Antonio Latella mette in scena al Teatro della Pergola di Firenze CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?, il celebre dramma teatrale di Edward Albee che ha debuttato a Broadway nel 1962, un classico del teatro americano, anche grazie al film con Elizabeth Taylor e Richard Burton. Torna alla Pergola dopo quasi vent’anni: risale al 2006 infatti una rappresentazione dell’opera con l’indimenticata Mariangela Melato e la regia di Gabriele Lavia. Sul palco un cast che Latella definisce “non ovvio” e un’interpretazione onirica e a tratti allucinata del dramma: Vinicio Marchioni e Sonia Bergamasco, premio UBU 2022 come miglior attrice protagonista, assieme al più giovane Ludovico Fededegni (Miglior attore under 35), in coppia con Paola Giannini. Abbiamo apprezzato al Metastasio nella stagione 19/20 La Valle dell’Eden di Antonio Latella e Gufetto ha recensito a Bologna Chi ha paura di Virginia Woolf?
Recensione a cura di Francesca Valente, Leonardo Favilli e Alice Capozza
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CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? Chi ha paura del lupo cattivo (bad wolf)?

Martha e George, sposati da anni, invitano a casa loro Nick e Honey, giovane coppia apparentemente felice e innamorata. La nottata, che inizia sulle note di una canzone cantata da Sonia Bergamasco con una potente voce jazz, si rivela subito una trappola in cui i quattro personaggi mettono a nudo le loro relazioni attraverso una serie di “giochi” – come li definisce George – che rivelano il passato e la vera natura del loro presente al di là della facciata borghese. Le due coppie sembrano rappresentare modelli opposti di vita coniugale: George e Martha sono evidentemente invischiati in un matrimonio infelice e ormai consumato, perennemente presi da rivalità di potere e dal desiderio di ferirsi, mentre i loro giovani ospiti sembrano felicemente sposati e proiettati verso un futuro di successo. Ben presto però anche loro mostrano le proprie debolezze: Nick rivela il proprio insaziabile desiderio di successo, che lo porta a sedurre Martha, figlia del potente direttore del college in cui lavora, e Honey crolla quando il marito racconta a George la storia della sua gravidanza isterica. “Gratta, gratta l’etichetta”, oltre le apparenze, Nick e Honey si rivelano dunque come repliche di una dinamica di coppia che porta alla distruzione reciproca: lupi che si azzannano l’un l’altro in una lotta di parole estenuante.
VIRGINIA WOOLF al centro del testo

I dialoghi sono sempre più incalzanti e i momenti di tensione sono sottolineati dal ritornello che dà il titolo al dramma, canticchiato o suonato al pianoforte: al lupo cattivo della canzoncina infantile si sostituisce Virginia Woolf e il significato di questo gioco di parole è stato variamente interpretato. Latella rifiuta l’idea che si tratti di una mera assonanza e vede una presenza pervasiva della scrittrice inglese nelle tematiche di fondo dell’opera di Albee: dalla concezione del tempo – una vita racchiusa in una notte – all’idea della morte. Ma non solo: anche nella creazione di un nuovo linguaggio – le parole del testo sono al centro dell’intera opera teatrale – fino al protagonismo femminile, di Martha in primis, delusa dalla vita e dall’amore, arrabbiata, a tratti spietata, ninfomane, mostruosa, ma anche madre mancata e moglie comunque innamorata del marito. La spannung viene raggiunta in una scena allucinata e delirante in cui Martha fa a pezzi il pianoforte, al ritmo di una musica battente e luci stroboscopiche, sotto gli occhi di Honey, trasformata in un mostruoso coniglio, il protagonista del fallimentare romanzo scritto da George in giovinezza. Questa scena è una sorta di spartiacque che segna l’emergere di elementi allucinatori: da questo momento, infatti, viene narrata la storia del figlio di George e Martha, che si scoprirà essere solo immaginario, e i due diventano il centro assoluto del dramma, finché i loro alter-ego giovani non scompaiono per lasciarli soli in scena, in un finale che spegne a poco a poco i toni violenti nel dolore irrimediabile di una coppia sterile.
Il cast di CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?

Se Martha è sicuramente il centro del dramma, con il suo progressivo mettersi a nudo, il vero regista della serata, come afferma l’attore Vinicio Marchioni, è George, il personaggio che lui interpreta e che con un ritmo incalzante e ironico costringe tutti, compreso se stesso, a rivelarsi per quello che sono, buttando giù la maschera. Il controcanto di Martha, Sonia Bergamasco, percorre tutte le note possibili della natura femminile: la rabbia, la sensualità, il dolore, lo spirito materno, il bisogno di essere amata, la vendetta. La recitazione dei due interpreti sembra spingere all’estremo la differenza e la distanza emotiva tra i due personaggi: lui ironico e misurato, a tratti freddamente spietato, lei esasperata ed esasperante, sempre pronta a spingersi oltre il limite. Il cast è complessivamente equilibrato e gli scambi tra interpreti sono precisi e puntuali: Vinicio Marchioni impeccabile nel ruolo del metronomo in grado di regolare il ritmo dell’intera rappresentazione. Alla freddezza di lui si contrappone una Bergamasco che invece resta costantemente sopra le righe con sfumature isteriche a tratti eccessive a fronte di una efficacissima fisicità che sprizza spregiudicatezza fino al crollo finale, punto di rottura in cui si liberano finalmente tutte le tensioni accumulate. Ben integrati anche Ludovico Fededegni e Paola Giannini nei ruoli di Nick e Honey, coprotagonisti in grado di completare la fitta trama di dissidi nella quale tutti alla fine restano impigliati.
La scena di CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?

