Due chiacchiere con LAURA CROCE, direttrice artistica di Murmuris: dove eravamo rimasti?

Mentre fervono i preparativi per l’imminente inizio di Materia prima 2020 (prossimamente su Gufetto), in avvio mercoledì 16 settembre al Chiostro di Santa Maria Novella, proponiamo l’intervista a Laura Croce, direttrice artistica di Murmuris che ci racconta l’esperienza inaspettata del lockdown, le riflessioni che ha suscitato e gli intenti per un nuovo inizio che questa forzata sospensione ha contribuito ad ispirare. Laura ci accoglie nel foyer del Teatro Cantiere Florida, insieme ai suoi collaboratori, Luisa Bosi, Francesco Migliorini, Elisa Bonini, gioiosamente indaffarati dietro a telefonate, prenotazioni, si respira l’adrenalina del dietro le quinte, un’atmosfera che da un bel po’ sembrava ammutolita in attesa di qualche spiraglio possibile.

Sandra Balsimelli: Allora, riprendiamo: “Eravamo al Todo Modo qualche mese fa…”

Laura Croce: E tutto sembrava andare per il meglio…

S.: Esatto! Il 4 marzo scorso eravamo al Todo Modo per la conferenza stampa di lancio di Materia Prima 2020 e invece abbiamo ricevuto in diretta l’annuncio dell’inizio del lockdown.

L.:  Beh qualcosa si sapeva già, ma se avessimo saputo che sarebbe stata di queste proporzioni… Per noi ovviamente è stato uno shock! Come per tutti ma molti altri teatri, come la Pergola, erano alla fine della loro stagione mentre noi eravamo all’inizio del senso di un anno di lavoro.

S.:  Tutti i contatti presi!

L.: Diciamo che l’impegno di questi mesi è stato proprio non disperdere tutto il lavoro fatto. Anche perché, ad essere sinceri, il sostegno economico delle istituzioni c’era ed è rimasto, i soldi investiti per stagioni che poi non sono state fatte, sono arrivati tutti fino all’ultimo centesimo. Per noi la priorità era investire questo denaro pubblico per la ragione per cui erano stati stanziati. In fondo noi siamo sopravvissuti, per alcuni c’è stata la cassa integrazione, insomma gli ammortizzatori sociali hanno funzionato. Per l’artista no, l’artista è l’anello terminale della catena. Ti faccio un esempio: i ragazzi come gli attori di Controcanto che non hanno un loro teatro, uno spazio, né finanziamenti sulla produzione, vivono della tournée e delle residenze e si sono trovati nel nulla. Quindi per noi la priorità era essere d’aiuto a questi artisti, sia quelli che avevamo già ingaggiato, sia quelli con cui abbiamo fatto piccole cose on line e che abbiamo cercato di retribuire per il loro contributo.

Dopodiché abbiamo provato a impostare una riflessione, come tutti gli altri operatori del settori. C’è stato un gran dibattere sull’atteggiamento da prendere e sono state fatte scelte molto diverse. Non a caso infatti uno degli eventi che caratterizzerà la stagione che sta per partire al Chiostro di Santa Maria Novella, mercoledì 16 settembre, sarà una Tavola rotonda tra realtà eterogenee, proprio per chiederci da dove ripartire. Abbiamo intitolato questo evento “Dove eravamo rimasti.? Strategie di ripartenza perché ci risuonava la frase di  Salvemini che, rientrato in cattedra dopo il ventennio fascista, ai suoi studenti pose la stessa domanda. Forse il paragone è sproporzionato ma è’ l’occasione, dopo una cesura così forte con quanto conoscevamo, di un confronto tra chi vive di teatro;  l’intento è anche di dimostrare a noi stessi che abbiamo un’identità unitaria di intenti, pur nella diversità; una maggiore coscienza in questo senso permetterebbe ai lavoratori del mondo del teatro di avere maggiore forza anche in sede di contrattazione: si fosse dialogato maggiormente con gli operatori del settore forse si sarebbero prese decisioni più facilmente attuabili, a partire da quanti spettatori in sala sarà possibile accogliere da ora in poi.

S.: Considerando che voi avete un’attenzione particolare nei confronti del pubblico, in questi mesi come avete provato a mantenere le relazioni con i vostri spettatori? E cosa vi aspettate in prospettiva, per non perdere questo sguardo?

L.: Ci aspettiamo un pubblico ancora più motivato. In questo  scenario di restrizioni, tante cose a cui eravamo abituati cambieranno, dall’obbligo della mascherina, all’acquisto del biglietto on line per evitare assembramenti nel foyer. Una persona oggi deve proprio scegliere di andare a teatro e questo a noi, insomma, da un certo punto di vista pare bellissimo! Forse diminuirà la partecipazione ma ci aiuterà anche a non inseguire dei numeri del sold out a tutti i costi, e a continuare piuttosto un lavoro sulla qualità e sulla  formazione di un pubblico consapevole.

