QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA, IN ARTE SON CHISCIOTTƏ @Materia Prima Festival 23: la vita è resistere

Arriva a conclusione la decima edizione MATERIA PRIMA FESTIVAL la rassegna di teatro contemporaneo al Teatro Cantiere Florida a cura di Murmuris, con lo spettacolo vincitore Premio Inbox 2022 QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA di Marco Ceccotti e l’ultimo spettacolo del gruppo aretino Officine della Cultura IN ARTE SON CHISCIOTTƏ finalmente a teatro dopo una versione streaming durante la pandemia. Da una parte un affresco familiare desolante e delirante dove la lotta per dare un senso alla vita si fa senza energia in un eterno procrastinare l’esistenza su un divano; dall’altra la strenua resistenza di una coppia di cavaliere Chisciottə, che nonostante l’inevitabile sconfitta finale, sanno reinventare se stesse grazie al gusto di sperimentare una mescolanza di arti: dal cinema, al teatro, dalla musica dal vivo, alle marionette, fino al metateatro.

A cura di Sandra Balsimelli e Alice Capozza

QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA: il rifugio della banalità del vivere

una scena di QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA – ph Claudia Pajewski

Marco Ceccotti dipinge un quadro surreale e dissacrante della routine di una famiglia di sconfitti, di persone immobili in un vivere alla meno, quieto quanto mortale, dove il rimpianto per le occasioni mancate si stempera nelle fantasie vagamente allucinogene che ciascuno dei protagonisti – madre, padre, figlio – crea per descrivere la realtà secondo schemi fissi e reiterati senza entusiasmo. In QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA ironia e immaginazione accompagnano uno spettatore divertito, e a tratti sempre più perplesso, di fronte al palesarsi di una crescente follia che dilaga nei dialoghi beckettiani di questi personaggi in attesa di un Godot (o un invito a cena al ristorante cinese) che non arriva mai. I cliché sono tutti rispettati: un uomo mediocre e immobile che campa la famiglia a suon di compromessi con la coscienza, salvo covare dentro di sé ambizioni autoritarie e conservatrici, da uomo forte che non riesce a incarnare nemmeno travestito da Saddam Hussein; una moglie e madre cinicamente rassegnata a spegnersi dietro l’accudimento distratto dei due uomini che non ama e che sa responsabili del suo fallimento umano, tra un romanzo di Stephen King e l’altro che si ostinano a regalarle in serie, senza un briciolo di fantasia; il figlio eterno e irrisolto bambino, invecchiato nella dipendenza da un nido soffocante e iperprotettivo da cui non riesce a uscire, che inventa i finali dei libri per gli altri, piuttosto che rischiare di iniziare lui un capitolo nuovo. Lo spettacolo regge sul meccanismo comico della ripetizione ossessiva di luoghi comuni e di non-sense, procedendo per anaffettivi e vuoti insegnamenti di vita “così, così, e poi così” alla ricerca di un contrasto impossibile “la realizzazione personale è proporzionale alle disgrazie familiari” a cui i protagonisti si arrendono nella banalità di quel soffocante quieto vivere senza nessuno slancio. Ingredienti interessanti e sorretti da una surreale comicità che, tuttavia in corso d’opera, sembra non sufficiente a giustificare l’eccesso di estraniamento provocato dalla storia: lo spettacolo offre spunti di riflessioni non riuscendo, tuttavia, a mantenere del tutto le sue promesse.