La scena rappresenta il salotto, con arredamenti di design anni sessanta, della casa di Martha e George: “Che stamberga!” ripete la protagonista all’inizio del dramma, citando la battuta di un film di cui non ricorda il titolo. E in effetti l’elegante casa della coppia si rivela una trappola e il loro matrimonio un edificio che metaforicamente cade a pezzi. Sin dall’inizio quello spoglio ambiente borghese presenta la nota stonata di uno sgabello fuori posto che in momenti diversi tornerà a squilibrare l’ordine della scena, che trova il suo fulcro nella poltrona laterale in primo piano e nel pianoforte al centro mentre a destra occupano lo spazio numerosi gatti di porcellana. Una scenografia geometricamente impeccabile ma nonostante tutto incapace di trasmettere sicurezza e armonia. Lo spazio è essenziale eppure soffocante, caratterizzato da colori caldi e contrastanti, il verde intenso dei panneggi che circondano la scena e il beige dorato del pavimento. I colori cambiano nel corso della vicenda grazie alle luci: prima diventano più scuri, poi assumono una tonalità fredda, per diventare a tratti quasi fosforescenti e psichedelici e illuminare a intermittenza, in una sorta di sogno allucinato, solo alcune zone del palco. Anche i costumi si inseriscono in questa palette, con il bordeaux intenso del vestito di George, il blu elettrico e di nuovo il verde acceso che veste Martha in apertura e in chiusura, riprendendo la tonalità dei tendaggi. Si tratta di colori che richiamano il gusto cromatico degli anni Sessanta ma sembrano anche legarsi al personaggio principale: il verde nello specifico è il colore della rabbia, che Martha sperimenta nel corso della vicenda, diventandone incarnazione; rimanda anche al veleno, che sembra permeare il rapporto tra la protagonista e il marito, incapaci di vivere insieme, ma anche di lasciarsi.
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF: la regia di Latella

La regia di Antonio Latella lascia totale spazio ai quattro attori che sul palco si muovono con disinvoltura nel loro gioco al massacro, padroni dell’ambiente, in cui disegnano figure geometriche, in contrappunto con i pochi arredamenti, come in una danza sui quattro cantoni intorno al pianoforte al centro – usando spesso anche una posizione di spalle al pubblico. Parole, e ancora parole, sono le armi dei pistoleri, carnefici e vittime di se stessi, ad ogni sparo (una pistola gira davvero ed esplode più volte a salve) soccombono e contrattaccano in questa discesa negli inferi dei propri segreti. Latella tiene in scena gli attori anche nelle uscite dal palco, con una finta porta illuminata da una lampadina, come a raccontarci la gabbia emotiva in cui si trovano, dalla quale non possono scappare. Simbolica anche la scelta di rendere del tutto immaginari i fiumi di alcool che le coppie si scolano nel corso della nottata, gli attori si passano di mano numerosi bicchieri vuoti, si offrono piccole bottiglie da frigobar d’albergo, versano cattiverie al posto del whisky: “ognuno di noi pagherà cari i postumi della sbornia”. L’intervento registico più significativo sta nell’ingresso della testa di coniglio, in quell’intermezzo apice dello spettacolo, che fino a quel momento ha ancorato la propria forza principalmente al testo.
Uno spettacolo potente, disturbante, allucinato, a tratti urlato. Lo spettatore viene trascinato nella complessa gamma di emozioni dei protagonisti, per arrivare ad una sorta di catarsi finale che più che consolare, lascia la consapevolezza che la forza dell’amore deve essere orientata e modulata con un’opera costante di cura, in grado di renderla potente e costruttiva, per non finire inghiottita dal lupo cattivo, prigioniera delle convenzioni sociali e dell’egoismo spersonalizzante, fino a divenire un’onda anomala capace di lasciare solamente macerie.
Visto il 18 febbraio 2023 al Teatro della Pergola, Firenze
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? – IL TRAILER DELLO SPETTACOLO
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?
di Edward Albee
traduzione Monica Capuani
dramaturg Linda Dalisi
regia Antonio Latella
con Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Ludovico Fededegni, Paola Giannini
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche Franco Visioli
luci Simone De Angelis
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli