ECUBA, LA CAGNA NERA @Teatro di Buti: il gelo sublime di un Euripide contemporaneo

Ci sono artigiani del teatro capaci di far diventare le difficoltà opportunità. La chiusura del Teatro Francesco di Bartolo a Buti, ha fatto nascere in Dario Marconcini, ideatore della Stagione Teatrale Di Luogo in luogo, l’idea di moltiplicare gli spazi, e di approfittare in alternanza della Sala di Bartolo e del Teatro Vittoria di Cascine di Buti per offrire al pubblico la possibilità di godere del lavoro di artisti come il Teatro del Carretto, Francesca Sarteanesi, Giancarlo Cauteruccio ed altri. Fra gli altri, in ECUBA, LA CAGNA NERA, Giovanna Daddi ha dato nuovamente voce al dolore di Ecuba, in procinto di salpare verso una vita di schiava sotto il soffio dei venti terribili della guerra.

LA CAGNA NERA: IL MONOLOGO DEL DOLORE di ECUBA

ECUBA, LA CAGNA NERA, regia di Dario Marconcini

Un teatro in levare. Una sola interprete, Giovanna Daddi, Ecuba, quasi sempre ferma, seduta su un rustico panchetto, ammantata di vesti grigie e nere, talvolta curva in avanti, talvolta inginocchiata. Le fa un rapido contraltare il giovane Poseidone, Leonardo Greco, e un tappeto di suoni le viene fornito dalla Sagra della Primavera di Stravinskij. Lo sfondo, video, svanisce subito: una città che crolla: non Troia, una città di oggi, una delle innumerevoli rovine che la guerra si lascia alle spalle. Ma, dicevamo, svanisce subito, perché è Euripide che parla: il grande tragico che ha reso Ecuba la maschera più ferma e forte del cordoglio, del vuoto, della sconfitta. Un tempo regina e ora schiava, in attesa di sapere chi sarà il nuovo padrone, Ecuba deve ancora vivere il momento più lacerante di un conflitto che ha costellato di cadaveri la città, la famiglia: deve intonare il compianto sul corpo fracassato del nipotino, Astianatte, lanciato dalle mura dai Greci che scelgono così di eliminare il futuro vendicatore e di spezzare ogni germoglio della stirpe nemica, ora completamente annullata.

LA CAGNA NERA: IL GELO DEL SUBLIME

Giovanna Daddi, in un momento dello spettacolo

Con alto stile, l’attrice pronuncia un lungo monologo che riassume tutte le sfumature del cordoglio di Ecuba nelle Troiane: lutto, desolazione, vuoto, perdita, sconfitta, incredulità. Lo pronuncia, non cedendo mai alla tentazione del pathos: brechtiana, pulita e sublime, lo porge, in una dimensione che sta volontariamente agli antipodi dal compianto per immergersi nella luminosa eternità del mito. Lo porge in una traduzione non contemporanea, che in alcuni luoghi cede alle insidie del deprecabile ‘traduttese’, ma che svolge completamente il suo compito: risultare alta, oscura, oracolare, poco comprensibile. Non quotidiana, aliena. Non a caso Serpieri, nei suoi consigli di traduzione, esortò a rimanere densi e ellittici, perché proprio da questi nodi di semi incomprensibilità nasce la poesia. E se non la poesia, almeno l’amara consapevolezza. Almeno tutta la portata di una disperazione asciutta, insensata, irrimediabile.

ECUBA: FULMEN IN CLAUSOLA

La lezione gelida e sublime che Giovanna Daddi ci fornisce esplode nel finale: il lungo monologo si conclude nei latrati della cagna nera, nella quale, lo sappiamo, Ecuba si trasformò durante la traversata che avrebbe dovuto condurla al suo destino di schiavitù: “forsennata latrò sì come cane,/ tanto il dolor le fé la mente torta”, chiosò Dante, che non sbaglia mai. E lo spettacolo conosce una chiave di lettura metateatrale proprio all’ultimo secondo, quando Dario Marconcini raggiunge in scena la sua attrice per pronunciare l’immortale battuta di Shakespeare: “chi è Ecuba per lui?” A parte il sottile suggerimento interpretativo, perché la Daddi non ha ceduto ai rossori e ai palpiti dei comici nell’Amleto, ma si è attestata in un sublime lunare terribilmente efficace e per niente patetico, la scena fa sobbalzare l’intero pubblico, tanto è forte l’impatto con la presenza e la voce di Marconcini: dalla sua entrata, molti hanno pensato che lo spettacolo avrebbe conosciuto una seconda partenza, un nuovo inizio. È il vertice, invece, fra gli applausi del pubblico.

Visto il 9 dicembre 2022, alla Sala di Bartolo, Buti (PI)

ECUBA, LA CAGNA NERA

Da Le Troiane di Euripide
Drammaturgia e regia Dario Marconcini
Scene e Luci Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia
Produzione Associazione Teatro Buti

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