DRACULA @ Teatro della Limonaia: l’esaltante trasformazione della vita in un morso

Dopo 26 anni torna in scena alla Limonaia di Sesto Fiorentino Dracula, la drammaturgia originale di Barbara Nativi con un nuovo adattamento e la regia di Dimitri Milopulos, suo sodale fin dalle prime rappresentazioni. Una trasposizione in chiave musical del romanzo gotico di Bram Stoker in cui restano pochi elementi dell’originale e la struttura epistolare diventa il pretesto che apre allo sviluppo dell’azione in un complesso spazio scenico dove i protagonisti si muovono con disinvoltura da una replica all’altra da tutto esaurito (previste nuove date nel 2022). Lo spettacolo ha aperto l’edizione 2021 dello storico Intercity Festival che proseguirà fino a fine ottobre.

Sommario

LA FLUIDITA’ SCENOGRAFICA DEL DRACULA DI MILOPULOS

DRACULA, IL SIGNORE DELLE TENEBRE FUORI E DENTRO DI NOI

DIALOGO TRA CAST ATTORIALE E SCENOGRAFIA

UNO SGUARDO RIVOLTO ALL’ESSENZA DEL MITO

INFORMAZIONI SULLO SPETTACOLO

LA FLUIDITA’ SCENOGRAFICA DEL DRACULA DI MILOPULOS

Luce soffusa ed intimista davanti ad una finestra che introduce una notte temporalesca al di là del vetro ed il Dottor Seward (Daniele Bonaiuti) che registra impressioni e considerazioni sul paziente manicomiale Renfield. Niente di più gotico avremmo potuto immaginare per introdurre un caposaldo del genere, dopo l’incipit affidato alla voce calda e suadente di Teresa Fallai in un ampio abito nero. Le aspettative iniziali vengono però tempestivamente tradite non appena quell’angolo al lato del boccascena, così didascalicamente riprodotto, lascia spazio ad un caffè chantant pronto ad accogliere gli artisti al centro del meta-palcoscenico allestito sul fondo, mentre gli avventori sono comodamente seduti ai tavolini disposti ai lati. Dall’alto sbrilluccicanti lampadari diffondono una luce calda e a loro volta contribuiscono a rifrangere quella dei fari di scena in un gioco complessivo che allontana lo spettatore dalla cupezza iniziale. Come se non bastasse, però, il complesso apparato d’illuminazione è subito pronto a cambiare, a ricrearsi in uno stato transitorio che per definizione è provvisorio, fatto per lasciare spazio ad uno nuovo e diverso. Il risultato è un flusso ondulatorio tra contesti di luce proposti e riproposti con sapiente regia, accompagnati dalle musiche originali di Marco Baraldi con i testi rinnovati e rivisti dallo stesso Milopulos, artefice di una trasposizione che strizza l’occhio al musical e che, per sua stessa ammissione, riflette la sua idea originaria.