In questi mesi abbiamo lavorato con i gruppi già consolidati, quelli di di Teens e di Casa teatro, con risposte molto diverse . Il gruppo Teens è legato alle dinamiche della scuola. Ci siamo resi conto che, chiuse le scuole, viene meno un sistema in cui la nostra azione si colloca,  che guidi i ragazzi  a riconnettere quanto vedono a teatro con la loro vita di studenti e di giovani cittadini. Abbiamo cercato si supplire alla mancanza di questo raccordo con incontri su Instagram, idealmente molto belli, in cui riunivamo i ragazzi e i protagonisti della nostra stagione attorno ad una parola, diversa ogni settimana, una sorta di sasso nello stagno che genera cerchi concentrici. La partecipazione è stata ricca nei contenuti ma scarsa nei numeri, forse anche perché il mezzo era abusato, i ragazzi stavano al computer tante, troppe ore al giorno, quindi anche delegare questa esperienza a tale modalità è risultato difficile. Invece il gruppo di Casa teatro, con persone di altra età ed esperienza ha risposto con un entusiasmo quasi imbarazzante. Per molti di loro è stata l’occasione di utilizzare per la prima volta il computer o in maniera del tutto nuova uno strumento poco conosciuto… a molte signore si è aperto un mondo! Abbiamo fatto incontri con personaggi come Mimmo Borrelli, Angelo Campolo, con i delegati rappresentanti di RAT, (Rete residenze artistiche toscane) proprio per riunire gli spettatori, dare loro la parola, chiedere loro come immaginavano il futuro del teatro. Ne è uscito un quadro commovente: la gente parlava del teatro con affetto, senso di necessità, di mancanza. Forse anche perché in Toscana il teatro è innervato in profondità nell’esperienza della gente, più che in altre realtà italiane. Un’altra cosa che abbiamo fatto col pubblico è continuare gli incontri con i gruppi che ci erano stati affidati da Fondazione Toscana Spettacolo, in particolare con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Carrara con cui facevamo guida alla visione della stagione che stava partendo al Teatro degli Animosi di Carrara.

S.: Ma guardiamo al futuro: la stagione al Chiostro come è nata?

L.: In tutte le occasioni di cui ti ho detto, abbiamo registrato il desiderio del pubblico di tornare ad incontrarsi in presenza. All’ennesima richiesta “Ma questo incontro poi lo rifacciamo in presenza vero?” abbiamo pensato di ripartire. Al chiuso ci sembrava penalizzante anche per gli artisti. Poi abbiamo scoperto il bellissimo Chiostro di Santa Maria Novella, dove facevano cinema all’aperto e abbiamo proposto a chi gestiva la stagione di collaborare, all’interno dell’estate Fiorentina che quest’anno non metteva a disposizione fondi, perché le casse erano vuote, ma metteva i luoghi. In scena vedremo lo spettacolo di Elio Germano, Segnale d’allarme. La mia battaglia Vr., scritto da  Chiara Lagani e ispirato al Mein Kampf di Hitler; una new entry e una novità assoluta perché è uno spettacolo in realtà virtuale. L’idea era nata in tempi non sospetti, dal fatto che l’attore non poteva seguire in tournée lo spettacolo, peraltro richiesto ovunque, e anche dal fatto che il monologo, detto da lui, in teatro è troppo faticoso. La scelta della modalità, quindi, nata da una necessità oggettiva, si è poi rivelata molto interessante anche alla luce delle riflessioni di questi ultimi tempi. Ovviamente sarà presente anche lui il 17 settembre e sarà possibile confrontarsi direttamente.

S.: Il virtuale diventerà un modo di fare teatro con cui gli artisti della scena dovranno confrontarsi?

L.: Io credo di sì. Potrebbe diventare un moltiplicatore, un modo di avvicinare i giovani, senza sostituire del tutto il passato.

S.: Oltre Elio Germano in scena il 17 settembre, qualche altra anticipazione?

L.: Il 16 settembre  inauguriamo con Stay hungry. Indagine di un affamato, di e con Angelo Campolo che è stato selezionato dal gruppo di spettatori che dopo, il percorso di formazione, gli ha assegnato il Premio Inbox 2020. Il tema è molto attuale: un artista, l’ennesimo bando da compilare per far teatro con i migranti, la difficoltà di calare un progetto in una realtà che si rivela più cruda e più vera di quanto immaginato. Il 18 settembre, invece, va in scena Se questo è Levi di Fanny & Alexander. Ti dirò di più, prima del lockdown avevamo cominciato a girare intorno al chiostro proprio pensando a questo spettacolo itinerante, in origine diviso in tre parti, dedicate a Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati, Il sistema periodico, ognuna delle quali avrebbe bisogno di una location diversa. Data la situazione verrà rappresentato tutto condensato nel chiostro. Anche questo spettacolo ripropone il tema di una modalità narrativa diversa dalla tradizione, l’eterodirezione. Nel  dialogo tra Levi e il pubblico, che è ovviamente preimpostato, la compagnia ha inserito delle domande anche attuali, però in modo tale che sembri perfettamente naturale  il fatto che Levi, impersonato da Andrea Argentieri, risponda sui temi del presente. L’esperienza di iperrealismo che ne emerge è davvero suggestiva, le sue parole sull’esperienza del campo in Germania ci riporta al tema, oggi più che mai vivo, della responsabilità collettiva.

