“DER PARK”, un disordinato e desolato parco pubblico di Berlino, è la rilettura della foresta incantata del “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare eseguita nel 1983 dal drammaturgo tedesco Botho Strauss (Naumburg/Saale/Assia, 1944) e dedicata al regista Peter Stein (Berlino, 1937) che nel 1984 la mette in scena alla Schaubühne am Lehniner, andato in scena dal 25 novembre al 6 dicembre al Piccolo Teatro Strehler.
Strauss da giovane è tanto innamorato del teatro da volere diventare attore, ma non riesce e comincia invece a scrivere critiche teatrali per un’importante rivista e successivamente testi connotati da una concezione pessimistica dell’uomo come essere isolato divenendo uno dei più apprezzati e discussi autori della sua generazione.
Nel 1967 conosce Peter Stein – uno dei più grandi registi del secondo ‘900 alla sua prima regia – in cui ravvisa un modo nuovo di fare teatro tanto che, riconoscendo il lui il suo mentore, lo segue nel suo peregrinare da un teatro all’altro in città diverse perché l’estetica di Stein non è accettata essendo troppo innovativa: approdati a Berlino, lavorano insieme dal 1971 al 1974.
Strauss presenta in modo fiabesco, surreale e assurdo – pur se condito con elementi realistici tali da sconcertare e stupire – il Sogno che si trasforma in un incubo spettacolare difficile da comprendere e apparentemente senza capo né coda. Il senso sotteso attraverso un intersecarsi vorticoso di riferimenti a mito e arida contemporaneità è dimostrare come la società odierna sia in una tale situazione di degrado che anche Oberon e Titania, re e regina delle fate, escono sconfitti dal tentativo di riportare in auge le pulsioni più pure e istintuali dell’uomo. Lavoro tanto più profetico visto che oggi a più di un trentennio dall’uscita del testo stiamo sempre più sprofondando nella voragine del degrado.
Poco importa se Puck si trasforma in Cyprian (un Mauro Avogadro eccellente vista la parte impegnativa e scabrosa), artista pazzo e personaggio tipico della letteratura tedesca, immerso nel caos della società odierna evidenziato dalla ribellione di un gruppo di giovani punk dalle vite borderline e se appare una Titania (una Maddalena Crippa dalla professionalità e bravura travolgenti come Paolo Graziosi nei panni di un Oberon sconfitto) nuda dalla sessualità ibrida e prorompente poi trasformata in una Pasifae invaghita di un toro con cui metterà al mondo un lezioso Minotauro (bravo Alessandro Averone nel rendere la singolarità di un personaggio ‘fuori norma’), quasi un Giovin Signore di pariniana memoria.
Un grosso plauso va a tutto il cast di attori veramente bravi nell’interpretare un lavoro così franto e di una durata oggi un po’ fuori misura e a chi ha così ben orchestrato la grandiosa macchina scenografica fatta di continui cambi di scena.
Uscendo da teatro e percorrendo alcune strade o aprendo un quotidiano pare che la rappresentazione sia scivolata fuori, ombra sinuosamente infida, dai suoi ambiti tradizionali per continuare in questo nostro mondo che esalta il male nutrendosi di vizi e poco apre le porte a un costruttivo ottimismo.