DRACULA, IL SIGNORE DELLE TENEBRE FUORI E DENTRO DI NOI

Per l’intera durata dello spettacolo non si percepiscono mai velleità di leggerezza che sarebbero apparse ruffiane e anche i passaggi in cui il sorriso si delinea sul volto degli spettatori risultano funzionali a definire una ragnatela di tensioni che si infittisce gradualmente, capace di invischiare i personaggi fino ad intrappolarli. Deus ex machina costantemente in scena è Demetra, nave fantasma nel romanzo di Stoker che qui assume le fattezze dell’elegante e intensa Teresa Fallai, nel ruolo di una cameriera temuta dai protagonisti-avventori e in grado di instaurare, lei sola, un’intesa con il “matto” Renfield (Niccolò Curradi). Inconsuetamente posizionata al centro del convivio che, grazie alla macchina teatrale, si ricrea in primo piano sul palcoscenico, essa stessa sembra incarnare il Signore delle Tenebre nella drammaturgia, come un Cristo al centro della tavola tra apostoli inconsapevoli. Non più solo portatrice ma addirittura generatrice, Demetra continua a partorire figli morti come lo sono i marinai del veliero stokeriano sotto l’occhio vigile ed inquietante che sullo sfondo si nasconde dietro la luna piena, immancabile presenza nell’immaginario gotico. Come una Dextera Dei, l’occhio del Principe della Notte concede il dono della vita eterna a chi è in grado di abbandonarsi a lui, una vittima dopo l’altra a ripopolare lo spazio scenico, non più vivace caffè chantant ma regno fatto di una morte che non è fine vita ma sua esaltante trasformazione. In questo complesso disegno si chiarisce anche il ruolo di Renfield che nella sua pazzia passa da curioso caso clinico, a profeta completando un quadro che solo alla fine, dopo aver focalizzato tutti insieme i colori e i tratti del testo, assume un connotato teologico. Di fronte alla sacralità del protagonista, che nella sua deificazione non compare mai in scena, il testo traccia il percorso che è in grado di condurlo al proselitismo, nella consapevolezza di un male attraente a tal punto perché è una parte imprescindibile di noi. Si esce quindi dalla sala sconcertati per aver assistito ad una cerimonia che è sublimazione della sacralità del teatro, quello capace di renderci più umani di quando abbiamo varcato l’ingresso della platea.

DIALOGO TRA CAST ATTORIALE E SCENOGRAFIA

Il cast, composto oltre che da Fallai, Bonaiuti e Curradi, anche da Elena Talenti, Chiara Renzi ed Annibale Pavone, ha saputo destreggiarsi all’interno di uno spazio scenico dalla configurazione piuttosto complessa e sicuramente in tal senso va riconosciuto il merito di Milopulos il quale ha dimostrato di avere una visione chiara del risultato che voleva ottenere e per il quale ha lavorato con cura nelle geometrie degli spostamenti e nella disposizione dei personaggi. Nonostante il rischio di un horror vacui per l’abbondanza di suppellettili ed arredi, la scenografia non scade mai nel barocco e comunque la varietà dei registri di luci e suoni l’ha resa fluida pur nella sua generale staticità, rotta solamente dal lungo tavolo apparecchiato calato dall’alto in primo piano. Dal canto loro, gli attori hanno complessivamente interpretato bene lo spirito gotico fatto non solamente di tenebre e ragnatele ma secernente dai singoli personaggi, dalle loro anime che, nonostante il contesto lieto, tradiscono con le loro battute una tensione che si interscambia con la scenografia fino al climax finale.

UNO SGUARDO RIVOLTO ALL’ESSENZA DEL MITO 

Cerco la vita a morsi”. Così Renfield in apertura esordisce e proprio da lì il suo ruolo di profeta si definisce netto nel disegno drammaturgico: quel male che spaventa i benpensanti è linfa vitale per non restare in equilibrio tra l’azione e il desiderio, per non perdere il meglio che la vita può darci se impariamo a fare i conti con il nostro personale Dracula. Senza nessuna intenzione di incitare al male, il testo di Barbara Nativi in questo nuovo adattamento ha perso la narratività a favore dell’essenza senza rinunciare comunque ad una forma sufficientemente intelligibile per lo spettatore. La trasformazione che il dialogo con il nostro lato oscuro può portare, deve apparire, infatti, potente con un effetto catartico complessivo che riteniamo sia l’autentica impronta lasciata da  questo spettacolo.

Info:

DRACULA
di Barbara Nativi
disegnato e diretto da Dimitri Milopulos

con (in ordine di entrata) Teresa Fallai, Daniele Bonaiuti, Elena Talenti, Chiara Renzi, Niccolò Curradi, Annibale Pavone
musiche originali composte ed eseguite da Marco Baraldi
drammaturgia Dimitri Milopulos
testi aggiuntivi di Bram Stocker dal romanzo originale, di Barbara Nativi e di Dimitri Milopulos
arrangiamenti musicali Guido Calabrò, Gabriele Bellu, Vanni Cassori
coreografie Giuseppe Iacoi
assistente alla regia Edoardo Groppler
realizzazione costumi Silvana Castaldi

foto Juri Magni, Enrico Gallina

Teatro della Limonaia
sabato 11 settembre 2021

 

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