berardi
musiche Carlo Covelli
aiuto regia Mario Rinaldoni
produzione TSV, OTI – Officine del Teatro Italiano
nell’ambito del progetto VenEzra promosso da Regione Veneto