COLÒNI @Teatro Povero: un grande passo per la gente di Monticchiello

Edizione numero 57 per l’autodramma della gente di Monticchiello che anima, come ogni anno, la storica Piazza della Commenda del piccolo paese, perla della Val d’Orcia. COLÒNI è il titolo del testo che fino al prossimo 14 agosto (tutti i giorni alle 21.30) vedrà la luce attraverso i corpi, le voci e le emozioni degli abitanti del borgo, insieme attori e coautori. Un miracolo che anche quest’anno, e forse più degli altri di questo nuovo corso, soppesa ed amalgama con sapiente ironia, ansie del futuro, legame con il passato e desiderio di comunità, disposta a tutto pur di non perdersi. Anche, ad esempio, colonizzare un cratere lunare

L’autodramma e l’immancabile rapporto tra ieri e oggi

COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)
COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)

Se il 20 luglio 1969 è, e sarà ricordato, per il primo allunaggio, per la gente di Monticchiello questa data assume una valenza multipla. Per la prima volta, dopo due anni di sperimentazione, l’autodramma assumeva la forma che ancora oggi preserva orgogliosamente. E’ il mondo intorno ad essere cambiato. Una valle arida e meravigliosa, in parte abbandonata da quella mezzadria che l’aveva irrorata di fatica e sudore, e dove ancora risuonavano gli echi della battaglia partigiana del 1944, è sbarcata nel XXI secolo nel pieno di una metamorfosi socio-economica profonda, mèta ambita della borghesia di mezzo mondo. Quel passato però non può e non deve scomparire nascosto dagli idiomi che rischiano di soppiantare la veracità del dialetto locale e i valori della comunità. Si parte perciò dal passato, da quel gomicciolo di eventi e di ricordi fatti di nomi e cognomi: che abbia inizio l’autodramma!

COLÒNI: ieri giovani speranzosi con lo sguardo rivolto all’insù

COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)
COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)

La lotta per la libertà dei diritti, le speranze e le prospettive affidate alla rinata democrazia, e poi la realizzazione di un atavico sogno, quello di ribaltare la prospettiva e guardare la Terra dal suo satellite naturale. Profuma di ottimismo e di conquista la partenza dello spettacolo in cui attori giovani interpretano i ruoli di coloro che c’erano davvero – e in alcuni casi ci sono ancora – quel giorno d’estate di 54 anni fa. L’emozione del giovane Arturo poco prima del debutto s’intreccia con l’entusiasmo del piccolo Lucio, suo figlio, orgoglioso del suo razzo modello e preoccupato che possa accadere qualcosa di brutto a quei tre “òmini” sull’Apollo 11. Un intreccio di paure e di sogni, già realizzati o solo immaginati, si infittisce fin dai primi quadri: mentre tutti intorno si agitano perché la storia di un piccolo borgo sperduto sta finalmente per debuttare in scena, e l’impianto audiovisivo collegato con la cronaca in diretta di Tito Stagno fa i capricci, il tondo sullo sfondo materializza, oltre ai contributi video, i ricordi della battaglia e la paura del buio di Arturo bambino, circondato da una costellazione di lumini, piccoli spiriti dei defunti, Lari protettori. Come sono andate le cose lo sappiamo, è Storia: dell’autodramma, di grandi passi per l’umanità, della Repubblica, delle ideologie e anche del piccolo Arturo, ormai padre.

COLÒNI: oggi aspiranti astronauti lanciati verso il futuro

Resta comunque ancora tanta, forse, storia da scrivere. Sul pianeta Terra però le risorse sono oramai in esaurimento – siamo già nel 2030, ovvero dopodomani – e lo stravolgimento climatico non consente più di portare avanti la vita come la conosciamo. Non ci resta che guardare a quei tre “òmini” e provare a colonizzare la Luna per ricostruire la comunità. Tra rimorsi e rimpianti per l’occasione sprecata sul nostro attuale pianeta, e l’entusiasmo quasi incosciente per il futuro in un ambiente di base inospitale, si innesca il processo narrativo che mette a confronto tre generazioni sul palco, tutte impegnate con le difficoltà dell’organizzazione della “trasferta”. Come acquistare l’astronave? Cosa portare nel Nuovo Mondo, nel cratere Geminino Montanari che è stato assegnato ai monticchiellesi? Siamo disposti a rinunciare al nostro attuale mondo, fatto di un materialismo dogmatico a tratti feticistico, dove anche un ghiacciolo alla frutta è oramai emblema di uno sfruttamento incontrollato? Come nella tradizione dell’autodramma, la risposta resta sospesa tra spirito di sopravvivenza e fiducia nella comunità. Ma la vena ironica è spiccatamente più marcata in questo COLÒNI. Si torna a ridere con gusto delle nostre idiosincrasie, contraddizioni, storture, innescando numerosi applausi a scena aperta che intervengono significativamente nel ritmo complessivo, comunque mediamente sostenuto con perizia dal gruppo.       

