ECHOES @ Carrozzerie NOT: la tensione sul fil di luce

ECHOES, andato in scena alle Carrozzerie NOT è un gioco ben collaudato di tensione emotiva dal sapore cinematografico in cui Marco Quaglia e Stefano Patti rivestono il ruolo di metronomi, tutt’altro che involontari, di un testo davvero efficace e sottile- la mano è quella introspettiva di Lorenzo De Liberato (già apprezzato in LonelyDays) – che tiene incollati gli occhi alla scena, come ormai pochi spettacoli teatrali sanno fare.

Divide i due attori un tavolo e una mela. La distanza e le posizioni dei due, ai lati opposti del tavolo per gran parte del tempo, sono già emblematici della distanza che apparentemente li divide: l’uno è un terrorista nucleare, Mr. Echo (Quaglia), l’altro un giornalista (o presunto tale) De Bois (il regista Patti) che cerca la verità ed una spiegazione alla violenza perpetrata e ad una nuova minaccia in arrivo. Ma i due hanno molto di più in comune ed i legami che li uniscono vanno al di là delle reciproche apparenze.

La scenografia è ridotta al minimo per suggerire l’idea che ci troviamo in un bunker segreto (effetto amplificato dal contesto “garage” delle Carrozzerie NOT). Quaglia ci disegna un cattivo manierato, attento ai dettagli, infastidito dalle ripetizioni, sogghignante e gelido, indimenticabile e preciso nelle pause, nei risolini, nelle movenze controllate, nella vocetta provocatoria che apparterrebbe al cattivo di turno di un ben scritto James Bond. Gli fa da contraltare un Patti nervoso e schietto, solo apparentemente insicuro e disorientato, un personaggio in crescendo il suo, non un eroe ma sicuramente un idealista, al quale si possono apportare ancora sfumature dark più profonde.

Fra loro un testo difficile che racconta di un folle che vuole cancellare l’umanità e di qualcuno che vuole afferrarne le ragioni. Ma le ragioni non sono chiarissime, emerge invece un odio generalista sostenuto da ragioni ambientali e socio-economiche di vario genere: più volte si richiama la parola “crisi” che assurge però ad un’accezione più alta di crisi di valori fondativi, di certezze, una “crisi” che sostiene l’istinto a porre fine a tutto, a tutte le ingiustizie con un colpo di bottone, per resettare ogni cosa, il passato ed il presente, il Male stesso, sganciando una bomba su un obiettivo a caso.
La voce robotica del Programma informatico che controlla il folle piano criminale, accompagna i due uomini in questo lungo confronto dialettico che costituisce l’ossatura dello spettacolo. E ciò che emerge è la proprio, per contrasto, la potenza decostruttiva del testo che si abbatte sui due personaggi, li mette in crisi anche nelle loro stesse identità in modo talmente efficace da far passare in secondo piano le ragioni dell’incontro (una presunta intervista al Cattivo), il tempo stesso del racconto (un futuro imprecisato) ed il luogo (un distretto del Midwest).I due paiono divorarsi sulla scena, merito delle battute taglienti, a tratti ripetitive e ossessive, volte a neutralizzare la carica positiva e negativa dei due, fondendola in un'unica carica di cui il pubblico non sa più distinguere la positività o la negatività e ciò forse inquieta più di tutto.

Colpisce in questo spettacolo, nato da una residenza al Teatro Studio Uno e qui sviluppato efficacemente (possibile sostenerlo attraverso il crowdfunding), innanzitutto il tema in cui fanno "eco" le paure e le ansie moderne ingenerate dal terrorismo internazionale, e poi la tensione registica ad un montaggio squisitamente cinematografico: lo si nota nell’uso studiato delle luci, delle loro intermittenze che rispecchiano le incertezze emotive dei due, ma anche nella musica avvertita attraverso le cuffie, prima alzata poi abbassata nel volume, così come nella frammentazione delle informazioni, acquisite gradualmente, uno scoprimento che cresce con l’acuirsi della tensione, in un crescendo di confusione e paura proprio delle web series. Tradisce l’istinto cinematografico la visione laterale statica (per gran parte del tempo) della scena da parte del pubblico: ci immaginiamo una versione cinematografica della scena in cui la telecamera viaggi in un unico piano sequenza dietro le spalle dei due protagonisti.
Questi verso la fine, si alzano e percorrono i lati del tavolo in un avvicinamento che anticipa il reciproco “scoprimento” dei due e la fine del proposito criminoso, che aleggia sulla scena come una minaccia liberatoria, quasi desiderabile.

Visto alla Carrozzerie NOT
15 | 16 | 17 dicembre 2016
Marco Quaglia e Stefano Patti in
ECHOES
di Lorenzo De Liberato
regia Stefano Patti

voce di "Programma" Giordana Morandini
disegno luci Paride Donatelli
scene Barbara Bessi
costumi Marta Genovese
suono Samuele Ravenna
assistente alla regia Cristiano Demurtas
progetto grafico Simone Ferraro e Martina Mammola
social plan Cristiano Demurtas
progetto sostenuto da Carrozzerie n.o.t
residenza produttiva 2015/16 Teatro Studio Uno
regia e montaggio Teaser e interviste Federico Falcioni
cinematographer Marco Reitano

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