IN ARTE SON CHISCIOTTƏ: un sogno senza genere

una scena di IIN ARTE SON CHISCIOTTƏ – ph. Ilaria Costanzo

Torniamo a teatro per questa innovativa versione di Samuele Boncompagni ispirata al Don Chisciotte della Mancia, di cui conserviamo il ricordo della interessante versione streaming in pieno covid, con una regia riadattata alla telecamera e al suo linguaggio freddo e desolante, in quei mesi in cui il calore umano di una sala piena sembrava perduto fino a tempo indeterminato: un teatro che si fa cinema senza perdere la magia illusionista di un’arte evocatrice di ombre più reali della realtà stessa. Ancora adesso è forte il bisogno, come in quel digiuno degli spettatori in lockdown, di un liberatorio e salvifico Chisciotte, colui che più di tutti ci invita a credere all’impossibile, all’utopia, alle cause perse, alla fantasia visionaria di chi non si arrende. E tanto più potente il capovolgimento di ruoli che vede il duo dolcemente ironico e sconclusionato Pancho/Chioscotte interpretato da due donne – Luisa Bosi e Elena Ferri. Entrambe cavaliere dalla triste figura Chisciottə “maschile singolare o femminile plurale” sono paladine delle lotte contro i mulini a vento di tutti i tempi, che dopo averli sgominati uno ad uno, e buttati giù, tabù dopo tabù, come nella storia della pastora Marcella, che vive libera e non accetta imposizioni, e il suo ostinato pretendente Grisostomo, ci invitano a considerarle icone di una parte di noi immortale e trasversale ai secoli, ai generi, alle etichette nelle quali, proprio no, non accettano di vedersi confinate.

Orchesta multietnica di Arezzo in IN ARTE SON CHISCIOTTƏ

Una complessa messa in scena quella di IN ARTE SON CHISCIOTTƏ che vede mescolare l’arte del cinema e del teatro, trasferendo le azioni dal palco alla proiezione in diretta su un velo posto a sipario, in un continuo alternarsi dalla scenografia reale e viva, alla finzione realistica del cinema; così come le stesse attrici che si truccano in platea per sparire sul palco e riapparire sullo schermo, passando senza soluzione di continuità da impersonare se stesse in camerino o in una pausa delle prove, ad essere cavaliere senza macchia pronte a scendere nell’abisso nella bocca della caverna di Montesinos dove tutto è finto e niente è falso. La scena, giocata su più piani che si susseguono e s’intrecciano, è allestita in diretta dalla scenografa Lucia Baricci che realizza su due lunghi tavoli le illusioni filmiche con burattini, libri pop up, miniature di cartone dei fantastici ambienti della storia, pupazzi e girandole semoventi. Perfino la musica dell’Orchestra Multietnica di Arezzo si svela suonata dal vivo solo a metà pièce, quando tutti smontano per mangiare – con buon piacere di Sancho – come nelle locande al tempo di Cervantes, e il sipario si apre come uno squarcio nel velo della finzione. Non mancano le dame, i cavalier, l’arme, gli amori come da poema: le audaci imprese delle nostre nuove Chisciotte sono in bilico tra la tenera comicità dei personaggi e riflessioni sul teatro, sul rapporto tra realtà e finzione, sul ruolo degli attori che ci fanno compagnia e ci fanno tanto divertire (stoccata con questa dolorosa citazione): il teatro è uno specchio della vita, “alla fine la morte ci toglie il costume di scena rendendoci tutti uguali” e leChisciottə possono uscire di scena.

IN ARTE SON CHISCIOTTƏ trailer

QUESTA SPLENDIDA NON BELLIGERANZA

spettacolo di Marco Ceccotti
con Giordano Domenico Agrusta, Luca Di Capua, Simona Oppedisano
supervisione di Lucia Calamaro e Graziano Graziani
disegno luci di Camila Chiozza
costumi di Stefania Pisano
prodotto da Teatro Metastasio
in collaborazione con Consorzio Altre Produzioni Indipendenti
con il sostegno di Teatro di Roma, Carrozzerie n.o.t, Teatro San Carlino, Fortezza Est
ph Claudia Pajewski

IN ARTE SON CHISCIOTTƏ

spettacolo Officine della Cultura
di Samuele Boncompagni
liberamente ispirato a Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes
studi e documentazioni Stefano Ferri
con Luisa Bosi, Elena Ferri
musiche di Massimo Ferri
eseguite dal vivo da I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo
scenografa in scena Lucia Baricci
tecnico in scena Paolo Bracciali
regia Luca Roccia Baldini
fonico Gabriele Berioli
riprese e regia video live Pierfrancesco Bigazzi, Giulio Dell’Aquila (Materiali Sonori)
assistente alla regia Stefano Ferri
ph Ilaria Costanzo

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