Abbiamo provato anche ad inserire eventi non strettamente teatrali, per esempio la presentazione del libro Io sono Io, di Cinzia Messina, sulla questione di genere. E’ in linea con la scelta che caratterizza Materia Prima 2020: partire da una storia piccola, di persone comuni, per trattare temi di interesse generale e di grande attualità, come quello dei diritti e della discriminazioni legate al genere e all’orientamento sessuale.

 S.: Immaginiamo di essere sopravvissuti ad un naufragio, metafora che non è poi tanto lontana dalla realtà. Se doveste portarvi nell’isola deserta qualcosa del teatro pre-covid, a cosa non vorreste mai rinunciare?

L.: Mi viene da dire la naturalezza di un atto come quello di andare a teatro, senza essere frenati da limitazioni pensanti, ostacoli che possono essere demotivanti. Recuperare la spensieratezza del rapporto del pubblico col teatro, la libertà di decidere all’ultimo momento, di immergersi nel caos di un foyer pieno di incontri e sguardi, in una biglietteria, dove si può vedersi, toccarci, incontrarci. Ma vorrei chiedere anche agli altri, c’è una domanda per voi ragazzi! (Laura chiama Francesco Migliorini ed Elisa Bonini che lavorano    vicini a noi ).

Francesco Migliorini: Secondo me la libertà di fare spettacoli senza la costrizione dal distanziamento sociale. Vorrei tornare alla condizione in cui gli artisti non siano influenzati nell’immaginare i loro spettacoli, per esempio, dalle norme anticontagio. Certo questa limitazione può anche essere una risorsa, può farci scoprire cose nuove, però…

Elisa Bonini: Io invece vorrei superare la grande difficoltà organizzativa che giustamente, in questo momento non possiamo evitare. Ho dovuto firmare una quantità di dichiarazioni!

Francesco ed Elisa si allontanano ridendo e tornano ai loro Pc.

S.: Ci sono spunti di riflessione, nati in questo periodo di lockdown che volete portarvi dietro?

L.: La necessità sociale del teatro. Il fatto che, da un lato, non esistono limiti che l’arte non possa superare. Anche se tappi tutti i buchi da qualche parte il teatro trova la via d’uscita, non muore, si reinventa. Dall’altro lato la coscienza condivisa della sua importanza anche dal punto di vista professionale e la presa d’atto che chi lavora in teatro è un lavoratore a tutti gli effetti. E poi vorrei salvare la profonda contaminazione con gli ambienti più svariati della società: il teatro in carcere, nelle scuole, con i disabili, gli anziani, i bambini è una risorsa irrinunciabile, nonostante tutti i limiti.

S.: E oltre il Chiostro?

L.: Si continua! A ottobre tornano qui i Controcanto Collettivo, per una nuova residenza e, nell’occasione mettono in scena Settantavolte sette, che avrebbe dovuto inaugurare la rassegna a marzo;  riproporremo anche  Bella Bestia e Maze . Stiamo cercando di organizzare anche un incontro di Dalla parte di chi guarda, col Middle East Festival. A fine ottobre saremmo stati protagonisti di una grande Giornata dello spettatore organizzata ad Arezzo che, data la situazione, non potrà tenersi in presenza. Rimettere lo spettatore al centro, in maniera etica, senza manipolarlo, formandolo e rendendolo consapevole del proprio ruolo, anche dei limiti delle sue competenze ma allenandolo ad uno sguardo critico. E poi vediamo. A marzo ripartirà Materia Prima. Ma dovremo vedere le norme sul pubblico in sala come evolvono.  Del resto il clima è cambiato e nascono idee nuove che ci portano fuori dalle sale. Ci piacerebbe lavorare sul territorio, ed esaltare il ruolo sociale di indagine del teatro di ricerca che sa fotografare la realtà del presente. Magari partendo proprio dal nostro quartiere, dal vissuto recente che ha bisogno di essere raccontato.

S: Laura vi ringraziamo da parte di Gufetto per questi spunti interessanti! In bocca al lupo per l’inizio di Materia Prima. Anzi come si dice in teatro?  No, questo nell’intervista non possiamo scriverlo!

Materia Prima 2020
16, 17, 18 settembre 2020
Chiostro Grande di Santa Maria Novella, Firenze

In programma:
Elio Germano con Segnali d’allarme. La mia Battaglia VR
Fanny e Alexander con Se questo è Levi
Angelo Campolo / Compagnia DAF con Stay hungry. Indagine di un affamato
Chiara Messina con la presentazione del libro Io sono io
Dove eravamo rimasti: una tavola rotonda tra artisti e operatori toscani sulle strategie di ripartenza

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF