Un bel successo di pubblico e di stimoli: sono state tante le sollecitazioni visivie, uditive e sensoriali lasciateci dalla seconda edizione del Festival Labirinto organizzata dal Gruppo della Creta, il collettivo teatrale ospitato ancora dal Teatro Studio Uno nel quartiere di Tor Pignattara nelle giornate del 15-28 maggio. Il Gruppo ha dato vita a molteplici eventi di teatro, video-arte, un workshop di drammaturgia con Giampiero Rappa e serate musicali che hanno animato, con uno stile piuttosto ricercato e mai troppo radical chic, i locali del Teatro ed il suo giardino interno.
Gufetto ha seguito tutti gli appuntamenti della prima settimana: due spettacoli di teatro e soprattutto l’Orientheatre, un interessantissimo “esperimento” di teatro urbano all'interno del multietnico quartiere di Tor Pignattara. Una performance urbana che si è tradotta in un tentativo di conoscenza dello spazio cittadino con il quale lo spettatore viene chiamato a confrontarsi “drammaturgicamente”, attraverso l’interazione con gli attori della Compagnia posti in zone nevralgiche di un percorso nel quale fungono il ruolo di “lanterne umane” di orientamento per gli spettatori “perduti” (vedi in fondo nel Per saperne di più).
Un’idea davvero brillante, registicamente ben gestita da Alessandro di Murro che si è lasciato ispirare da “giro di vite” di H. James, sostenuto dai bravi interpreti del collettivo: Jacopo Cinque, Giulia Modica, Laura Pannia, Lida Ricci e Bruna Sdao.
Ve lo vogliamo raccontare in parte come un racconto, nella speranza che questa iniziativa torni presto "in strada", per regalarci le emozioni e gli interrogativi che ci ha lasciato, e per svilupparne di nuovi.
L’arrivo nel Teatro
"È un pomeriggio di fine maggio quando, arrivando al Teatro Studio Uno, veniamo catapultati all’interno di una performance teatrale alternativa, che parte da un teatro ma ci porterà fuori dallo stesso, a vivere una drammaturgia studiatissima per strada. Fra la gente. Mentre il mondo scorre e si disegna un Labirinto di vie e strade, quelle di Tor Pignattara e del quadrante Casilino, in parte conosciute, in parte no, dove “perderci” per – lo capiremo poi – “ritrovarci”.
Il Gruppo, la Mappa, gli Oggetti
"Siamo un Gruppo ristretto di 4 persone. I miei compagni di avventura non sanno come me, cosa accadrà. La Performance durerà 50 minuti. Per noi sembreranno infiniti. E la voglia che non finisca affatto ci sopraffarà fin da subito".
Un’inquietante padrona del teatro introduce la performance consegnandoci una busta con degli oggetti che dovremo a nostra volta consegnare a qualcuno (non si sa bene a chi):“non tutti saranno contenti di riceverli”, ci avvisa.
Ci viene quindi chiesto di uscire dal teatro e percorrere una strada verso il Parco Giordano Sangalli. Da qui, tutto comincia…
Fuori dal teatro
"Siamo soli, sconosciuti fra noi, ma all’inizio divertiti: facciamo gruppo, scherziamo sull’originalità dell’esperimento. Il senso di disorientamento è solo all’inizio: siamo curiosi di capire cosa succederà, e percorriamo le strade che solo alcuni di noi conoscono bene. Abbiamo una mappa e tutto fa pensare ad una specie di caccia al tesoro. Presto capiremo che non è così. Raggiungiamo il parco e veniamo avvicinati da qualcuno, non sappiamo chi sia. Potrebbe essere chiunque. Non sappiamo cosa voglia, se fa parte della performance o è semplicemente un estraneo. Ci chiede di “venire con lui” e lo seguiamo. Intuiamo che non ci verrà fatto ovviamente alcun male, ma non abbiamo idea di cosa dovrebbe accadere. L’attore resta nel suo ruolo di estraneo, ci chiede di seguirlo, ci chiede di ascoltarlo e non accetta replica da noi, se non quando ci permette di interrogarlo. Poi, basta dargli un oggetto. E lui ci racconta la sua storia."
Questo schema si ripeterà, in diverse forme, per circa un’ora: ci muoveremo a piedi, in una macchina a tutta velocità, e poi seguiremo qualcuno che sembra un ladro. Entreremo in una casa che ci lascerà a bocca aperta. Vedremo graffiti che ci faranno quasi commuovere. Tutto per le strade difficili di Tor Pignattara, strade che il Collettivo ha studiato molto bene, strade che rappresentano un impianto scenico-umano irripetibile, come lo è ogni performance teatrale mai uguale a se stessa, sempre diversa, sempre con diverse sfumature.
E fra una tappa e l’altra, il senso dell’attesa cresce, il disorientamento anche, il senso che la realtà stia diventando un dedalo di possibilità e l’attesa di qualcuno che ci guidi fuori o ci dica cosa fare, sale d'intensità. Prende il sopravvento e, anche se divertiti, cresce in noi la curiosità di scoprire il prossimo passo, di essere coinvolti, di essere in balia di qualcun altro che detti le regole, che ci racconti la sua storia. Vogliamo ascoltarla. L’esperimento è riuscito. Stiamo uscendo dal nostro Labirinto per seguirne un altro.
