Il teatro Arcobaleno ci è caro per il cartellone colto e ricco che offre ai suoi abbonati e pubblico. Il nostro sguardo ogni volta, non è mai stanco di fissare, e con noi tutti gli intervenuti, quell’epigrafe sul marmo che ci ricorda che proprio su quel palco Sordi girò una scena di “Un americano a Roma”. L’atmosfera è propizia e ci introduce al mito, come quello più lontano (per tempo e geografia) ma privo di anacronismo di Euripide e la sua ECUBA. La tragedia greca riprende vita in quell’ora e passa, grazie alla regia del raffinato Giuseppe Argirò e gli attori della compagnia: Francesca Benedetti, Maria Cristina Fioretti, Viola Graziosi, Maurizio Palladino, Graziano Piazza, Elisabetta Arosio, Sergio Basile, Gianluigi Fogacci.
La storia ci è purtroppo nota ed Euripide trae ispirazione dalla guerra delle guerre: quella del cavallo di Troia; tanto crudele che avrebbe dovuto da lì in poi dissuadere l’uomo a imbracciare di nuovo i pugnali dell’odio e del conflitto. Ma la demenza ha radici lontane, si propaga più dell’amore; non muore ma uccide. Annienta. Cancella la stessa ideologia. Svuota lasciando solo macerie di case, mobili e di esseri umani ormai ridotti a non umani. Uomini non uomini. Detriti di bestie antropomorfe che si muovono viscide per realizzare profitti. La moneta di scambio è la menzogna. La fiducia non c’è, ma intanto i demagoghi continuano ad affastellare parole che rimbalzano sulle teste del popolo e i loro rintocchi hanno il suono di campane vuote. Sonore. Assordanti. Il viso diventa una maschera dove stampare i nervi della conquista e della sconfitta. Gioia e dolore. Certe posizioni non sono per sempre: nel gioco della guerra le poltrone del potere ruotano. I potentati di una volta adesso sono gli schiavi, e di nuovo è l’opposto nel valzer della macabra giostra della morte. Troia è caduta. Sono rimaste vive tra i morti solo le donne alle quali attende una sorte terribile perché donne dei vinti. La Grecia vuole immolare sulla tomba di Achille la vergine figlia di Ecuba e del Re Priamo. Il popolo e l’esercito Acheo vuole il sacrificio nell’arena di sempre. Vuole il sangue nero di chi era destinata a divenire regina. Adesso schiava. Si aggiunge morte a morte. La crudeltà dell’essere umano non è mai sazia. Euripide fa dire ad un suo personaggio che Dio non può volere questo: solo l’uomo può sfamarsi col dolore. Ma gli dei tutti se ne stanno lontani a guardare dall’Olimpo. La nobile va alla morte con fierezza perché le promesse di vita sono infrante; ormai l’esistenza è per lei un impaccio. La scempiaggine ha prevalso su tutti: vinti e vincitori. Tra i personaggi in passerella vediamo anche un Agamennone composto dentro il suo ruolo ma sconvolto da quel consiglio dell’oracolo che gli disse in sogno d’uccidere la figlia. Sapere che ella lo ha infine perdonato, ha ucciso anche il padre: adesso vive cercando regole e la stima del popolo. Ma ci può essere giustizia tra tanta crudeltà? Non c’è pace. Non c’è verità.
Ci sono altre morti, altri figli lasciano la vita e davanti una madre, Ecuba, che ormai ha esaurito le lacrime. E’ una sofferenza senza fine come dice lo stesso regista in sinossi. Il dolore l’ha annientata. Non trova la clemenza dei carnefici quando gli chiede di risparmiare la figlia. Trova la vendetta e strappa i figli e gli occhi all’amico che avrebbe dovuto ospitare il figlio, salvarlo, e invece lo deruba dell’oro e della vita.
Questa rappresentazione del classico Greco ci ricorda purtroppo come l’essere umano trama, ruba, mente, uccide e da sempre. E’ una sopraffazione di vittime e carnefici: di stolti che perdono a turno. Non c’è vittoria in guerra.
Lo spettacolo è una partitura perfetta diretta dal colto Argirò, chi vi scrive lo ha già visto di recente e proprio all’Arcobaleno con un Dostoevskij (con Edoardo Siravo). Qui gli attori RECITANO com’è giusto che sia quando si presenta per le loro mani un copione così importante e che appartiene al bene della collettività. Tutti bravi nelle intenzioni, movimenti, dizione. Protagonista e interprete d’eccezione una meravigliosa Benedetti che ci fa venire la voglia di sederci ancora su quella poltrona rossa. Spettacoli così confermano il valore inestimabile delle tavole del Teatro, spesso violate da certe discutibili messinscene.
Ci rimane solo il dubbio di un uso non contestualizzato con l’epoca della tragedia euripidea di costumi e mobili: probabilmente il regista ha voluto proprio rimandare alla platea l’idea che la tragedia di Troia può essere anche di questo tempo e di quello che verrà. Ci sono difatti proiezioni sul fondo dal sapore attuale, moderno.
Luci calde. Tagli evocativi che esaltano la plasticità dei personaggi quando usano gli spazi: palco, proscenio e platea. Non è metateatro: è solo un uso amplificato del Teatro. Armonico. Un allungamento fisiologico del palco. Musiche perfette. Spettacolo da vedere.
Info
Teatro Arcobaleno Via Francesco Redi, 1a,
ECUBA
DAL 23 AL 31 MARZO 2019
di EURIPIDE
Adattamento e regia GIUSEPPE ARGIRÒ
con FRANCESCA BENEDETTI
e con (in ordine di apparizione) MARIA CRISTINA FIORETTI, VIOLA GRAZIOSI, MAURIZIO PALLADINO, GRAZIANO PIAZZA, ELISABETTA AROSIO, SERGIO BASILE, GIANLUIGI FOGACCI