Un attore, un musicista in ombra, una sedia. Questo tutto ciò che è necessario a Saverio La Ruina per farci compiere un viaggio nel tempo vivido ed intenso. Sul piccolo palco, al buio, si sistema un musicista. Sarà quasi sempre in ombra, filo conduttore emozionale dello spettacolo.
Salvatore La Ruina si accomoda su di una sedia. Indossa una abito da donna. Un abitino dimesso, da donna di casa. Nessuna macchietta, nessuna ironia. L’uomo sparisce e in un lungo monologo veniamo trasportati nel remoto sud Italia.
DISSONORATA è stato lo spettacolo di apertura della rassegna Mal di Palco di Tangram Teatro, di cui abbiamo già parlato
In dialetto, con una voce dimessa, la protagonista ci racconta la sua storia. Uno spaccato di vita di un paesino del profondo sud. Siamo in Calabria, ma, dialetto a parte, le scene che le parole di La Ruina evocano potrebbero corrispondere a molti altri luoghi in Italia. Così come la sequenza di avvenimenti.
La mimesi è incredibile, per l’interpretazione e per la forma del racconto, che gioca con le ripetizioni, le ridondanze, facendo completamente dimenticare il vero aspetto dell’interprete. A posteriori, ripensare allo spettacolo fa rivivere l’impressione di avere assistito a diverse delle scene che sono state raccontate.
I toni mescolano ingenuità e ironia, mentre dipingono un quadro crudo e crudele che si fa via via sempre più drammatico. E tristemente attuale. Perché quel mondo idealmente remoto che lo spettacolo ci restituisce così vividamente, è molto meno distante di quanto preferiremmo. DISSONORATA ci snuda e mette sotto il naso le radici di un modo di pensare e di interpretare la donna che la moderna società italiana conserva ancora nel profondo.
L’uso del dialetto ha un effetto molto forte nell’illusione di questo “viaggio nel tempo”, anche se inevitabilmente si perde una piccola parte del testo. Ma se si perde qualche parola non si perde certo nessuna delle emozioni, una gamma estremamente ampia, che vengono portate su quel palco, seppure contenute in uno spazio, in una postura e in un atteggiamento contenuti e mai esasperato, nemmeno nei momenti più drammatici. E non è solo la psicologia della protagonista quella che viene dipinta e delineata nel corso del racconto, ma soprattutto quella della realtà e della società che la circonda.
Forse a tratti qualche dilatazione e, in alcuni passaggi, il rapporto tra il racconto e la musica risulta avere una separazione più netta che in altri momenti, ma lo spettacolo è intenso, vivido, struggente, crudele, ma anche divertente ed emozionante, rimanendo appiccicato per parecchio tempo ai suoi spettatori.