Il Teatro Nuovo di Milano ha ospitato il 10 ottobre 2016 “EL MILANES PERDUU”, spettacolo simpatico, divertente, di grande godibilità e soprattutto prezioso per il coraggio nel portare avanti la tradizione cabarettistica e musicale milanese da parte di Walter Di Gemma, artista equilibrato, versatile, spontaneo e raffinato nato dal cabaret, autore di canzoni, testi, aforismi e battute umoristiche codificati in libri e in CD nonché di traduzioni in milanese di Jacques Brel.
Di Gemma – premiato sia in Italia, sia all’estero e attivo anche in televisione – risulta sempre piacevole, coinvolgente, brillante in modo garbatamente misurato e soprattutto determinato paladino della ‘milanesità’ di cui da anni svolge azione di salvaguardia, conservazione e diffusione: un’opzione forse non molto lucrosa e meno facile e comoda di altre.
Scelta encomiabile quella Di Gemma perché gratifica coloro i quali il dialetto lo sanno e l’hanno vissuto e lo vivono come prima lingua, (come recita la linguistica L1 rispetto all’italiano L2 considerato altra lingua), ma anche per il fatto che compie una vera e propria azione culturale di sensibilizzazione sia verso i giovani, sia verso coloro che pur vivendo a Milano non hanno appreso tale lingua ormai parlata da sempre meno persone.
In effetti il dialetto o meglio i dialetti hanno vissuto fasi alterne dal momento dell’Unità d’Italia (tra il 1859 e il 1870) quando forte si è posto il problema della lingua italiana a fronte del prevalere delle parlate locali dei singoli Stati preesistenti. Nel ‘900, dopo un periodo di orientamenti filodialettali, il fascismo accantona i dialetti e dopo la seconda Guerra Mondiale i programmi scolastici dal 1955 li considerano fonte di errore tanto che le grammatiche italiane e gli insegnanti più preparati li indicano come tali. Dal 1979 si verifica un’inversione di rotta che li esalta inserendoli nei testi grammaticali come portatori di ricchezza fino ad arrivare alle recenti esaltazioni politiche.
Condanne ed esaltazioni che hanno portato a definire la lingua italiana “un dialetto che ha fatto carriera” non possono fare dimenticare che molti letterati hanno scritto in dialetto come tra gli altri il milanese Carlo Porta (Milano 1775/6-1821) e il romano Giuseppe Gioachino Belli (Roma 1791-1863): le loro splendide poesie restano cavalli di razza della nostra cultura anche se quelle di Belli sono linguisticamente più accessibili.
In questa nobile scia si può inserire a buon diritto Walter Di Gemma che con Simone Spreafico alla chitarra, Gino Carravieri alla batteria, Giuseppe Sogos alla tastiera e Luca Garlaschelli al contrabbasso ha deliziato il pubblico entusiasta con un ventaglio di monologhi e canzoni che hanno permesso di gustare le molteplici sfumature della ‘lingua milanese’ legata ai canoni teatrali senza tuttavia prescindere dalla ‘cultura popolare’: da quella perduta a quella con un gioco di parole espressa per due dal binomio cabaret e canzone in cui confluiscono due generi musicali.
Lavori, frutto della passione dell’artista, che colgono aspetti del quotidiano di ieri e di oggi resi con scherzosa e quasi accennata se non sfumata irriverenza che diverte e commuove come in El pret de Ratanàa, Milano non è, El nettaveder show, I ball del tòr, Fèssbook… e comprendono un rispettoso omaggio a grandi autori della tradizione milanese come gli indimenticabili Giovanni D’Anzi, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber.
Uno spettacolo da vedere più spesso sui palcoscenici considerata la capacità di improvvisazione dell’artista con un’unica richiesta per i non milanesi o per chi è quasi digiuno di meneghino: un programma con l’elenco delle canzoni e qualche testo in milanese con italiano affrontato e con un microglossario dei termini più ostici.