ERODIà€S @ Teatri di Vita: un vortice di espressionismo soggettivo

È andato in scena dal 20 al 22 Ottobre ERODIAS, una rilettura del secondo capitolo della trilogia di monologhi intitolata “I tre Lai" del drammaturgo Giovanni Testori, con Federica Fracassi e la regia di Renzo Martinelli.

“Jokanaan!”

È l’urlo che spezza il vocio sommesso degli spettatori, focalizzando la loro attenzione su una testa mozzata, come risvegliatasi da un lungo sonno senza sogni. Comincia così un lungo monologo  che in un purgatorio di urli e contorsioni si fa strada nel timpano dello spettatore con parole spossate dalla loro privazione di significato. Siamo nel 35 Dopo Cristo e la concubina di Erode Antipa, Erodiade, rifiutata dal profeta Giovanni Battista, ne provoca la decapitazione. Nonostante la testa mozzata dal corpo, l’uomo continua a parlare alla donna, tanto che quest’ultima assume l’aspetto del Battista da cui straborda un ruscello di parole spinte dalle pulsazioni del suo amore non corrisposto.

È il vetro che divide Erodiade dagli Altri; è la sua fragilità che come vetro viene infranta dalle macerie di un delitto terribile, atroce. L’eco di Giovanni Battista prende lentamente corpo in lei, si fa strada nell’anima della concubina fino a  diventare parte di quest’ultima esplorandone i limiti, le paure e le debolezze.

Il particolare linguaggio poliglotta di Testori non ha una funzione prettamente verbale; con i suoi neologismi e le sue cadenze dialettali diventa veicolo di una comunicazione inedita che trascina lo spettatore in un vortice di espressionismo soggettivo in cui ognuno incasella queste parole,  dando vita ad una struttura che aderisce con il nostro inconscio. Questa particolare musicalità verbale che dovrebbe trasportarci in una dimensione quasi metafisica arriva come un tonfo sordo, attutito da una fisicità incapace di traghettarci nel mondo testoriano.

Federica Fracassi risulta come immersa in una tintura viscosa da cui emergono smorfie di plastica che rinchiudono in una gabbia di lamenti l’assassina Erodiade; la recitazione dell’attrice risulta perciò troppo accademica, impostata ed impersonale per un personaggio così psicologicamente articolato. La scenografia risulta invece molto efficace: come sinapsi, i neon attraversano la sala esplodendo nei nervi ottici dello spettatore. Un grande vetro divide il personaggio dallo spettatore,  la prigionia dalla libertà, giustificando così questa incomprensibilità comunicativa che accompagna tutto lo spettacolo.

Interessante anche la scelta costumistica volta creare una nudità fisica e psicologica che a contatto con un’attrice così impostata come la Fracassi crea una particolare atmosfera ossimorica. Una cadenzata monotonia scandita da urli, gridi e trasgressione, intervallata da picchi di immagini iconiche eseguite con mimiche, a volte, eccessive è ciò che si scolpisce nella mente dello spettatore. Con coreografie mal orchestrate, surreali e grottesche questo spettacolo acquista toni rumorosi e forse troppo pretenziosi, che abbracciano un’idea di teatro contemporaneo troppo stereotipata e incasellata nella propria sagoma di cartone.

“Com’è difficile restare calmi indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore” – Franco Battiato

Info:

Erodiàs

di Giovanni Testori
con Federica Fracassi

regia Renzo Martinelli

dramaturg Francesca Garolla

assistente alla regia Irene Petra Zani

suono Fabio Cinicola
luci Mattia De Pace

consulenza artistica Sandro Lombardi

creazione costume d’epoca Cesare Moriggi

consulenza e realizzazione oggetti di scena Laura Claus

produzione Teatro i

con il contributo di Regione Lombardia / NEXT

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