I monologhi
"I monologhi a cui assistiamo di volta in volta ci raccontano di anime comuni che, però, sono allo stesso tempo “perdute”: tutti hanno intrapreso delle strade della vita a volte non felici, così come potremmo aver fatto anche noi. Alcuni sono arrabbiati, altri sono delusi, tutti, fondamentalmente, abbandonati. Buona la recitazione di tutti gli interpreti, e ovviamente fortemente realistica nell’interazione fisica e nell’espressività".
Di partenza, i personaggi in scena non sanno che si sono persi anche loro (come noi) in quel grande dedalo che è la vita. Sono gli oggetti a ricordarglielo: hanno questo valore euristico della loro condizione, ed al tempo stesso escatologico della sorte che pare loro prospettarsi in base alle scelte che hanno compiuto. Che sia un videogame, una foto di un familiare, un vinile di qualcuno che si ha amato, tutto conduce i nostri personaggi ad una reazione emotiva di cambiamento, induce una riflessione sul proprio smarrimento, che è lo specchio di quello che il gruppo della Creta sta cercando di costruire intorno a noi, facendoci “perdere” nelle vie del quartiere.
Il disorientamento
"Ad un certo punto la frenesia del movimento era involontaria in tutti noi, il bisogno di capire e scoprire dove tutto andassi a parare ha avuto piacevolmente il sopravvento. E quel confine fra realtà e fantasia, immaginazione e verità si è come sfumato, rendendoci i protagonisti involontari di una performance scritta da altri."
L’effetto di disorientamento e di “ri-orientamento” di questo esperimento davvero ben realizzato, è la chiave e, al tempo stesso, il successo della performance. La chiave d’uscita è nella nostra capacità e sensibilità di perderci, nel lasciare andare la razionalità e farci guidare nella dimensione surreale del teatro umano che vive fuori di noi, che vive nelle strade che percorriamo di corsa perché “non sappiamo dove andare”, non sappiamo “chi incontreremo” nel nostro percorso e nella nostra vita.
Vita e Teatro che incrociano le strade per cinquanta minuti e quando, alla fine, torniamo (e quasi non vorremmo) ecco che il mondo là fuori, quello che a volte proprio non conoscevamo ci appare diverso.
L'uscita dal Labrinto
"L’incanto del vivere in un’altra dimensione psico-fisica il quartiere si spegne al termine della performance. Ci viene chiesto se siamo pronti a uscire. Non lo sappiamo in tutta onestà. Chi vi scrive avrebbe voluto ricominciare. Ci è rimasta una sensazione di arricchimento, non solo di posti visti e mai conosciuti (ottima, davvero ottima la scelta delle Location), ma anche delle umanità osservate (tutte ben narrate con diverso grado di approfondimento )."
E uscendo, a performance finita, ci viene da pensare a tutte le persone che ci passano attorno, quali avrebbero potuto avvicinarsi e raccontarci il loro dedalo interiore? Quanto abbiamo bisogno di uscire da quel labirinto di chiusura esistenziale che viviamo rispetto agli altri? A quanti non ci apriamo, proprio per evitare di affrontare quello smarrimento che invece è davvero parte di Noi? Quanto quell' "Altro" è vissuto come un "diverso" o un "nemico", o un potenziale "terrorista" e invece potrebbe arricchirci nella sua diversità di opinioni?
Sono queste le riflessioni che il Gruppo della Creta è riuscito a lasciarci, in un giorno qualunque, facendoci uscire per 50 minuti dal nostro dedalo interiore. Un percorso non facile da fare al giorno d'oggi quando la realtà ti aggredisce per le strade, come nei recenti attentati di Londra. Ma uscire dal Labirinto della paura è spesso "urgente" appunto per riaffermare il proprio diritto a "vivere" nel modo che conosciamo e trovare quella chiave della Libertà, arricchendosi dal confronto e non dallo scontro con l'"Altro".
Per saperne di più:
Gruppo della Creta
Il Gruppo della Creta, è un collettivo di giovani teatranti nato nel 2015 e formato da attori diplomati presso la Nuova Accademia Internazionale di Arte Drammatica del Teatro Quirinetta di Roma.
ORIENTHEATRE: giro di vite (2017)
(Prima assoluta)
ispirato a Il giro di vite di Henry James
drammaturgia Tommaso Cardelli, Alessandro Di Murro regia Alessandro Di Murro
con Jacopo Cinque, Giulia Modica, Laura Pannia, Lida Ricci, Bruna Sdao
aiuto regia Francesco Ippolito,
con la partecipazione di Cristiano Demurtas, Alessio Esposito, Giulia Ierfone, Francesco Ippolito,
illustrazioni LVCE 1807,
si ringraziano Valerio Sirna, LF Affair
COS'È ORIENTHEATRE?
Prendendo spunto dalla disciplina dell’orienteering, o orientamento, che consiste nell’effettuare un percorso caratterizzato da punti di controllo chiamati “lanterne” e con l’aiuto esclusivo di una cartina topografica, gli attori del Gruppo della Creta hanno ideato l’evento urbano Orientheatre: giro di vite. Sostituendo le “lanterne” con attori, gli spettatori sono invitati ad orientarsi nel quartiere di Torpignattara, come dentro ad una drammaturgia spaziale. Seguendo le più moderne correnti di “riappropriazione territoriale”, che consistono nella valorizzazione delle zone depresse urbane ed extraurbane, il Gruppo propone una possibilità esperienziale di spettacolarizzazione dell’impianto urbanistico, che diventa scenografia e set per le narrazioni degli attori disseminati nella zona.