Immaginazione: il propulsore dell’autodramma

COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)
COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)

E allora, a che è servito (il teatro)?Ci ha insegnato a immaginare! […] A farci immaginare un modo diverso di vivere”. Tra i tanti stimoli che la messa in scena offre, questa battuta illumina e nobilita un testo che ci è parso ottimamente bilanciato tra preservazione della tradizione – lo scontro tra le ideologie, il confronto e l’incomprensione tra le generazioni, il legame indissolubile con il territorio e la sua storia – e nuova freschezza drammaturgica. Come nell’immaginario teatrale il genere umano dovrà misurarsi con la sfida della colonizzazione della Luna, anche l’autodramma dovrà misurarsi con l’evoluzione dei tempi per tentare di immaginare un modo diverso di vivere e di convivere, tra di noi e con il nostro mondo. Perché nel Nuovo non possiamo immaginare di ripetere gli stessi errori ma dobbiamo concedere al teatro di disegnare i contorni di uno stile di vita diverso, per non lasciare indietro nessuno. Dove magari i bambini possano, come i grandi, fare un’assemblea per la consapevolezza del gruppo e la gestione dei rapporti coi grandi. O dove il tempo possa anche viaggiare al contrario e si possa, come la signora Tamara, protagonista di due poetici intermezzi, sognare di tornare “pichini”, bambini ancora aperti alla vita e capaci di cambiare le proprie scelte per ricominciare da capo con lo spirito giusto, da fanciullino di pascoliana memoria.  

“E allora, a che è servito (il teatro)? – Ci ha insegnato a immaginare! […] A farci immaginare un modo diverso di vivere”

I COLÒNI celebrano la terra per seminare il domani

COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)
COLÒNI (foto di scena di Emiliano Migliorucci)

Essere colòni nel III millennio non significa coltivare sulla base di un contratto ma seminare per raccogliere futuro. Non serve la vanga ma servono animi rinnovati per recuperare quel desiderio di riscatto che ha portato i partigiani a combattere e le generazioni successive a difendere i propri valori. E dello spirito della comunità è intrisa la terra della Val d’Orcia, quella che Arturo Vignai, stavolta quello vero che nel 1969 era sul palco, porta in scena, protagonista di un rito collettivo in cui la coscienza si risveglia, affondando le mani nella rena che ancora profuma di fatica, sangue e sudore. Perché la risposta resta sempre la Comunità, sia essa sul palco o tra i tavoli della mitica Taverna del Bronzone dove ritroviamo gli attori appena scesi dal palco a servirci degli imperdibili pici cacio e pepe. Quella cerimonia antropologicamente atavica, tanto terrena quanto lontana dalle ambizioni argonautiche dei nostri protagonisti, alla ricerca di un vello che si chiama domani, si celebra ogni giorno per non tradire mai lo spirito. Lo fanno le generazioni sul palco, davanti e dietro le quinte, come le anime di coloro che in chiusura tornano fiammelle crepitanti pronte ad allunare, perché anche per loro la terra è Madre. Una celebrazione, quella di questo autodramma, che merita ammirazione e stima, con la curiosità per i nuovi mondi su cui ci auguriamo di poter fantasticare nelle prossime edizioni, magari non più a Monticchiello ma a Geminino Montanari. Anche se, a dire il vero, non suona altrettanto bene.

Visto a Monticchiello (SI) il 30 luglio 2023

COLÒNI

LVII autodramma della gente di Monticchiello

Repliche ogni giorno fino al 14 agosto, ore 21.30
📞 Prenotazioni telefoniche: (+39) 0578 75 51 18, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
🗒️ Prenotazioni online al link https://teatropovero.it/prenotazione/

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