Giovedì 25 novembre al Teatro Bellini di Napoli è andata in scena la prima di David, spettacolo di Vuccirìa Teatro per la produzione di Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini. Già nel programma del Napoli Teatro Festival 2020, un’opera originale, che stavolta si può vedere fino al 5 dicembre.
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David di Vucciria Teatro: torna in scena e non lo vogliamo perdere.
Felici di essere riuscite finalmente ad assistere a uno spettacolo che ci incuriosiva già due anni fa, ci sediamo senza sapere che aspettative avere. Ma c’è subito qualcosa da notare. Infatti, accoglie il pubblico in sala una musica tecno in una scena aperta su cui si stagliano cinque panchine da spogliatoio dotate di rotelle accessoriate con una moltitudine di oggetti, e un tavolo (che vedremo nascondere ingegnosamente una vasca), anch’esso dotato di rotelle.
Lo spettacolo inizia prima che il pubblico se ne renda conto, con le luci ancora soffuse e una bianca testa di David che si alza al centro della platea: interessante modo per catalizzare l’attenzione sul titolo, sul soggetto, su ciò che sta per accadere. L’aria che si respira in platea è intrisa del carico emotivo della messinscena.
David: Tu sei la voglia di amare che abita in me.
Da qui l’introduzione allo spettacolo è affidata all’autore stesso (nonché regista) Joele Anastasi, che, come raramente ci è capitato di vedere, è qui presente ed evidente, fino ad esserci fisicamente entrando e uscendo dal suo ruolo di attore. Il suo toccante piccolo monologo non ci lascia alcun dubbio su quanto autobiografico è ciò che sta mettendo in scena, incentrato sulla figura di un fratello “David”, forse mai esistito o esistito per troppo poco, e carico di significati simbolici.
E per questo motivo Anastasi sceglie di impersonare non se stesso, il se stesso più fisico, più ovvio, che si relaziona con la realtà, espresso dal personaggio di Antonino (Eugenio Papalia), bensì proprio David, che per tutto lo spettacolo è in scena prepotentemente presente e irrimediabilmente assente.
David: la fatica di una falsa normalità.
In scena con David e Antonino, il padre e la madre, cioè Enrico Sortino, che è anche aiuto regista, e Federica Carruba Toscano, che contribuiscono alla realizzazione di questa ovattata realtà sospesa tra ciò che è e ciò che poteva essere, in cui ogni comunicazione è interrotta dall’incapacità della madre di esprimere il proprio dolore, di superare il proprio trauma, dall’impossibilità della famiglia intera di affrontare lo stato delle cose, di riempire una poltrona rimasta vuota, in una simulazione di normalità la cui fatica è evidenziata anche dallo sforzo che gli attori sembrano fare per spostare la tavola/vasca in metallo che è al centro della scenografia (in cui ogni concetto chiave si compone e si scompone) e la cui fragile falsità si esprime nel fil rouge dei fiori di plastica, che vengono raccolti, sistemati, offerti, inutilmente curati, sparpagliati e con rabbia distrutti, nei diversi momenti dello spettacolo.
Per tutto il tempo, seppur nella distanza che i personaggi manifestano per non riuscire a dialogare, a capirsi, nemmeno a sincronizzarsi, si avverte il legame di queste persone, il legame familiare che li nutre – e infatti il latte (materno?) è un’altra costante della scena.
Io e te David, saremo sempre questo mare splendido dentro cui non navigheremo mai. 
Il mondo ideale di cui David fa parte scavalca il reale perché è un atto di creazione artistica. I quattro attori compiono gesti lenti e cadenzati in un’atmosfera mitica e onirica, ben sottolineata anche dalla colonna sonora particolarmente opportuna, e in questo modo favoriscono l’immersione dello spettatore in una dimensione senza tempo, senza temperatura, senza voce, eppure coinvolgendolo empaticamente nella constatazione dell’assenza. La presenza di David consiste nel suo non esserci, in modo ingombrante, il simulacro di sé stesso aleggia in sala durante tutta la performance per poi liquefarsi sotto gli occhi degli spettatori.
David: poesia fino alla fine
Ma non è tutto lì il finale, lo spettacolo non termina con la fine di una storia più che altro emotiva, l’autore ci riserva ancora poesia, che mantiene lo spettatore immerso fino all’ultima parola.
Si tratta di uno spettacolo in cui da un certo punto di vista lo spettatore si ritrova in una condizione di estrema intimità con l’autore, quasi di imbarazzante confidenza, ma se si riesce ad uscire dalla sensazione leggermente melodrammatica che si riceve di fronte alla forte personalizzazione di alcuni concetti, si apprezza la valenza metaforica e simbolica del piano più profondo dello spettacolo. David aleggia sospeso come tutta l’opera tra passato e futuro, senza per questo essere presente, come il protagonista, come il poeta, tra mondo dei vivi e mondo dei morti, in quanto soggetto in fieri che proprio per i suoi caratteri indefiniti può vivere metamorfosi continue che solo l’Arte può cogliere e descrivere.
DAVID
uno spettacolo di Vuccirìa Teatro
drammaturgia e regia Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Federica Carruba Toscano, Eugenio Papalia, Enrico Sortino
aiuto regia Giuseppe Cardaci, Enrico Sortino
set designer Giulio Villaggio
light-designer Martin Emanuel Palma
foto Dalila Romeo
video Giuseppe Cardaci
coreografia Fertango
scenotecnica Alovisi
Produzione Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini
Altre foto: Ivan Nocera, Alessandro Scarano
Teatro Bellini dal 25 novembre al 5 dicembre